Sostenibilità e innovazione nelle pavimentazioni industriali: materiali, progettazione e durabilità | Articoli

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Logistica e sostenibilità: la sfida delle pavimentazioni industriali

In Italia, gli edifici logistici occupano circa 40 milioni di metri quadri, con una crescita annua del 7,2%. Questo sviluppo accelerato, combinato con la crescente attenzione agli obiettivi di sostenibilità e alle metriche ESG (Environmental, Social, Governance), rende fondamentale un approccio sostenibile alla loro progettazione e gestione.
(Fonte:
GBC Italia
).

Il settore delle pavimentazioni in calcestruzzo per uso industriale è chiamato a coniugare alte prestazioni e sostenibilità ambientale. Il dibattito non si limita all’impiego di materiali innovativi e green, ma abbraccia aspetti fondamentali come la progettazione, la corretta posa in opera, i controlli di qualità e una gestione documentale accurata; elementi essenziali per garantire la durabilità delle opere nel tempo.

Ne abbiamo parlato con Giovanni Saba, vicepresidente di Conpaviper, per approfondire le strategie più efficaci nella realizzazione di pavimentazioni industriali prestazionali e sostenibili.

Pavimentazioni industriali sostenibili: innovazione, materiali e tecnologie tra sfide e opportunità

 

Uso dei nuovi cementi di miscela: opportunità e limiti

In che modo il concetto di sostenibilità si applica alle pavimentazioni industriali in calcestruzzo? Si tratta solo di scegliere cementi “green”, ovvero a basso contenuto di clinker, o ci sono altri aspetti da considerare?

La sostenibilità in una pavimentazione industriale va analizzata sotto diversi aspetti: durabilità, progettazione dei materiali e prestazioni. L’utilizzo di calcestruzzi con miscele a basso tenore di clinker riduce l’impronta di CO₂, ma bisogna fare i conti con le problematiche reologiche che questi nuovi materiali presentano. La reologia del calcestruzzo, ovvero la sua lavorabilità e i tempi di presa, è essenziale per garantire una pavimentazione con elevate prestazioni in termini di planarità e finitura superficiale.

 

Il paradosso della sostenibilità nel calcestruzzo

L’uso di cementi a basso tenore di clinker garantisce davvero una minore emissione di CO₂?

La riduzione del clinker abbassa le emissioni di CO₂, ma pone un dilemma:

  • Per ottenere pavimentazioni con prestazioni equivalenti, spesso si deve aumentare lo spessore della pavimentazione o aggiungere più cemento, vanificando il beneficio iniziale.
  • Se si riduce lo spessore per risparmiare materiale, si rischia una minor durabilità, aumentando il rischio di manutenzioni straordinarie che comportano nuove emissioni di CO₂ nel tempo.

È un equilibrio delicato, e la vera sostenibilità si misura nel lungo periodo, considerando l’intero ciclo di vita della pavimentazione.

 

Cementi di miscela: una soluzione sostenibile o una problematica tecnica?

Quali sono le principali criticità tecniche dei cementi di miscela nelle pavimentazioni industriali?

Non disponiamo ancora di uno storico consolidato sull’uso dei cementi di miscela, questo comporta la necessità di gestire con estrema attenzione alcune problematiche tecniche emergenti. Questi calcestruzzi presentano criticità a livello reologico, di lavorabilità e di compatibilità con gli additivi. Stiamo cercando di capire se sia il caso di limitare o escludere l’utilizzo di cementi di tipo CEM III o CEM IV, privilegiando invece cementi di tipo CEM II per le pavimentazioni industriali. A differenza di opere come fondazioni o muri controterra, le pavimentazioni sono elementi a vista e soggetti a usura diretta, quindi la loro progettazione richiede attenzioni specifiche.

 

Classificazione dei cementi: differenza tra CEM II, CEM III e CEM IV

La differenza tra CEM II, CEM III e CEM IV riguarda la composizione e il contenuto di clinker, che influenzano le prestazioni meccaniche, il tempo di presa e l’impatto ambientale del cemento. Vediamo nel dettaglio:

CEM II – Cemento Portland Composito
Hanno come costituenti principali oltre al clinker, presente in percentuale variabile dal 65 al 94%, le loppe granulate d’altoforno, la silica fume, le pozzolane, le ceneri volanti, scisti calcinati e calcare.
CEM III – Cemento d’Altoforno
Sono costituiti da clinker fino al 64%, e loppa granulata basica d’alto forno. Questo tipo è articolato in tre sottotocategorie con contenuti di loppa variabile dal 36% al 95%: CEM III/A, CEM III/B e CEM II/C.
CEM IV – Cemento Pozzolanico
Sono costituiti da clinker tra il 45 e 89%, e materiale pozzolanico naturale o artificiale. In base alla percentuale di materiale pozzolanico, variabile dal 11% al 55%, sono articolati in due sottocategorie: CEM IV/A e CEM IV/B.

Fonte:
AITEC

Quale scegliere?
CEM II: Compromesso tra resistenza e sostenibilità, usato per costruzioni generali e pavimentazioni.
CEM III: Ideale per grandi opere e ambienti aggressivi, ottimo per la sostenibilità ma con presa più lenta.
CEM IV: Più durabile in ambienti aggressivi, ottimo in climi caldi, ma con resistenze iniziali più basse.

 

Il ruolo degli aggregati riciclati: opportunità e limiti

Gli aggregati di riciclo possono essere una soluzione per migliorare la sostenibilità?

Sì, ma con delle limitazioni. Gli aggregati riciclati migliorano l’impatto ambientale, ma possono generare problemi reologici e chimici. Fenomeni come il “pop out”
o il galleggiamento dei materiali più leggeri all’interno della miscela compromettono la qualità e la durabilità del pavimento. Inoltre, l’utilizzo di cementi a basso tenore di clinker con aggiunta di filler fini, come le loppe d’altoforno, può determinare assorbimenti elevati di acqua e problemi di delaminazione superficiale. L’obiettivo della progettazione deve essere bilanciare la sostenibilità con la qualità e la resistenza della pavimentazione nel tempo.

 

Pavimentazioni in calcestruzzo FRC: quali vantaggi in termini di sostenibilità?

In che modo l’uso di fibre metalliche o sintetiche nel calcestruzzo contribuisce alla sostenibilità delle pavimentazioni industriali?

Un aspetto spesso trascurato è il peso e il volume dei materiali trasportati. L’uso delle fibre metalliche o sintetiche nel calcestruzzo, oltre a ridurre l’impiego di armature in acciaio, può diminuire, a parità di sollecitazioni progettuali, la quantità di materiale necessario per ottenere la prestazione di resistenza richiesta dall’opera. Questo consente di ridurre gli spessori delle pavimentazioni e, di conseguenza, il volume di calcestruzzo trasportato e messo in opera, contribuendo a un minore impatto ambientale complessivo.

 

Pavimentazioni per piazzali esterni e contrasto alle isole di calore

Nella progettazione di pavimentazioni per piazzali esterni, quali strategie si possono adottare per ridurre il fenomeno delle isole di calore urbano?

Il calcestruzzo, per sua natura, ha un colore più chiaro rispetto ad altri materiali e quindi riduce l’assorbimento del calore per via di un alto indice SRI. Inoltre, le nuove tecnologie, come il calcestruzzo drenante, possono migliorare la gestione delle acque meteoriche nei piazzali logistici. Tuttavia, la progettazione deve essere integrata: il vero problema non è solo avere una superficie drenante, ma garantire un sistema di raccolta e smaltimento delle acque efficace. L’integrazione con adeguate pendenze e opere idrauliche
permette di migliorare la sostenibilità della pavimentazione.

 

Cos’è l’indice SRI
Lo SRI è un indicatore che misura la capacità di un materiale di riflettere o respingere la radiazione solare. Varia da 0, per i materiali più scuri che assorbono più colore, a 100, per quelli chiari che la riflettono. Uso di materiali con altro indice SRI riduce l’effetto isola di calore.
Fonte: 
Position Paper GBC Italia “Il futuro dei Centri Logistici: sfide e opportunità per una crescita sostenibile”

 

L’importanza di una corretta gestione delle acque meteoriche negli hub della logistica
La gestione delle acque piovane è un aspetto cruciale nella progettazione di un sito logistico, data l’estesa superficie occupata da edifici e piazzali che altera il naturale ciclo idrologico. Le acque meteoriche raccolte da coperture e aree esterne, se non ben progettate, possono sovraccaricare il sistema fognario, spesso obsoleto e non dimensionato per gestire volumi d’acqua così elevati. Questo aumenta il rischio di allagamenti e potenziali danni alle merci stoccate, rendendo indispensabile l’adozione di soluzioni efficaci per la captazione, il drenaggio e il riutilizzo delle acque.
Fonte: 
Position Paper GBC Italia “Il futuro dei Centri Logistici: sfide e opportunità per una crescita sostenibile”

 

Il manuale di uso e manutenzione di una pavimentazione: uno strumento essenziale

Quanto è importante il manuale di uso e manutenzione della pavimentazione?

Il manuale di uso e manutenzione è un documento fondamentale, che deve essere redatto dal progettista e allegato sia alla fase progettuale che alla Relazione Struttura Ultimata (RSU). Questo documento non solo fornisce indicazioni sulla manutenzione ordinaria, ma anche sulle corrette modalità di utilizzo della pavimentazione, evitando sovraccarichi o manutenzioni giornaliere errati (es. lavaggi della superficie con detergenti o utensili aggressivi) che potrebbero comprometterne la durabilità. Un utilizzo improprio può accelerare l’usura e causare danni che si sarebbero potuti prevenire con una gestione adeguata della manutenzione ordinaria.

 

In un’ottica di sostenibilità, il riuso dei capannoni industriali è preferibile alla nuova edificazione. Considerando che queste strutture possono ospitare attività diverse nel loro ciclo di vita, nei passaggi di proprietà il manuale della pavimentazione viene effettivamente trasmesso ai nuovi utilizzatori?

Purtroppo, nella pratica, la documentazione tecnica viene spesso trascurata o persa
durante i passaggi di proprietà. L’archiviazione sistematica dei documenti di progettazione e manutenzione è spesso insufficiente e disorganizzata.

Un tipico esempio è quello dei magazzini logistici: spesso la pavimentazione viene progettata senza conoscere nel dettaglio il sistema di scaffalatura o la tipologia di mezzi di movimentazione che verranno utilizzati. Questo può portare a situazioni critiche in futuro, quando nuove tecnologie di stoccaggio delle merci potrebbero risultare incompatibili con la pavimentazione esistente.

 

Cosa succede quando la documentazione della pavimentazione non è più disponibile?

In questi casi si ricorre al reverse engineering per determinare le reali prestazioni della pavimentazione. Si tratta di un processo di analisi che permette di ricostruire le caratteristiche meccaniche e progettuali di una pavimentazione esistente, qualora i documenti originali non siano più reperibili. Recuperare i dati di progetto è possibile, ma comporta tempistiche aggiuntive che potrebbero essere evitate attraverso una migliore gestione della documentazione. Il fattore tempo rappresenta una variabile di costo significativo quando si tratta di pavimentazioni industriali.

 

Sostenibilità nelle pavimentazioni: impegno concreto o solo un’etichetta?

Il mercato percepisce davvero il valore della sostenibilità nelle pavimentazioni?

La sostenibilità è spesso considerata più un requisito documentale che un vero obiettivo progettuale. Tuttavia, per affrontarla in modo concreto, non possiamo limitarci al contributo di riduzione della CO₂ dato dai materiali: dobbiamo adottare una visione più ampia che includa l’intero ciclo di vita della pavimentazione.

Come sottolinea il professor Plizzari, il volume di calcestruzzo impiegato nelle pavimentazioni industriali rappresenta una quota significativa dell’intera struttura. Per garantire una reale sostenibilità, è fondamentale puntare sulla durabilità, riducendo al minimo la necessità di interventi straordinari, che non solo comportano costi aggiuntivi, ma incidono negativamente sull’impronta ambientale dell’opera.

La richiesta di pavimentazioni che contribuiscono all’ottenimento di crediti LEED è in forte crescita. Le aziende stanno investendo sempre di più nel fornire certificazioni e/o dichiarazioni di sostenibilità dei materiali utilizzati.

Il vero nodo critico resta il calcestruzzo. L’adozione di cementi a basso contenuto di clinker è una delle principali strategie per ridurre l’impatto ambientale, ma porta con sé sfide prestazionali significative. Il principale ostacolo è l’allungamento dei tempi di maturazione di questi calcestruzzi, un aspetto che si scontra con le esigenze dei committenti, i quali vogliono rendere operativa la pavimentazione nel minor tempo possibile.

 

Pavimentazioni industriali e normativa: il settore ha gli strumenti giusti?

Le normative attuali sono sufficienti per supportare la progettazione delle pavimentazioni in calcestruzzo?

Per quanto riguarda la progettazione strutturale, la Norme Tecniche delle Costruzioni (NTC), le linee guida CNR (DT 211) e i Codici di Buona Pratica CONPAVIPER offrono un buon supporto. Tuttavia, sul fronte dei materiali, il quadro è meno chiaro. L’evoluzione dei materiali è rapida, mentre le normative spesso non riescono a tenere il passo.

Oggi la scienza dei materiali non viene più studiata come un tempo e manca una vera cultura dell’applicabilità dei nuovi calcestruzzi alle pavimentazioni. La revisione della UNI 11104, attualmente in fase di aggiornamento, rappresenta un passo avanti, perché impone al progettista di considerare aspetti fondamentali come reologia, lavorabilità e ritiro del calcestruzzo. Tuttavia, la vera sfida è garantire che queste conoscenze vengano realmente applicate nella pratica.

Gli elementi chiave della sostenibilità nelle pavimentazioni industriali

In sintesi, quali sono le strategie più efficaci per rendere una pavimentazione sostenibile?

Una pavimentazione sostenibile è prima di tutto una pavimentazione durevole. Alcuni aspetti fondamentali per migliorarne la sostenibilità sono:

  • Riduzione degli spessori attraverso progettazioni ottimizzate, senza compromettere la resistenza meccanica.
  • Utilizzo di prodotti e materiali con certificazioni e dichiarazioni ambientali (EPD, HPD, certificazioni di provenienza) che consentono di ottenere crediti LEED.
  • Progettare massicciate per sostenere i carichi, riducendo le sollecitazioni sulla pavimentazione.
  • Migliore gestione della manutenzione ordinaria, per ridurre la necessità di interventi straordinari.

La pavimentazione è l’elemento più stressato di un edificio destinato alla logistica: muletti, scaffalature, bancali trascinati, sostanze chimiche e lavaggi frequenti mettono a dura prova la sua resistenza. Se una pavimentazione non è progettata per durare nel tempo, non è sostenibile, perché comporta continue riparazioni e un maggiore consumo di risorse.

 

La sostenibilità nelle pavimentazioni industriali non si misura solo con la riduzione delle emissioni di CO₂, ma con la capacità di garantire durabilità e ridurre interventi correttivi nel tempo. L’equilibrio tra innovazione, normativa e progettazione consapevole è la vera sfida del settore per costruire pavimentazioni realmente sostenibili ed efficienti.



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