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Stipendi al palo e prezzi delle case alle stelle. Una miscela esplosiva che fa detonare il problema della casa a Milano, soprattutto per chi vive del proprio stipendio. Risultato? Un operaio può permettersi di comprare – col mutuo, ça va sans dire – un monolocale (non a norma) di 19 metri quadri o affittarne uno di 26. Non va meglio agli impiegati 25 mq se acquistati, 35 in affitto.
È la fotografia che emerge dal secondo rapporto dell’Osservatorio Casa Abbordabile (Oca), promosso dal Consorzio Cooperative Lavoratori e Lum in partnership con il dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU) del Politecnico di Milano.
Il reddito medio a Milano: quanto si guadagna
Tra il 2021 e il 2022 si è registrata una crescita del reddito medio lordo sia nel comune di Milano che nel resto della città metropolitana. Si è trattato, però, di una crescita nominale, di fatto annullata dall’aumento del costo della vita. In particolare, il 55,4% dei contribuenti ha dichiarato un reddito lordo inferiore a 26mila euro all’anno, mentre il 32,3% ha dichiarato meno di 15mila euro. La disponibilità economica delle persone ha dovuto fare i conti con i costi abitativi. Tra il 2015 e il 2023 i prezzi di compravendita degli immobili residenziali sono aumentati del 58%, i canoni di locazione del 45%, mentre i salari di operai e impiegati sono cresciuti rispettivamente del 9% e del 10%.
Quanto sono aumentati gli affitti
Il canone medio pesato dei nuovi contratti registrati dall’Agenzia delle Entrate è passato da 173 Euro/mq annuo nel 2022 a 189 Euro/mq annuo nel 2023, con un aumento del 9% in un anno, mentre i contratti di locazione a canone concordato hanno registrato, tra il 2022 e il 2023, un incremento del canone medio di ben 20 Euro/mq annui (+18%), in seguito al nuovo accordo territoriale.
Per quanto riguarda la composizione dei contratti, tra il 2022 e il 2023 la percentuale di contratti di lungo termine sul totale di quelli registrati è diminuita (dal 67,6% al 64,0%), mentre quella dei contratti transitori è aumentata (dal 27,2% al 30,3%). Inoltre, per la prima volta, sono stati documentati contratti di durata inferiore a un anno, che nel 2023 hanno riguardato circa 6mila alloggi nel comune di Milano, rappresentando oltre il 12% delle abitazioni locate.
Che case si possono permettere le varie categorie professionali
L’osservatorio mostra quanta superficie può permettersi di acquistare con un mutuo, in media, un lavoratore in base al reddito netto medio: un operaio 19 mq (1.360€), un impiegato 25 mq (1.836€), un quadro 48 mq (3.477€) e un dirigente 105 mq (7.638€). Case minuscole, soprattutto per operai e impiegati. Taglie minuscole, ma il problema è anche la soglia minima di abitabilità: 19 metri quadri sono pochi anche per la nuova normativa che ha fissato a 20 mq (prima era 28) la dimensione minima dei monolocali.
Affittare è più accessibile rispetto all’acquisto, ma resta critico per molte categorie. Un operaio può permettersi 26 mq (due in meno rispetto al 2022), un impiegato 35 mq, un quadro 66 mq e un dirigente 146 mq. Anche in periferia, i costi rimangono elevati: il centro e il semicentro sono inaccessibili per operai e impiegati e diventano proibitivi anche per famiglie di due o tre persone con redditi da quadro.
La situazione “Fuori Milano”
Il rapporto dell’Osservatorio Casa Abbordabile analizza le condizioni abitative di chi è escluso da Milano e si sposta nei comuni limitrofi, un’area di circa 60 km di lato che comprende 300 comuni in sette province lombarde. Il reddito varia molto: alcuni comuni vicini, come Basiglio e Cusago, hanno valori alti, mentre altri, come Baranzate e Rozzano, registrano stipendi decisamente bassi.
Nel “fuori Milano”, la proprietà della casa è molto diffusa e in alcune zone gli affitti sono quasi assenti. Tuttavia, il reddito medio non basta per acquistare 50 mq in gran parte dell’area metropolitana, inclusi poli urbani come Pavia, Lodi e Brianza. Chi guadagna 1.500 euro lordi al mese può permettersi casa solo in comuni mal collegati, con lunghi tempi di pendolarismo.
L’affitto appare una soluzione più sostenibile, ma resta oneroso: tra canone, trasporti e tempi di viaggio, l’incidenza sul reddito non scende mai sotto il 30% e nei comuni meglio serviti dai mezzi pubblici arriva al 60%.
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