Chiudono le banche in montagna: la lettera aperta ai dirigenti di Intesa Sanpaolo e Unicredit: “Lavoriamo insieme per i territori”

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Intesa Sanpaolo, uno dei maggiori gruppi bancari italiani, che ha chiuso il 2024 con un utile di 8,7 miliardi di euro, ha reso pubblico a inizio marzo il Piano territoriale per il 2025, che prevede un taglio ai servizi e colpirà, in particolare, i territori montani. Il Piano, infatti, si compone di 262 accorpamenti di filiali, 11 rilocalizzazioni, 115 chiusure, 13 trasformazioni in attesa di accorpamento, 19 trasformazioni in sportello/distaccamento e una sola apertura.

 

Tra le regioni montane più colpite c’è il Piemonte, dove sono previste ben 19 chiusure e 23 tra accorpamenti o trasformazioni. È dal Piemonte, così, che si è levata più forte la voce di protesta, che però tocca anche altri territori delle aree interne, come dimostrano le proteste di Daniele Tagnani, sindaco di Frontone, in provincia di Pesaro e Urbino, riportato dal sito d’informazione locale Non solo Flaminia. I motivi sono gli stessi indicati dal presidente di Uncem Piemonte Roberto Colombero, che in un’intervista al Tgr ha ricordato che “tanti studi dimostrano come la presenza di filiali sui territori e di capitale umano contribuiscano alla qualità economica e produttiva delle aree stesse”, segnalando anche che “siamo chiamati a fare la nostra parte e le banche non possono sottrarsi da questa responsabilità sociale”.

Per contribuire ad aprire un dibattito sulla questione, Uncem – con il suo presidente nazionale, Marco Bussone – ha indirizzato una lettera aperta ai vertici di Intesa e di Unicredit, l’altro colosso bancario nazionale, mettendo in copia anche il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, e il presidente di Abi, Antonio Patuelli. Bussone richiama l’esigenza di “consentire che chi vive e lavora in aree geografiche dove i dati economici sono più fragili, abbia opportunità e capacità di scelta. Il ‘diritto all’opzione’ lo chiamano i sociologi (diverso da quello dei soci sulle azioni, che ben conoscete), la possibilità di restare nel Mezzogiorno come nelle aree rurali, montane e interne, perché vi è un sistema pubblico che d’intesa con le grandi e piccole imprese private – insieme – portano investimenti e favoriscono quelle comunità. Evitare in sostanza che aumentino le fratture e le faglie. Un sistema liberale è quello che vede le banche da secoli protagoniste non solo nel garantire risparmio e flussi finanziari adeguati e regolati, ma anche di contribuire alla crescita e alla giustizia. Valori che ci appartengono, che condividiamo”. “Dove c’è credito, dove c’è risparmio, ci sono investimenti, lavoro, progresso, sviluppo, innovazione. Dove vi sono servizi, vi sono opportunità, fiducia, visione, futuro. Anche questi valori li condividiamo. È vero? Perché se non fosse vero, se questi valori non sono più Vostri valori, allora si spiegherebbe efficacemente la continua smobilitazione delle banche che a fronte degli enormi utili, se ne vanno dalle realtà più fragili. Dove vi sono meno utenti, meno clienti, meno prodotti, meno scelte, meno opportunità. Esercitano quel ‘diritto all’opzione’ scegliendo la seconda: andarsene. Chiudere. Restare nei quartieri urbani dove vi sono grattacieli e innovazione continua, lasciare invece le periferie e i centri minori dove si fa più fatica. Poco importa dei distretti, della manifattura che ha lunga storia, degli imprenditori che stanno facendo di tutto per resistere. Vi interessano ancora? Quei valori, nei quali i nostri Sindaci, le nostre comunità, i nostri concittadini, i nostri clienti credono, sembrano da Voi traditi dall’andarvene. Tanto gli utili e i fatturati ci sono lo stesso, probabilmente dicono board e cda, alti dirigenti e advisor. Sono numeri sempre più alti, gli utili impressionanti, mentre le imprese e le comunità stesse affrontano la crisi demografica ed ecologica – come scrive la ‘Laudato Sì’ di Papa Francesco che tutti e tutte incoraggiamo nella testimonianza della sofferenza vissuta non per caso – faticano di più. Unicredit e Intesa Sanpaolo, le due più grandi del Paese, hanno scelto, negli ultimi cinque anni, poco a poco, di andar via. Non così le BCC, le Casse di Risparmio. Resistono, restano, ritornano, vanno dove le grandi sono andate via. Gli ultimi dati, nelle tabelle delle chiusure di Intesa Sanpaolo, sono spaventosi”. Pur consapevole che il mondo delle banche sta affrontando cambiamenti significativi (legati ad home banking, operazioni e bonifici on line), Uncem chiede alle banche azioni per contrastare insieme “l’indebolimento del territorio” e pensare “a cosa sarà il Paese tra 30 o 50 anni, in una Europa meno schizofrenica di oggi”. “Decidere di chiudere – e lo diciamo senza essere infantili o affogarci nei luoghi comuni – è banale scelta che vi mette nel passato, fuori dall’Italia che verrà” scrive Bussone.

 

Nella sua lettera, il presidente di Uncem invita le banche a non tradire la fiducia che i sindaci hanno nei confronti del sistema del credito, legato all’impegno effettivo ed efficace delle Fondazioni nei territori montani. “Ecco perché pensare al territorio di domani insieme, con più servizi, deve essere centrale per Voi. E se anche dopo questa lettera farete niente, noi di Uncem con tutti i sindaci e le sindache Vi diciamo che cinque minuti di riflessione per evitare queste e altre chiusure fareste bene a usarli” conclude. L’invito, insomma, è a pensare al bene comune e non solo – come si legge nel comunicato di Intesa Sanpaolo sui risultati di bilancio 2024 – al “ritorno cash per gli azionisti”. Quelli del gruppo che ha sede a Torino dopo l’assemblea di approvazione del bilancio nel 2025 riceveranno ben 6,1 miliardi di euro. Quante filiali potrebbero restare aperte, rinunciando a un miliardo di dividendi?





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