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Martedì la Commissione Europea ha presentato un nuovo regolamento che introduce misure per favorire i rimpatri di migranti irregolari, e permette tra le altre cose di trasferire i migranti in attesa di espulsione fuori dal territorio dell’Unione Europea. Il piano irrigidisce quindi le norme sulla migrazione, come chiesto da molti partiti di destra ed estrema destra. Prima di entrare in vigore dovrà essere discusso e approvato dal Parlamento e dal Consiglio europeo, una procedura che di solito richiede mesi o anni.
I luoghi fuori dall’Unione in cui potranno essere trasferiti i migranti sono definiti “return hubs”. Presentando il piano Henna Virkkunnen, vicepresidente della Commissione Europea, ha detto che dovranno rispettare «condizioni molto stringenti» e potranno andarci solo i migranti che hanno già ricevuto un ordine di espulsione: funzioneranno quindi in modo diverso rispetto a quelli gestiti oggi dal governo italiano in Albania, che invece erano stati costruiti con l’intenzione di mandarci anche persone migranti ancora in attesa che la loro domanda di asilo fosse valutata (e probabilmente rifiutata).
È una possibilità di cui si discuteva da mesi: già lo scorso ottobre von der Leyen aveva definito «innovativi» i centri per migranti costruiti dall’Italia in Albania, e in generale vari governi si erano mostrati interessati ad approfondire quel sistema, che in realtà per ora non sta funzionando. Il gruppo dei Socialisti e Democratici, di centrosinistra, ha invece criticato la possibilità di mandare i migranti in centri costruiti fuori dall’Unione, dicendo che «non sono la soluzione», ma anzi pongono «dubbi legali e sprecano i soldi dei contribuenti».
Il regolamento introduce anche varie misure per facilitare le espulsioni. Tra le altre cose, permette ai vari stati di riconoscere gli ordini di espulsione emessi da altri stati membri: per ora non sarà obbligatorio, ma potrebbe comunque rendere più rapide le procedure. Significa che se l’Italia espelle una persona migrante, e poi questa persona si sposta in Francia, anche la Francia potrà espellerla sulla base della decisione italiana e senza dover ripetere “internamente” tutta la procedura burocratica.
Al momento le espulsioni richiedono procedure complesse: l’Unione Europea fa degli accordi generici con alcuni possibili paesi di destinazione, ma i vari stati membri possono espellere i migranti solo verso i paesi con cui hanno attivato appositi accordi bilaterali. Il risultato è che la maggior parte degli ordini di rimpatrio non viene eseguita: secondo i dati della Commissione, ogni anno i paesi dell’Unione ne emettono più o meno 300mila, ma di questi solo circa il 21 per cento viene effettivamente rispettato, ossia si conclude con il ritorno della persona migrante nel suo paese di origine o in un altro paese terzo.
La scorsa settimana il commissario agli Affari interni e alla Migrazione, Magnus Brunner, aveva detto chiaramente che il nuovo piano serve a fare in modo che «quando viene emesso un ordine di rimpatrio, questo sia effettivamente fatto rispettare».
Come detto il piano è un regolamento, ossia un atto giuridico vincolante che deve essere applicato nella sua interezza da tutti gli stati dell’Unione. Al momento invece le norme sui rimpatri sono stabiliti da una direttiva, un atto che impone agli stati membri di raggiungere determinati obiettivi tramite la promulgazione o la modifica di leggi nazionali. Ogni stato, insomma, può adeguarsi agli standard indicati in una direttiva più o meno come vuole, mentre il regolamento deve essere seguito in modo omogeneo.
– Leggi anche: Il modello dei centri in Albania interessa molti nell’Unione Europea
Il tema dell’immigrazione e la necessità di modificare in senso restrittivo le norme sono al centro del dibattito politico, in Europa e nei vari stati membri. Negli ultimi anni in vari paesi dell’Unione i partiti di destra ed estrema destra hanno aumentato notevolmente i loro consensi puntando su una retorica critica riguardo alla gestione delle persone migranti, e in molti casi apertamente razzista e xenofoba. Il tema è stato anche al centro di molte campagne elettorali nazionali, tra cui da ultimo quella per le elezioni federali in Germania dello scorso 23 febbraio.
Già lo scorso maggio, quindi nella precedente legislatura, l’Unione Europea aveva modificato in senso restrittivo le norme sui richiedenti asilo, introducendo regole più severe soprattutto per le persone migranti che arrivano in Europa da paesi considerati “sicuri” (una definizione molto dibattuta, dato che vari paesi tra cui l’Italia considerano “sicuri” anche paesi che non lo sono, come la Tunisia).
– Leggi anche: L’Unione Europea ha approvato in via definitiva nuove regole più severe per i richiedenti asilo
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