Studio Pwc: stadi italiani troppo vecchi, ma ora previsti investimenti per 5 miliardi


«Per comprendere l’importanza delle infrastrutture sportive in Italia, dobbiamo partire dal valore che ha lo sport. Lo sport nel nostro Paese ha generato un valore aggiunto di quasi 25 miliardi di euro, con un contributo al PIL pari all’1,4%. Si tratta di cifre molto significative. Lo sport è un’attività che accomuna molti di noi nella vita quotidiana: più di 16 milioni di italiani praticano attività sportiva, e molti di loro sono anche tesserati, svolgendola quindi con un livello di impegno quasi professionale». Così si è aperto l’intervento Cristian Celoria, partner di PwC Italia, durante l’evento “Infrastrutture e Sport: una ricchezza per il Paese” organizzato da PWC con Calcio e Finanza. In particolare, Celoria ha presentato una analisi sulla situazione delle infrastrutture in Italia come “opportunità di sviluppo per i territori”.

«Negli ultimi anni, il settore è stato oggetto di importanti riforme, tra cui quella dello sport del 2023, che ha contribuito a creare nuove figure lavorative e a generare un impatto significativo non solo sull’economia, ma anche sull’occupazione. Oggi, infatti, oltre 400mila persone lavorano stabilmente nel mondo dello sport, e più di 112mila associazioni sportive dilettantistiche rappresentano la struttura portante di questo sistema in Italia», ha proseguito durante il suo intervento.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

«Questi numeri ci fanno capire come le infrastrutture sportive siano non solo il luogo naturale in cui si svolgono le attività, ma anche spazi che accolgono gli spettatori e i tifosi. L’ultimo censimento disponibile indica circa 77mila strutture sportive sul territorio nazionale, con una concentrazione maggiore nelle regioni del Nord, che ospitano il 52% degli impianti, mentre la presenza è inferiore al Centro e al Sud. Un elemento strutturale di grande rilievo è che oltre il 70% delle infrastrutture è di proprietà pubblica, anche se la gestione viene spesso affidata a privati. Questo aspetto ha molte conseguenze, alcune delle quali rappresentano vincoli per lo sviluppo del settore. La percentuale di strutture pubbliche cresce all’aumentare delle dimensioni degli impianti: per quelli più grandi, la proprietà pubblica arriva fino al 90%».

«Un’altra criticità riguarda l’età delle infrastrutture: il 44% degli impianti è stato costruito tra gli anni Settanta e Ottanta, il che comporta una serie di problemi legati all’efficienza e alla manutenzione. Inoltre, l’8% delle strutture non è funzionante e il 20% non è accessibile alle persone con disabilità. Il settore pubblico ha quindi un ruolo fondamentale anche in termini di investimenti. Nel 2023, lo sport ha attivato quasi un miliardo di euro in investimenti, con un tasso di crescita superiore a quello di altri settori rilevanti, come le infrastrutture stradali e l’edilizia scolastica. Tuttavia, il valore medio di questi investimenti è piuttosto ridotto: il 90% degli interventi non supera i 500mila euro, poiché la spinta maggiore proviene da comuni e piccole-medie imprese».

Cristian Celoria, PwC (foto Calcio e Finanza)

«Un altro segnale significativo è l’aumento della domanda di prestiti per investimenti sportivi, cresciuta del 79%, mentre la domanda generale di prestiti per le imprese è diminuita. Tuttavia, questi investimenti mostrano una forte disparità a livello geografico: il 40% è stato attivato nel Nord, mentre il Sud pesa solo per il 26%, penalizzato da difficoltà di accesso al credito e da una minore capacità progettuale delle amministrazioni locali. Questo dato è in contrasto con il peso demografico del Sud e ha portato il governo a varare una serie di misure per colmare il divario, tra cui la destinazione del 40% dei fondi del PNRR al Mezzogiorno. L’attivazione di fondi strutturali e di coesione, e strumenti di finanza agevolata gestiti dall’Istituto per il Credito Sportivo».

«Le infrastrutture sportive generano impatti che vanno oltre l’aspetto economico. Gli interventi di ammodernamento e costruzione attivano intere filiere produttive, creano occupazione e attraggono nuovi investimenti, sia pubblici che privati. Il ciclo investimento-gestione genera inoltre un gettito fiscale legato alle imposte sui redditi di impresa e di lavoro. La gestione di queste strutture richiede competenze sempre più avanzate e contribuisce alla professionalizzazione del settore. Le infrastrutture sportive rappresentano anche strumenti di rigenerazione urbana, migliorando servizi, mobilità e accessibilità. Inoltre, ospitando eventi sportivi e culturali, attraggono turismo con relativa crescita della spesa. Sul piano ambientale, strutture più moderne garantiscono minore impatto e maggiore sostenibilità».

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

«Un dato interessante è quello del Social Return on Investment (SROI), cioè il ritorno sociale degli investimenti. Analizzando oltre 900 progetti finanziati tra il 2023 e il 2024 dall’Istituto per il Credito Sportivo, è stato stimato che ogni euro investito in infrastrutture sportive genera un ritorno sociale di 4,5 euro. Ciò significa che a fronte di 1,7 miliardi di investimenti, il beneficio sociale stimato è di quasi 8 miliardi. Questo moltiplicatore aumenta per investimenti più piccoli, come palestre, campi sportivi e piscine, molto utilizzati dalle comunità locali. Inoltre, l’impatto è ancora maggiore nelle aree svantaggiate, contribuendo a ridurre il divario territoriale».

«Investire in infrastrutture sportive, però, non è semplice. Il settore ha subito un rallentamento a causa di diversi fattori: il gap energetico, con un fabbisogno stimato di circa 3 miliardi di euro per la riqualificazione delle strutture; l’inflazione, che ha fatto aumentare i costi del 30%; i tassi di interesse più elevati, che hanno reso più oneroso l’accesso ai finanziamenti; e il cambiamento climatico, che ha avuto un forte impatto su alcuni sport, come quelli di montagna».

«Se ci focalizziamo sugli stadi, vediamo che le grandi strutture assorbono solo l’1% dei finanziamenti. L’età media degli stadi di Serie A e Serie B supera i 60 anni, mentre in paesi come Inghilterra e Germania si aggira tra i 35 e i 38 anni. Negli ultimi anni, in Italia sono stati realizzati solo cinque nuovi stadi di Serie A, contro i 12 della Francia e i 13 dell’Inghilterra. La scarsa modernizzazione incide sulla competitività del sistema sportivo italiano: stadi obsoleti comportano maggiori costi di manutenzione, minore efficienza operativa e minori ricavi. Tuttavia, dove sono stati fatti investimenti, i risultati sono evidenti: gli stadi ammodernati hanno visto aumentare l’affluenza di oltre il 50% e i ricavi di oltre il 100%».

«Guardando al futuro, sono stati mappati 31 nuovi progetti con investimenti potenziali per quasi 5 miliardi di euro, che vedono l’Italia seconda solo all’Inghilterra per numero di nuove infrastrutture previste. I nuovi stadi sono pensati come spazi multifunzionali, tecnologicamente avanzati e sostenibili, capaci di ospitare eventi di vario genere e di generare valore per i territori. Un esempio è il nuovo stadio del Tottenham, che ha triplicato il valore aggiunto sul quartiere e ha creato migliaia di nuovi posti di lavoro.

«Investire in infrastrutture sportive in Italia è quindi essenziale per la rigenerazione dei territori e delle comunità. Tuttavia, bisogna considerare alcune complessità strutturali, come la forte incidenza della proprietà pubblica, che impone vincoli burocratici e amministrativi, l’alto costo degli investimenti, che richiedono una combinazione di risorse pubbliche e private, e la necessità di una gestione efficiente delle strutture per massimizzarne il rendimento economico e sociale. Solo affrontando queste sfide sarà possibile rendere lo sport un volano di sviluppo per il Paese», ha concluso.



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