Fotovoltaico galleggiante: il futuro dell’energia offshore

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito


Fotovoltaico galleggiante: in Italia potenziale da 1 GW di impianti nei prossimi 5 anni

L’energia fotovoltaica sta vivendo una fase di crescita senza precedenti e, con essa, emergono soluzioni innovative per massimizzare il suo potenziale. Tra queste, il fotovoltaico galleggiante offshore si distingue come una tecnologia molto interessante per la transizione energetica, capace di coniugare efficienza, sostenibilità e ridotto impatto sul territorio​.

Secondo le stime di AERO (Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore), che ha presentato a KEY il primo Position Paper dedicato al tema, l’Italia potrebbe installare fino a 1 GW di impianti fotovoltaici galleggianti offshore nei prossimi cinque anni, fornendo energia pulita a circa 500.000 famiglie​. Tuttavia, affinché questa tecnologia possa affermarsi su larga scala, è necessario un quadro normativo solido e un sistema di incentivi adeguato.

Anche Gilberto Pichetto Fratin, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica concorda sul potenziale di questa tecnologia: “Il fotovoltaico galleggiante emerge come una delle risposte più promettenti per affrontare le sfide ambientali che ci attendono“​.

Opportunità del fotovoltaico galleggiante

AERO ricorda che l’Europa prevede di raggiungere 88 GW di rinnovabili offshore entro il 2030 e 360 GW entro il 2050. Un obiettivo sfidante che richiede l’utilizzo e l’integrazione di più tecnologie.

Il fotovoltaico galleggiante (FPV) si suddivide in tre categorie principali:

  • FPV interno – Installato su bacini idrici artificiali o naturali, cave, ex miniere.
  • FPV nearshore/costiero – Posizionato in acque costiere protette, con condizioni ambientali più gestibili.
  • FPV offshore – Installato in mare aperto su piattaforme galleggianti, con un potenziale di sviluppo su larga scala​. Più impegnativo per le condizioni ambientali spesso complesse

Questa tecnologia rappresenta una grande opportunità per la transizione energetica, grazie alla sua capacità di sfruttare superfici inutilizzate senza sottrarre terreno ad altre attività produttive. Il che la rende particolarmente interessante per quei Paesi, come l’Italia, dove la disponibilità di suolo è limitata, mentre quella costiera è molto vasta e la competizione per l’uso del territorio è sempre più intensa.

Un altro vantaggio significativo del fotovoltaico galleggiante è legato all’efficienza energetica. La presenza dell’acqua sotto i pannelli contribuisce a raffreddarli naturalmente, migliorando così le loro prestazioni rispetto agli impianti tradizionali installati a terra. Inoltre, in alcuni casi, la superficie marina può riflettere la luce solare, aumentando ulteriormente la produzione di energia, soprattutto con l’impiego di pannelli bifacciali.

Un ulteriore aspetto da considerare è la possibilità di integrazione con altre fonti rinnovabili, in particolare l’eolico offshore. Questa sinergia consente di ottimizzare l’utilizzo dello spazio marittimo, creando impianti ibridi capaci di garantire una produzione di energia più stabile e continua. Mentre l’eolico raggiunge il massimo della produzione nei mesi invernali, il fotovoltaico è più performante nei periodi estivi, permettendo così di bilanciare meglio l’offerta di elettricità sulla rete e ridurre il rischio di surplus o deficit energetici.

Il fotovoltaico galleggiante – spiega Fulvio Mamone Capria, Presidente AEROè una tecnologia innovativa destinata a fare dell’Italia un punto di riferimento del settore. Contribuirà non solo alla transizione verso un futuro a basse emissioni, ma anche alla nascita di una solida filiera produttiva nazionale“.

Le sfide del fotovoltaico galleggiante

Nonostante i numerosi vantaggi, il fotovoltaico galleggiante offshore presenta ancora criticità da superare. Prima di tutto i costi di installazione e manutenzione sono elevati. La complessità dell’ambiente marino rende gli impianti più costosi rispetto a quelli terrestri. Secondo le stime, il LCOE (Levelized Cost of Energy) del fotovoltaico offshore potrebbe scendere fino a 40 €/MWh entro il 2050, ma oggi si attesta su valori molto superiori​.

La normativa ad oggi è poco chiara. L’assenza di un quadro normativo specifico ha finora limitato la diffusione di questa tecnologia. Il recente D.Lgs. 190/2024 (T.U. FER) ha introdotto novità per semplificare le autorizzazioni, ma restano lacune da colmare​.

Permangono, inoltre, ancora sfide ambientali e strutturali: gli impianti devono resistere a condizioni estreme come onde alte, venti forti e corrosione da salsedine. Sono necessarie soluzioni ingegneristiche avanzate per garantire affidabilità e durata nel tempo​.

Le difficoltà normative del fotovoltaico galleggiante in Italia

Lo sviluppo in Italia del fotovoltaico galleggiante è stato fortemente condizionato da un quadro normativo frammentato e da diverse criticità regolatorie che ne hanno rallentato la diffusione. Per lungo tempo, l’assenza di un riferimento legislativo chiaro ha creato incertezze, impedendo agli investitori di pianificare interventi su larga scala. Solo di recente, con l’aggiornamento del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) e l’introduzione del D.Lgs. 190/2024 (Testo Unico FER), si è iniziato a delineare una disciplina più organica per questa tecnologia, sebbene permangano ostacoli significativi.

Uno dei principali problemi riguarda il sistema delle autorizzazioni. In passato, la normativa italiana si concentrava prevalentemente sul fotovoltaico flottante su acque interne (come bacini artificiali e cave dismesse), tralasciando quasi completamente lo sviluppo degli impianti in ambiente marino. La recente revisione normativa ha cercato di colmare questa lacuna, includendo il fotovoltaico galleggiante offshore tra le tecnologie da incentivare e regolamentare. Tuttavia, l’attuale iter autorizzativo resta complesso e poco definito, soprattutto per gli impianti collocati oltre le 12 miglia nautiche dalla costa, area in cui si applicano le disposizioni relative alla Zona Economica Esclusiva (ZEE). Il problema principale è che l’Italia ha istituito la sua ZEE solo nel 2021, ma senza definirne ufficialmente i confini attraverso accordi con gli Stati confinanti. Questa incertezza rende difficile stabilire le competenze giuridiche su molte aree marittime, creando ulteriori ritardi nella concessione dei permessi.

A complicare ulteriormente lo scenario vi è la mancata adozione di Piani di Gestione dello Spazio Marittimo, fondamentali per individuare le aree idonee alle rinnovabili offshore e garantire una corretta coesistenza con altre attività economiche, come la pesca e il trasporto marittimo. Sebbene il Decreto Ministeriale 237/2024 abbia formalmente approvato tali piani, mancano ancora Linee Guida operative che definiscano criteri precisi per la localizzazione degli impianti e per la valutazione degli impatti ambientali e paesaggistici.

Un altro ostacolo rilevante è rappresentato dall’attuale sistema di concessione delle aree demaniali marittime, che si basa su criteri pensati per impianti industriali tradizionali e che risultano penalizzanti per il fotovoltaico galleggiante. Attualmente, il Codice della Navigazione prevede che chiunque voglia installare un impianto offshore debba ottenere una concessione demaniale e pagare un canone annuo calcolato sulla base della superficie occupata. Questo metodo di calcolo, però, non tiene conto delle peculiarità del fotovoltaico galleggiante, che non occupa stabilmente il suolo marittimo come un’infrastruttura fissa, ma utilizza piattaforme galleggianti.

Il confronto con l’eolico offshore evidenzia questa distorsione normativa. Per i parchi eolici, infatti, la superficie soggetta a canone viene calcolata sulla base dell’area effettivamente occupata dalle turbine, mentre nel caso del fotovoltaico galleggiante il canone viene applicato all’intera estensione dell’impianto, portando a costi sproporzionati. Se si applicasse al fotovoltaico lo stesso criterio dell’eolico, il canone annuo sarebbe di circa 6.000 €/MW, ma con il metodo attuale può arrivare fino a 45.000 €/MW, rendendo insostenibile qualsiasi investimento su larga scala.

Per superare queste criticità, sarebbe necessario rivedere i criteri di concessione, introducendo un sistema di calcolo più equo, magari basato sul Levelized Cost of Energy (LCOE) degli impianti fotovoltaici offshore o sui costi medi di concessione delle superfici per impianti rinnovabili terrestri. Inoltre, una revisione normativa potrebbe stabilire meccanismi di agevolazione per i primi progetti pilota, incentivando la sperimentazione e lo sviluppo tecnologico senza gravare eccessivamente sugli operatori.

Consiglia questa notizia ai tuoi amici

Commenta questa notizia





Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link