Le elargizioni allegre del parlamento siciliano, e la faida interna a Fratelli d’Italia


Una volta avremmo detto: è uno di quei casi in cui la mano destra non sa cosa fa la mano sinistra. Qui invece, ci portiamo avanti: la mano destra non sa cosa fa l’altra mano destra. Mette molta agitazione, nelle file del centrodestra siciliano, l’iniziativa presa dal governo Meloni che ha deciso di accendere i riflettori sui contributi e le elargizioni a pioggia decise dal parlamento regionale.

Un’entrata a gamba tesa inedita, che nei corridoi di Palazzo dei Normanni, dove tutto è sempre visto con gattopardesca (nel senso della serie del momento) enfasi, viene già ribattezzata come “la guerra delle mance”. E rivela uno scontro istituzionale tutto interno al centrodestra, perché evidenzia i malumori romani nel partito della premier rispetto a un modo di intendere la spesa pubblica che i maggiorenti in Sicilia continuano ad avallare. Coincidenza: l’avvio dell’indagine, che potrebbe portare a una clamorosa impugnazione dell’ultima legge Finanziaria della Regione Siciliana, secondo i poteri di controllo dello Stato, coincide con il commissariamento di Fratelli d’Italia in Sicilia.

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Le faide interne al partito sono arrivate a un punto di non ritorno e Giorgia Meloni in persona ha mandato uno dei suoi uomini più fidati a placare gli animi e cercare di mettere un po’ d’ordine, Luca Sbardella.

Fare un riepilogo delle correnti, delle liti e dei dispetti dei “Fratelli coltelli” di Sicilia è pressoché impossibile. Ma in questo repulisti viene travolto anche Manlio Messina, regista del partito in Sicilia, fino a ora, che ha lasciato la poltrona di vice capogruppo alla Camera. Messina, paga, tra le altre cose lo scandalo, che abbiamo raccontato su Linkiesta, del parlamentare regionale suo fedelissimo Carlo Auteri, artefice di tanti finanziamenti regionali diretti a enti o associazioni che fanno riferimento a lui. Una vicenda su cui si è accesa anche la lente della Procura della Corte dei conti e che ha portato alla resa dei conti dentro la destra siciliana.

E quindi non sembra un caso che, commissariati i vertici regionali del partito per lo scandalo dei contributi a pioggia, adesso, con un uno-due, sia il Ministero dell’Economia e delle Finanze ad accendere i riflettori sulla Finanziaria della Regione Siciliana e sulle elargizioni allegre. In particolare sono ventidue le norme contestate e un totale di cinquanta milioni di euro di contributi.

L’accusa? La violazione del principio di uguaglianza e la mancanza di criteri trasparenti nell’assegnazione delle risorse. Nel passaggio principale della nota inviata a vari uffici della Regione e all’Ars, il ministero contesta: «Mancano criteri obiettivi e trasparenti nella scelta dei beneficiari», e ricorda che, erogando mance senza un bando, «non vengono rispettati i principi di eguaglianza e parità di trattamento previsti dall’articolo 3 della Costituzione».

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La contestazione del Mef è arrivata come un fulmine a ciel sereno, perché in realtà è da mezzo secolo che la politica siciliana fa così, e nessuno ha avuto mai niente da ridire. Nessuno, tra chi ha il potere di controllo, ha invocato principi di trasparenza, criteri di obiettività e altro. Negli anni è stato finanziato di tutto. Il punto di non ritorno è stato, nella finanziaria estiva, il maxi contributo di trecentomila euro al Trapani Calcio, società di cui è avvocato e dirigente Roberto Schifani, figlio del presidente della Regione.

Insomma, anche questa volta la casta pensava di averla fatta franca e di aver chiuso la partita con il solito sistema di finanziamenti a Comuni, parrocchie, eventi e manifestazioni senza alcuna evidenza pubblica. E invece, a quanto pare, non si può fare. Anche se si è sempre fatto così.

Il problema non è solo politico, ma anche giuridico: secondo la Ragioneria generale dello Stato, la Regione Siciliana non può permettersi di spendere milioni in contributi discrezionali mentre è ancora sotto piano di rientro del suo disavanzo, secondo un accordo con lo Stato sottoscritto nel 2021. Il disavanzo complessivo al 31 dicembre 2020 ammontava a 6,56 miliardi di euro. L’accordo ha previsto un ripiano decennale di 1,74 miliardi di euro, con una serie di misure di contenimento della spesa. Eppure si continuano a distribuire risorse per sagre, eventi sportivi e promozione turistica senza un piano organico. Sembra tutto così ovvio.

Scorrendo le voci di spesa di iniziativa parlamentare, si trovano circa sedici milioni destinati alla promozione turistica, otto milioni per i beni culturali (comprese chiese e parrocchie) e sei milioni per rifare impianti sportivi e teatri. Nel dettaglio, nell’elenco delle mance finanziate dall’Ars ci sono voci di spesa che lasciano più di un dubbio: venticinquemila euro per i Carnevali di Barrafranca, Montelepre e Cinisi. Trentamila euro per il Carnevale di Montevago. Quarantamila euro per quello di Sciacca. Cinquantamila euro per quello di Lentini. A seguire, sagre di tutti i tipi: centomila euro per le “Radici del cannolo” a Piana degli Albanesi, settantacinquemila euro per “Sicilia Gourmet” a San Cipirello, venticinquemila euro per la Sagra del fico d’India a Carlentini. Ventimila euro per la Sagra del pesce di Augusta. Poi ci sono i rally: settantamila euro per il Rally dei Monti Sicani a Cammarata, cinquantamila euro per il Rally Conca d’Oro a Corleone, centonovantamila euro per il campionato di beach volley a Marina di Modica, trentamila euro per la sistemazione delle strade del Libero Consorzio di Ragusa.

Di fronte alle richieste del Mef, la Regione è costretta a congelare le norme contestate. Se dovessero essere impugnate, le somme già erogate potrebbero trasformarsi in debiti fuori bilancio, con conseguenze pesantissime per le casse regionali.

Nei prossimi giorni, gli uffici regionali dovranno fornire una risposta dettagliata al ministero, spiegando perché e in base a quali criteri quei fondi sono stati distribuiti. Una difesa difficile, visto che molti degli interventi finanziati sono già stati realizzati o sono in corso di svolgimento, come le feste patronali e i carnevali.

Dalla maggioranza, per ora, silenzio assoluto. Nessuno, nel centrodestra, vuole mettersi contro lo stesso centrodestra. Il commissario di Fratelli d’Italia Luca Sbardella è chiaro: «Questo modo di fare politica non ci appartiene. Le mance per noi sono un capitolo chiuso». Anche le opposizioni si muovono con cautela, dato che quasi tutti i partiti hanno partecipato alla spartizione delle risorse.

Per il momento, una cosa è certa: il governo nazionale ha deciso di fare chiarezza sulle erogazioni della Regione Siciliana, e stavolta le vecchie pratiche clientelari potrebbero davvero finire sotto la scure di Roma. Tra i deputati regionali serpeggia un po’ di ansia, perché in questo modo verrebbe meno la leva per racimolare consensi e allargare clientele, o, per usare un eufemismo molto in auge tra gli onorevoli, «dare segni di attenzione al territorio». Qualcun altro ci vede un nuovo tentativo romano di mettere le mani sull’autonomia della Sicilia. C’è chi pensa ad aggirare tutto tramite un “collegato” alla nuova finanziaria, come d’altronde fa anche il Parlamento. Insomma, la guerra delle mance è appena cominciata.

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