Burocrazia, le misure per tagliare lacci e lacciuoli che frenano le imprese


Un pacchetto di 100 semplificazioni per liberare le energie delle piccole imprese così da rafforzare la competitività e la produttività e dare vigore alla crescita. Cento proposte firmate dalla Cna (Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa), contenute nel VI rapporto dell’Osservatorio burocrazia presentato a Roma, alla presenza del giudice emerito della Corte Costituzionale, Sabino Cassese; del presidente nazionale della Cna, Dario Costantini; del segretario generale, Otello Gregorini, e con un videomessaggio del ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo.

«Offriamo un contributo al decisore politico», ha detto Costantini, «nella consapevolezza che il processo di semplificazione è un motore che non si deve mai arrestare. Le nostre 100 proposte si possono realizzare rapidamente senza pesare sui conti pubblici, con consistenti benefici per l’intero sistema economico italiano».

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L’Osservatorio Cna non si limita a segnalare lacci e ostacoli, offre la soluzione operativa senza pregiudicare le necessarie tutele o abbassare il livello dei controlli puntando a migliorare il rapporto tra imprese e pubblica amministrazione.

«La semplificazione amministrativa e normativa», ha evidenziato Costantini, «rappresenta la principale riforma che serve al Paese, alle imprese, ai cittadini e alla stessa pubblica amministrazione».

Alcune semplificazioni presentate dalla Cna sono di sistema e riguardano l’intera platea imprenditoriale, le altre si concentrano su 29 settori che esprimono circa 830 mila imprese e 3,6 milioni di lavoratori. In termini percentuali l’impatto interessa poco meno del 18% delle imprese attive e del 20% degli addetti.

Il Centro studi della Cna ha stimato in modo prudenziale che la messa a terra delle 100 proposte può contribuire a ridurre da 313 a 263 ore l’anno il tempo dedicato alle pratiche burocratiche con un risparmio netto di quasi 1.500 euro a impresa e un taglio da sette miliardi ai costi della burocrazia che, come ha ricordato il ministro Zangrillo, pesa per 43 miliardi l’anno sul sistema produttivo.

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Il ministro per la Pubblica amministrazione ha sottolineato che «semplificare è una leva cruciale per rilanciare la crescita. È un tema non solo italiano ma europeo».

«Abbiamo raggiunto risultati importanti, 230 procedure amministrative semplificate, in linea con gli obiettivi del Pnrr ma», ha precisato Zangrillo, «c’è ancora da lavorare. Vogliamo raggiungere la piena interoperabilità delle banche dati e la digitalizzazione degli sportelli unici».

Alcuni esempi sono emblematici del carico di oneri impropri sulle imprese che al tempo soffocano potenziali benefici economici. Come il caso della mancanza di una chiara definizione di rifiuto tessile. Le imprese preferiscono portare gli scarti in discarica piuttosto che rischiare pesanti sanzioni. Sarebbe sufficiente una chiara classificazione consentendo di avviare a riciclo gli scarti.

In molti casi l’impresa si trova a duplicare documentazione e adempimenti. Le aziende di trasformazione alimentare a esempio devono avere il registro per l’utilizzo di alcool etilico ad accisa assolta (già pagata al fornitore) che si traduce in una duplicazione della registrazione dell’accisa con costi fino a 2 mila euro l’anno per la tenuta del registro.

Un’impresa che ripara le vele delle imbarcazioni deve essere autorizzata dall’Autorità portuale e inserita in un registro. Per lavorare in sei porti dell’Alto Tirreno occorrono le autorizzazioni di quattro autorità portuali con documenti (fino a 20), durata e regole diversi tra loro. Per partecipare agli appalti pubblici esistono oltre 50 piattaforme e una piccola impresa in media si registra a 25 con una spesa di 5 mila euro quando sarebbe sufficiente un registro nazionale dei fornitori.

Gregorini ha sottolineato come «in Italia, dalle leggi ai regolamenti e perfino alla modulistica, tutto è fatto per le imprese più grandi. E la marea di piccole imprese è costretta ad adattarsi, mentre sarebbe più facile e più giusto fare il contrario».

Cassese ha osservato che «le 100 proposte della Cna sono un esempio virtuoso di partecipazione e collaborazione tra la società e le istituzioni, il sale della democrazia», mentre il responsabile dell’Osservatorio, Marco Capozi, ha messo in rilievo che «le 100 proposte sono un esercizio di concretezza per sciogliere i nodi che soffocano l’attività di impresa. Indichiamo il problema, la soluzione e i benefici in termini di costi e tempi».

Ecco alcune delle soluzioni proposte dalla Cna:

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  • Rifiuti tessili: regole chiare. La mancanza di una chiara definizione di rifiuto tessile spinge le imprese a portare gli scarti in discarica per evitare le sanzioni. Con una chiara classificazione invece gli scarti potrebbero essere avviati a riciclo. Ciò significa, per un distretto di 15 piccole imprese, un beneficio economico fino a 430 mila euro l’anno tra costi di smaltimento, risparmio energetico e vendita dei materiali.
  • Industria insalubre: addio dichiarazione. Stando a un decreto del 1934 ancora in vigore malgrado ci sia il Codice ambientale, l’imprenditore deve inviare al sindaco, 15 giorni prima di avviare l’attività, un modulo e dei relativi allegati che attestino la salubrità dell’ambiente. In caso di abrogazione della dichiarazione, i costi per preparare la documentazione, in media oltre 3 mila euro, si ridurrebbero di oltre il 50%.
  • Insegne di esercizio: installazione sprint. Fino a 9 enti coinvolti, moduli e istruttorie diverse da Comune a Comune e in base alla zona di insediamento per posizione una insegna. Che si traduce in attese fino a 120 giorni e costi che possono superare i 1.500 euro, eliminabili introducendo una Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) al Suap (Sportello unico attività produttive).
  • Porti: un solo via libera. Un’impresa che ripara le vele delle imbarcazioni deve essere autorizzata dall’Autorità portuale e inserita in un registro con regole. Per esempio, per lavorare in sei porti dell’Alto Tirreno occorrono le autorizzazioni di 4 autorità portuali con documenti (fino a 20), durata e regole diversi tra loro. La proposta è quella di un’unica autorizzazione valida su tutto il territorio nazionale per almeno due anni.
  • Appalti: un registro unico per i fornitori. Per partecipare al mercato degli appalti una piccola imprese si registra in media a 25 piattaforme con una spesa di 5mila euro (200 euro a piattaforma), dedicandovi 5 giorni di lavoro e altrettanti di formazione per replicare gli stessi documenti. Un registro nazionale dei fornitori accreditati e un’unica piattaforma farebbero scendere i costi del 70%.
  • Sportelli unici: urge un accorpamento. Lo sportello unico attività produttive (Suap), quello per l’edilizia (Sue) e quello ambientale dovevano semplificare il rapporto tra imprese e Pubblica Amministrazione, ma i procedimenti sono ancora frammentati e articolati. Con l’accorpamento digitale degli sportelli unici (Super Suap) i tempi di rilascio delle autorizzazioni si dimezzerebbero a 30-45 giorni.
  • Privacy e data breach: esenzioni per i piccoli. Per un fioraio perdere il tablet contenente i dati dei clienti per le consegne (dati non sensibili) significa essere incappato in un data breach, cioè una violazione di sicurezza che comporta la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati. La mancata notifica al Garante entro 72 gironi comporta una sanzione. Esentando dall’obbligo di notifica le violazioni minori e di basso impatto, le micro imprese potrebbero evitare spese pari a 500 euro per la gestione del problema, nonché ridurre il rischio di sanzioni per mancata notifica.
  • Un registro per tax ed Ncc. Contro l’abusivismo è obbligatoria l’iscrizione al Rent (Registro elettronico nazionale) da parte di taxi e di Ncc. Molti comuni però utilizzano delle specifiche anagrafi per formulare un elenco di operatori del trasporto non di linea, sia per la percorrenza di corsie riservate sia per l’accesso alle Ztl. Per l’iscrizione occorre inviare una domanda con allegati, rispettare precise modalità di trasmissione, e così via. Per tale ragione, il Rent potrebbe superare l’iscrizione alle cosiddette whitelist (anagrafi comunali), snellendo di molto la burocrazia.
  • Cin: procedura da unificare. Per contrastare le forme irregolari di ospitalità turistica, dal primo gennaio 2025, lo Stato richiede per gli immobili a uso ricettivo il possesso del codice identificativo nazionale (Cin). Tuttavia, molte Regioni avevano già provveduto a disciplinare l’attribuzione di specifici codici identificativi con identico contenuto. Da qui un doppione, superabile soltanto con l’adozione di un’unica procedura.

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