Merito creditizio e nullità del finanziamento garantito MCC


Il Tribunale di Piacenza, con decreto dell’8 gennaio 2025 (Pres. Brusati, Rel. Stefano Aldo Tiberti), ha rigettato l’opposizione allo stato passivo promossa da un intermediario, sul presupposto che il finanziamento, garantito MCC, era stato erogato in violazione della prudente valutazione del merito creditizio e quindi da ritenersi nullo, e le somme, conseguentemente, irripetibili ex art. 2035 C.c.

Delle problematiche in sede fallimentare dei mutui garantiti MCC, se ne discuterà ampiamente nel prossimo webinar DB del 03 aprile 2025 “Il contratto di mutuo come “titolo del credito” e come titolo esecutivo – Le problematiche in sede esecutiva e nelle procedure di composizione della crisi“.

In particolare, secondo la prospettazione del Giudice Delegato, il finanziamento era stato concesso con colpa grave dell’operatore qualificato, il quale non aveva svolto nessun reale approfondimento circa la situazione economico-patrimoniale e l’effettiva capacità di rimborso da parte della impresa finanziata, in violazione, appunto della regola di prudente valutazione del merito creditizio ex art. 5 TUB e art. 11762 C.c.

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L’impresa, sempre secondo la prospettazione del G.D., presentava, infatti, chiari sintomi di insolvenza o quantomeno di crisi, dovendosi pertanto escludere ogni ripetizione delle somme erogate: la concessione di credito in siffatte circostanze costituisce infatti per il G.D. atto illecito e contrario a norme imperative, anche penali, nonché all’ordine pubblico e al buon costume, e – conformemente alla pronuncia del Tribunale di Torino del 04 ottobre 2022 – il contratto era da ritenersi nullo e le somme irripetibili ex art. 2035 C.c.

Il Tribunale, nel decreto in esame, si sofferma sulla nullità del finanziamento per contrarietà a norme imperative, e quindi distingue:

  • la fattispecie della concessione abusiva del credito, quale illecito civile, commesso dal soggetto finanziatore, sussumibile sotto la norma generale ex art. 2043, per la cui ricorrenza è necessario che il soggetto danneggiato alleghi e provi tutti gli elementi costitutivi (condotta, elemento soggettivo, nesso di causa, danno evento, danno conseguenza)
  • l’eccezione di nullità di un contratto di finanziamento per contrarietà a norme imperative ex art. 1418 co 1 C.p.c., in quanto il negozio si pone in contrasto con la specifica norma penale che sanziona l’aggravamento del dissesto con operazioni gravemente colpose (art. 217 L.F., ora art. 323 CCII): relativamente a tale profilo, il Collegio richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di cause di nullità del negozio giuridico, per aversi contrarietà a norme penali ai sensi dell’art. 1418 c.c., occorre che il contratto sia vietato direttamente dalla norma penale, nel senso che la sua stipulazione integri reato; la nullità, quindi, può essere dichiarata all’esito dell’accertamento in concreto di una condotta delittuosa sussumibile sotto la fattispecie incriminatrice invocata, dovendosi riscontrare l’elemento oggettivo, quello soggettivo, nonché le modalità di concorso del soggetto finanziatore, quale extraneus del reato.

Sulla nullità del finanziamento garantito MCC per contrarietà a norma penale

In merito al profilo oggettivo dell’illecito penale tipico dell’aggravamento del dissesto con operazioni gravemente colpose, per il Collegio la società fallita, al momento della richiesta del finanziamento, versava chiaramente in una situazione quantomeno di crisi che avrebbe richiesto l’adozione di misure di discontinuità aziendale, tali da scongiurare la probabile insolvenza: dai dati contabili emergeva infatti una netta perdita di redditività legata all’ultimo anno di attività, ed una realtà aziendale con continuità compromessa.

Oltre a ciò, vi erano ulteriori puntuali segnali di crisi, dovuti alle anomalie e incongruenze riscontrabili dalla comparazione tra il bilancino provvisorio fornito alla finanziatrice in sede di istruttoria e gli altri documenti contabili disponibili, indice di scarsa trasparenza e correttezza nella rappresentazione della propria situazione economico patrimoniale.

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In altri termini, per il Tribunale, il  finanziamento richiesto ha integrato un’operazione gravemente imprudente, priva di logica imprenditoriale, che ha aggravato la crisi della società, in quanto utilizzato principalmente per tacitare i creditori chirografari, senza rispettare l’ordine delle legittime cause di prelazione e senza destinare somme al pagamento di imposte o contributi scaduti:  ha quindi consentito alla società, già in crisi, “di procrastinare il fallimento e di accumulare ulteriori debiti da indebita prosecuzione di attività di impresa, poi insinuati al passivo fallimentare, aggravando così il dissesto complessivo“.

Il tutto, aggravato dall’assenza “di un piano di risanamento o di un business plan che rendesse anche solo plausibile (ex ante) il superamento dello stato di crisi, circostanza che ha reso il finanziamento un mero strumento per posticipare l’inevitabile esito liquidatorio”.

Quanto al profilo soggettivo, il finanziatore si era imitato ad una mera verifica cartolare di dati, senza analizzare la concreta effettiva realtà aziendale da finanziare, nonché senza prendere atto di informazioni e dati agevolmente reperibili da banche dati pubbliche, risultando così, in base ad una valutazione ex ante ed in concreto, in grave colpa nella concessione del finanziamento, garantito nel caso di specie da MCC.

In tema di diligenza professionale gravante sul soggetto finanziatore nella concessione di credito, il Tribunale ricorda la rilevanza primaria, per l’ordinamento, dell’obbligo di valutare con prudenza, da parte dell’istituto bancario, la concessione del credito ai soggetti finanziati, mediante la valutazione, in concreto, dell’effettivo merito creditizio, sulla scorta di informazioni adeguate e pertinenti.

Non basta a qualificare come diligente la sola consultazione di report contenenti giudizi di sintesi sul merito creditizio e attestanti la mancanza di specifici eventi integranti indici di difficoltà economica (come protesti o procedure esecutive): ad un soggetto altamente professionale è richiesta la verifica concreta e puntuale delle effettive condizioni finanziarie e economiche del soggetto finanziato, non potendo confidare solo su giudizi o dati aggregati di sintesi forniti da terzi (anche se professionalmente riconosciuti nel settore del rating).

L’irripetibilità delle somme per contrarietà al buon costume

Per il Tribunale, l’accertamento dell’avvenuto finanziamento garantito MCC alla società fallita, quale condotta sussumibile nell’illecito penale tipico di aggravamento del dissesto con operazioni gravemente colpose, è ostativo all’accoglimento della domanda di ripetizione d’indebito, svolta, in via subordinata, da parte opponente.

In adesione ad un indirizzo di legittimità del 2020 (Cass. n. 16706/2020), per il Tribunale, ai fini dell’applicazione della “soluti retentio” prevista dall’art. 2035 C.c., le prestazioni contrarie al buon costume non sono soltanto quelle che contrastano con le regole della morale sessuale o della decenza, ma sono anche quelle che non rispondono ai principi e alle esigenze etiche costituenti la morale sociale in un determinato ambiente e in un certo momento storico.

Pertanto, si deve ritenere contraria al buon costume, e come tale irripetibile, l’erogazione di somme di denaro in favore di un’impresa già in stato di decozione, integrante un vero e proprio finanziamento, che consente all’imprenditore di ritardare la dichiarazione di fallimento, incrementando l’esposizione debitoria dell’impresa, trattandosi di condotta preordinata alla violazione delle regole di correttezza che governano le relazioni di mercato.

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E per il Tribunale a maggior ragione nel caso di specie vertendosi, tra l’altro, di un finanziamento assistito da garanzia pubblica MCC, concepito dalle legge come sostegno alle imprese in difficoltà a causa della crisi pandemica, a condizione appunto che vi siano prospettive di risanamento: viceversa, l’erogazione di finanziamenti garantiti, che si risolva, oggettivamente, in un aggravamento del dissesto di un imprenditore, in assenza di ragionevoli prospettive di superamento della crisi, danneggia l’interesse pubblico a che le risorse pubbliche stanziate siano destinate all’effettivo scopo di garantire la continuità aziendale di imprese in difficoltà, nonché la salvaguardia del tessuto produttivo imprenditoriale.



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