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C’è un problema sul bonus mamme lavoratrici nel 2025. E non è di poco conto. A più di due mesi dall’ultima legge di bilancio del governo Meloni, l’incentivo economico per le lavoratrici dipendenti e autonome con due o più figli a carico non è ancora entrato in vigore. La ragione è semplice: manca ancora il decreto attuativo che dovrà far scattare l’esonero contributivo, andandone a definire non solo l’importo, ma anche la procedura da seguire e le modalità tecniche per il suo riconoscimento. Il provvedimento, con un vantaggio fiscale sui contributi previdenziali, è stato istituito per contrastare il calo demografico a sostegno delle famiglie numerose. Ma gli sgravi in busta paga slittano. Era già successo l’anno scorso.
Daniela Barbaresi, segretaria confederale della Cgil, ha parlato di un “ritardo inaccettabile”. Il sindacato ha chiesto di “emanare subito il decreto attuativo e di corrispondere gli arretrati”, oltre che di estendere il bonus mamme anche alle lavoratrici domestiche e di superare le varie criticità di questa misura, che – secondo la Cgil – riconosce vantaggi maggiori ai redditi più elevati. “Servono vere politiche a sostegno della genitorialità e servizi per l’infanzia”, si legge in una nota del sindacato.
Chi può comunque percepire il bonus
Facciamo una precisazione, cercando di fare chiarezza. L’esonero contributivo, su cui sono intervenute diverse modifiche rispetto alla sua versione originaria (quella contenuta nella manovra del 2024), in realtà è già attivo per alcune categorie di madri lavoratrici, mentre solo per altre bisogna attendere il decreto attuativo. Questo succede perché ci sono alcune beneficiarie che anche nel 2025 continueranno ad essere destinatarie del bonus dello scorso anno.
La legge di bilancio 2024 aveva introdotto la nuova misura pensando in primis alle lavoratrici dipendenti – con un contratto dipendente a tempo indeterminato, un contratto part-time o in apprendistato – con tre o più figli a carico (fino al compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo), concependolo come esonero contributivo totale della quota previdenziale a carico delle lavoratrici stesse, seppur entro la soglia massima di tremila euro all’anno, cioè intorno ai 250 euro ogni mese.
L’applicabilità del bonus veniva prevista dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2026. La stessa finanziaria aveva però esteso solo per il 2024 la platea di potenziali beneficiarie, allargandola anche alle lavoratrici madri di due figli, sempre con un rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato e sempre escludendo i rapporti di lavoro domestico, fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo.
Come spiegato dall’Inps, nei fatti l’esonero in favore delle lavoratrici madri di due figli è scaduto a partire dal 31 dicembre 2024. Quello per le lavoratrici madri con tre o più figli rimane invece valido fino al 31 dicembre 2026 (e si applica anche in caso di nascita, affido o adozione di un terzo figlio intervenuti entro questa data).
Le novità con l’ultima finanziaria
Con l’ultima legge di bilancio del governo si è però stabilita una nuova disciplina del bonus: è diventato applicabile anche alle lavoratrici con due o più figli e anche a quelle con un contratto di lavoro dipendente, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, e alle lavoratrici autonome (ma non quelle in regime forfettario). Per loro le regole sono diverse: c’è un limite di reddito fissato a 40mila euro annui e comunque il bonus è valido solo fino al compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo. Non solo: l’esonero contributivo non è più totale, ma parziale.
In sintesi, dunque, per le madri con tre o più figli, con un contratto di lavoro a tempo indeterminato, non serve aspettare il decreto attuativo: beneficiano già dell’esonero totale fino alla fine del 2026, come stabilito dalla manovra 2024. Per loro si passerà all’esonero parziale dal 2027, salvo possibili modifiche in corso d’opera. Le madri lavoratrici con due o più figli, anche con un contratto a termine o autonome, stanno aspettando il decreto attuativo per l’esonero, che non sarà più totale ma parziale.
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