Tasse e contributi in Italia di una partita IVA: resistere o chiudere?


L’Italia è un Paese noto per la sua burocrazia complessa e il peso fiscale sulle imprese. Molti commercianti lottano ogni giorno per tenere aperti i propri negozi, tra spese sempre più alte, tasse e contributi in Italia che sembrano non dare tregua.

Abbiamo raccolto la testimonianza diretta di un negoziante con Partita IVA, che ci racconta in prima persona le difficoltà di chi cerca di portare avanti un’attività commerciale.

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Tra tasse e contributi difficile resister: ma c’è voglia di continuare

Dopo aver ascoltato lo sfogo di chi vive (anzi sopravvive) in Italia con una pensione sotto 1.000 euro al mese, non meno in difficoltà sono le piccole botteghe che ogni giorno, con sacrifici, riescono ancora ad alzare la serranda al mattino.

Nelle parole sentimenti contrastanti tra la voglia di continuare e spronare i giovani a cimentarsi ancora nell’attività imprenditoriale e lo scoramento tra le tante tasse e contributi da versare nella casse dell’erario.

Da quanto tempo gestisci la tua attività e di cosa ti occupi?

Sono un commerciante da oltre 15 anni. Ho un negozio al dettaglio e vendo prodotti di qualità, cercando di offrire ai miei clienti non solo merce, ma anche un servizio. Ho investito tempo, denaro e sacrifici per costruire un’attività che fosse il mio futuro e quello della mia famiglia.

Quali sono le principali difficoltà che incontri oggi?

Conto e carta

difficile da pignorare

 

La prima difficoltà, senza dubbio, è il peso di tasse e contributi in Italia. Ogni anno, quasi la metà di quello che guadagno se ne va in imposte, contributi previdenziali, IVA, IRAP, IRPEF, senza contare i costi fissi come affitto, utenze, fornitori e stipendi.

Non dico che non voglio pagare le tasse, ma il problema è la sproporzione tra quanto versi e quanto effettivamente ti rimane.

Puoi fare un esempio concreto?

Certo. Se incasso 100.000 euro in un anno, tra IVA, tasse e contributi, ne rimangono meno di 50.000. Da questi devo togliere le spese di gestione, il costo del personale e tutto il resto. Alla fine, quello che mi resta è uno stipendio che spesso non è di molto superiore a quello di un dipendente, ma con molte più responsabilità e zero certezze. Non parliamo poi della futura pensione. Considerando che annualmente verso oltre 4.000 euro di contributi fissi come commerciante (oltre quelli in sede di dichiarazione redditi) e pensando che per andare in pensione mi servono 40 anni di contributi. Il conto lo lascio a voi di quanto alla fine della mia carriera lavorativa avrò versato all’INPS per ritrovarmi con un assegno mensile di pensione che forse non arriverà nemmeno a 1.000 euro.

Quanto influisce la burocrazia sulla gestione quotidiana?

Tantissimo. Ogni mese ho scadenze fiscali, adempimenti, moduli da compilare. Se non hai un commercialista bravo, rischi di fare errori e pagare sanzioni salate. Poi ci sono i controlli, le normative che cambiano di continuo, i balzelli nascosti. Per qualsiasi cosa serve un documento, un’autorizzazione, un pagamento extra. Tutto questo toglie tempo al lavoro vero e proprio.

Ti senti sostenuto dallo Stato?

Purtroppo no. Lo Stato sembra più un avversario che un alleato. Le poche agevolazioni disponibili spesso sono complicate da ottenere, con paletti burocratici che scoraggiano. I contributi per le piccole imprese sono minimi, mentre le grandi aziende ricevono sussidi e incentivi. Io, se ho un problema, non ho nessun aiuto concreto. Durante la pandemia, ad esempio, ci hanno dato ristori ridicoli rispetto alle perdite reali.

Quali sono le soluzioni che vedresti per migliorare la situazione?

Prima di tutto, una riduzione del carico fiscale. Se le tasse e contributi in Italia fossero più basse e proporzionate, sarebbe più facile investire e crescere. Poi servirebbe una burocrazia più snella, meno adempimenti inutili e più digitalizzazione. Anche i controlli dovrebbero essere più equi: chi lavora onestamente non dovrebbe essere trattato come un evasore. Infine, servirebbero incentivi veri per le piccole imprese, non solo parole.

Hai mai pensato di chiudere l’attività?

Sì, più volte. Ogni anno che passa è sempre più difficile restare a galla. Quando vedi che il tuo impegno non viene ripagato, che sei costretto a tagliare su tutto per sopravvivere, viene voglia di mollare. Ma poi penso ai clienti che si fidano di me, alla mia passione per questo lavoro e continuo a lottare.

Cosa diresti ai giovani che vogliono aprire un negozio oggi?

Direi di pensarci bene. Fare impresa in Italia è una sfida difficile. Se non hai le spalle coperte, rischi di bruciarti. Ma se hai un’idea vincente, tanta determinazione e la voglia di combattere, allora buttati. Il consiglio principale è di informarsi bene su tutto prima di iniziare: costi, tasse, normative, mercato. E di non aspettarsi aiuti dallo Stato.

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Commercianti (e non solo): il peso delle tasse e contributi in Italia (conclusioni)

La situazione di questo commerciante italiano rispecchia quella di tanti altri. Mostra un quadro chiaro delle difficoltà che affrontano i piccoli imprenditori.

Il peso di tasse e contributi in Italia rende complesso il lavoro quotidiano, mentre la burocrazia soffoca l’iniziativa e la crescita. Nonostante tutto, c’è ancora chi sceglie di resistere, di credere nel proprio lavoro e nella qualità del servizio.

Ma fino a quando sarà sostenibile questa lotta?

 



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