la richiesta di semplificazione normativa a Bruxelles


Un’interessante iniziativa ha preso forma a Bruxelles, dove sedici importanti aziende del settore cosmetico, riunite nell’Alleanza “Value of Beauty“, hanno presentato uno studio sull’impatto socioeconomico della bellezza. Questo studio, commissionato a Oxford Economics, ha messo in luce come il settore non solo influisca sull’economia ma anche sulla salute mentale e sull’autostima dei consumatori. Le aziende, tra cui nomi noti come il Gruppo L’Oréal e Kiko Milano, puntano ora a un dialogo con la Commissione europea per favorire una semplificazione delle normative che regolano la loro attività.

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Il contesto dell’incontro e il punto di vista delle aziende

A Bruxelles, l’Alleanza “Value of Beauty” ha sottolineato l’importanza di una legge vincolante per le biotecnologie e ha esaminato le nuove strategie per la bioeconomia, attese dalla Commissione entro la fine dell’anno. Gli amministratori delegati delle aziende hanno messo in evidenza la necessità di politiche più favorevoli per la produzione sostenibile di ingredienti e la formazione di personale specializzato, elementi essenziali per sbloccare il potenziale del settore. È interessante notare che cinque delle sette più grandi aziende del comparto della bellezza hanno sede nell’Unione Europea, come ha sottolineato Nicolas Hieronimus, CEO di L’Oréal, all’incontro.

Simone Dominici, CEO di Kiko Milano, ha evidenziato il legame tra l’estetica e la salute mentale, sottolineando come la cura del corpo possa migliorare l’autostima dei consumatori. Lo studio di Oxford Economics, che ha alimentato il dibattito a Bruxelles, ha rivelato che nel solo mercato europeo la spesa per i prodotti di bellezza ha superato i 180 miliardi di euro, un dato significativo che ha sostenuto oltre tre milioni di posti di lavoro. Questo numero è equiparabile alla forza lavoro cumulativa di 13 Stati membri dell’Unione Europea.

Impatti economici e sfide normative

Il settore beauty affronta anche sfide significative in ambito normativo. Analizzando la situazione attuale, emerge che ci sono oneri e regolamenti che gravano pesantemente sulle aziende, rendendo necessaria una revisione della direttiva sulle acque reflue. Attualmente, il settore genera un fatturato impressionante di circa 496 milioni di euro al giorno, ma gli oltre 3,2 milioni di posti di lavoro non sono sufficienti a garantire un ambiente operativo sostenibile senza un intervento legislativo adeguato. L’Alleanza richiede che tutti i settori che contribuiscono ai microinquinanti siano ritenuti responsabili, seguendo il principio “chi inquina paga“.

Un altro punto cruciale è l’imminente revisione del regolamento Reach, il quale regola le sostanze chimiche nell’Unione Europea. Questa revisione, annunciata nel 2020 come parte del Green Deal, viene vista da molti nel settore come un’opportunità per ridurre la burocrazia e stimolare l’innovazione, senza compromettere né la sicurezza dei prodotti né la tutela ambientale.

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L’importanza della sostenibilità e le future misure

Nel corso della conferenza stampa che ha accompagnato gli incontri istituzionali al Parlamento europeo, gli amministratori delegati hanno evidenziato come la sostenibilità debba diventare una priorità rispetto alla mera rendicontazione amministrativa. Questo è un punto particolarmente sensibile, soprattutto considerando l’impatto ambientale delle pratiche del settore. La Commissione ha già adeguatamente considerato esenzioni per alcune piccole e medie imprese, il che potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno per questa parte fondamentale dell’industria.

Le aziende membri dell’Alleanza rivelano così una chiara volontà di posizionarsi come eredi di un cambiamento rivolto alla sostenibilità ambientale. L’Oréal, per esempio, ha annunciato un impegno notevole: entro il 2030, il 100% della plastica utilizzata per le confezioni sarà ricavato da fonti riciclate o bio-based. Queste misure, se implementate efficacemente, potrebbero realmente trasformare il panorama del settore della bellezza in Europa e al di fuori.





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