«Sport, razzismo e sessismo, questo Daspo non basta, deve lasciare traccia»

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PADOVA – Non bastano le dichiarazioni di circostanza. Servono azioni concrete per cambiare le cose». Andrea Abodi è il ministro dello sport, ma è anche padre di un ragazzino di 15 anni che gioca a calcio in quei campi spesso popolati da persone ignoranti e violenti. «Sento di tutto e di più, anche uomini che urlano “Vengo giù e ti stacco la testa” ad arbitri che hanno la stessa età dei loro figli. Io stesso a volte sono stato costretto ad intervenire. C’è una patologia diffusa, siamo tutti coinvolti e siamo tutti responsabili». 


Prima di approdare al governo Abodi è stato un dirigente sportivo di lungo corso, presidente dell’Istituto per il credito sportivo e della Lega serie B di calcio. Per l’ennesima volta si trova a commentare episodi di sessismo e razzismo come quelli capitati in Veneto nell’ultimo fine settimana. 

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Sabato sera a Motta di Livenza un’arbitra diciottenne ha sospeso la partita per venti minuti. È scoppiata a piangere dopo le offese lanciate dalla madre di un giocatore: “Cosa ci fai qui l’8 marzo? Vai a fare la prostituta, vai a casa”. 
«Purtroppo sono episodi diffusi e non riguardano una sola fascia anagrafica. Riguardano a volte i ragazzi, a volte i genitori. Bisogna intervenire, non bastano le dichiarazioni di indignazione e di solidarietà. Altrimenti il giorno dopo che succede? Aspettiamo la prossima volta?». Da dove si può partire?
«Dall’insegnamento del rispetto. La Treccani l’ha indicata come parola dell’anno. A tutti i livelli bisogna affermare il principio del rispetto, a partire dalla scuola e dallo sport».

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Ha in mente qualche azione particolare?
«Per quanto riguarda la scuola mi piacerebbe che il tema del rispetto fosse più presente nel programma didattico, fin dalle elementari, in quella che viene chiamata educazione civica. Per quanto riguarda lo sport io dico che gli allenatori non devono allenare solo l’aspetto fisico ma devono avere anche un ruolo educativo e sociale, come recita il comma 7 dell’articolo 33 della Costituzione. Credo che i corsi di formazione per diventare istruttori o allenatori debbano contenere elementi di educazione civica. Non basta insegnare a giocare bene, a correre, a fare una capriola o a tirare di spada». 

Come si può attuare tutto ciò?
«Ne parlerò con i presidenti del Coni, del Cip e degli enti di promozione sportiva. È imprescindibile che i corsi di formazione e qualificazione professionale di tutte le Federazioni prevedano anche un elemento educativo, che faccia poi parte del modello di formazione dei ragazzi e delle ragazze. Un tecnico, anche se bravo, se non comprende questi temi non può fare il tecnico». 

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Abbiamo parlato della prevenzione, ma poi c’è la sanzione. Spesso questi atteggiamenti vengono puniti con un Daspo. Cosa ne pensa?
«È uno strumento inevitabile, ma non lascia traccia di sé nel curriculum di una persona e questo secondo me non va bene. Se una persona prende 5 anni di Daspo, poi terminata quella parentesi non resta alcuna traccia. Può succedere di sbagliare ed è giusto ci sia la possibilità di redimersi, ma stiamo ragionando per far sì che il Daspo mantenga una propria tracciabilità. Io credo che alcune categorie professionali non possano essere aperte a soggetti che dimostrano di non avere senso di responsabilità e di rispetto». 

Che messaggio manda, intanto, all’arbitra Alice Fornasier?
«Cercherò di parlarle, perché non basta un messaggio a distanza. Sappia che le siamo vicini. Deve essere forte, perché da quella forza passa la sconfitta di questa sottocultura. Bisogna avere la capacità di andare oltre. A doversi vergognare è la persona che si è rivolta a lei con quei termini». 

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Un altro brutto episodio è capitato domenica a Badia Polesine durante una partita di calcio di prima categoria. I padovani del Merlara hanno abbandonato il campo dopo i ripetuti insulti razzisti nei confronti dei loro giocatori di colore. In Veneto negli ultimi anni è capitato decine di volte…
«Quando gli insulti arrivano dalla tribuna sarebbe bello che tutti abbandonassero gli spalti, anche le persone per bene, in risposta a questi comportamenti. Ma so che tutto ciò è di difficile attuazione».

In questo caso gli insulti sarebbero però arrivati anche dal campo. Ora la squadra che ha abbandonato il terreno di gioco rischia la sconfitta a tavolino. Vincerà un freddo regolamento?
«Credo che dipenderà molto da cosa ha scritto l’arbitro nel referto, in ogni caso davanti a situazioni del genere perdono tutti. Fosse per me, per quella partita non assegnerei punti a nessuno».





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