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Legambiente ha pubblicato un rapporto in cui evidenzia un “forte ritardo” sugli obiettivi al 2030. Tra le proposte per velocizzarne il raggiungimento rientrano la riduzione dei vincoli per il fotovoltaico a terra e la possibilità di realizzare progetti agrivoltaici su tutte le aree agricole.
Legambiente ha pubblicato giovedì un rapporto intitolato “Scacco matto alle rinnovabili” in cui evidenzia un “forte ritardo” sugli obiettivi di sviluppo delle rinnovabili da raggiungere al 2030. In particolare, si legge nel documento, l’Italia rischia di raggiungere il proprio obiettivo nel 2038, con 8 anni di ritardo.
Lo studio analizza il ruolo delle rinnovabili e delle regioni nel raggiungimento degli obiettivi climatici. A fine 2024 le tecnologie pulite hanno raggiunto una potenza complessiva di 74.303 MW, facendo registrare un aumento di 7.477,8 MW rispetto ai 66.824,9 MW registrati nel 2023.
Oltre 1,8 milioni di impianti a fonti rinnovabili che nel 2024 hanno coperto il 41,1% del fabbisogno energetico del nostro paese. Di questi il 48,4%, pari a 37.076 MW, è rappresentato da impianti fotovoltaici, il 28% da impianti idroelettrici (21.576 MW), il 17% da eolico (13.021 MW), seguiti con il 5% e 1% rispettivamente da bioenergie e geotermia.
Stando all’obiettivo al 2030 di 80.001 MW stabilito dal Decreto Aree Idonee, l’Italia è chiamata a realizzare 62.284 MW, pari a 10.380 MW l’anno. Considerando che negli ultimi quattro anni sono stati installati nuovi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili per 17.717 MW, Legambiente ritiene a forte rischio la possibilità di raggiungere l’obiettivo in tempo.
Tra le cause l’associazione ambientalista segnala:
- decreto Aree Idonee “che lascia, colpevolmente, alle regioni troppo margine di interpretazione e intervento”;
- decreto Agricoltura “che non distingue tra le vere aree destinate all’agricoltura e quelle marginali” vietando la possibilità agli agricoltori di realizzare impianti per il proprio fabbisogno in piccole porzioni delle proprie aziende;
- Testo unico FER “che non solo non unifica la complessa normativa in tema di rinnovabili ma scarica sui comuni molti dei processi autorizzatori”.
Le normative introdotte nel 2024 che interessano le rinnovabili avrebbero, dunque, creato una situazione che rischia di bloccare ancora di più la realizzazione degli impianti. Norme che, a volte, a livello regionale non distinguono un impianto solare a terra da uno agrivoltaico. Ad esempio, segnala Legambiente, in Italia si continua a coltivare all’interno di siti di interesse nazionale o regionale da bonificare quando invece si potrebbe produrre energia col fotovoltaico a terra senza ostacolare le operazioni di risanamento.
Il rapporto analizza alcuni casi di opposizione alle rinnovabili nelle regioni: “si va da tentativi di interpretazioni delle norme, come nel caso calabrese di Acri, dove regione e comune si scontrano sulle aree disponibili alla costruzione di impianti eolici con pareri esattamente opposti, al prolungamento di moratorie puntualmente bocciate dalla Corte per incostituzionalità, come nel caso della Regione Lazio, che invece di accelerare l’individuazione delle aree idonee ha di fatto bloccato indefinitamente l’autorizzazione di impianti eolici e fotovoltaici”.
Tuttavia, nonostante il rallentamento evidenziato da Legambiente, il Lazio è l’unica regione ad aver doppiato l’obiettivo al 2024. Tutte le altre, stando allo studio condotto dall’associazione, sarebbero in ritardo di diversi anni, alcuni di decine di anni.
Nel documento Legambiente lancia infine 10 proposte per “trasformare l’Italia nell’hub delle rinnovabili e ridurre fortemente la dipendenza dal gas fossile e a offrire occasioni di sviluppo e competitività ai territori”. Di seguito le riportiamo sinteticamente:
- completare l’organico della Commissione Pnrr-Pniec del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mase), rafforzando anche il personale degli uffici regionali e comunali preposti alle autorizzazioni;
- rivedere il Decreto sulle Aree Idonee e la legge 199/2021 dando indicazione univoche alle regioni;
- rivedere il Decreto agricoltura, con una maggiore ed efficace distinzione tra fotovoltaico a terra e agrivoltaico e consentendo l’agrivoltaico su tutte le aree agricole;
- accelerare la transizione verso il prezzo zonale formato in base al sistema energetico delle varie aree geografiche;
- snellire ulteriormente gli iter autorizzativi dei progetti di repowering degli impianti dei parchi eolici e fotovoltaici a terra;
- rendere obbligatoria l’installazione di impianti fotovoltaici nei parcheggi di superficie superiore a 1.500 mq;
- garantire il completamento dei percorsi avviati con gli accordi tra Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e i principali settori industriali energivori;
- intervenire al fine di migliorare l’accettabilità sociale degli impianti, con norme che prevedano la partecipazione attiva e costruttiva dei territori;
- rafforzare e accelerare le politiche di sviluppo della rete;
- sviluppare una campagna informativa e di sensibilizzazione in tutti i territori sui benefici degli impianti a fonti rinnovabili.
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