“La semplice minaccia di un takeover ha già prodotto effetti significativi: la Commerzbank ha iniziato a tagliare il personale e a riorganizzarsi”. Così all’Adnkronos Daniel Gross commenta l’offerta di Unicredit per la seconda banca tedesca, sottolineando come “si è rivelata estremamente efficace, generando un impatto positivo anche se l’operazione non dovesse concretizzarsi, poiché ha comunque spinto Commerzbank ad avviare un cambiamento”.
Nessun risiko bancario in Europa “per il momento”
Gross, per ora, esclude la presenza di un risiko bancario in Europa. Il vero problema, secondo il professore, “non sono delle banche abbastanza grandi, ma piuttosto la natura banco-centrica del nostro sistema finanziario: abbiamo bisogno di più capitale che prende rischi: meno credito più equity”, aggiunge Gross. Si parla spesso della necessità di un consolidamento del settore bancario per sostenere investimenti di grande portata, come quelli nell’intelligenza artificiale. Ma l’economista sottolinea che “negli Stati Uniti i grandi investimenti vengono finanziati direttamente da grandi imprese, che riescono poi a ripagare i capitali raccolti”. Il professore evidenzia anche come la vera sfida in Europa sia legata alla mentalità delle famiglie, “che non amano molto il rischio”, e al comportamento degli intermediari finanziari, “come le assicurazioni”.
La sfida per le start-up
Naturalmente, spiega Gross, “le piccole e medie imprese con una lunga storia alle spalle mostrano una chiara preferenza per il finanziamento bancario, poiché questo consente loro di mantenere il controllo dell’azienda. Al contrario, le start-up attive in settori innovativi hanno bisogno di capitale a rischio, dato che le banche non possono concedere crediti a realtà emergenti prive di garanzie”.
Che fare?
Secondo l’economista non si tratta di spingere le imprese verso il finanziamento sul mercato, ma piuttosto di incentivare investimenti in equity da parte di attori come le assicurazioni. “Attualmente – dice Gross – queste devono mantenere un’elevata quantità di capitale a fronte di investimenti in equity, considerati rischiosi. Sebbene ciò sia vero nel breve termine, nel lungo periodo è noto che l’investimento in equity offre rendimenti generalmente superiori rispetto agli investimenti a tasso fisso. Di conseguenza, si potrebbe intervenire sui requisiti minimi di capitale per favorire una maggiore allocazione di risorse in strumenti azionari”, sottolinea.
Servono nuove idee per le imprese
“Viviamo in una società a bassa crescita – prosegue Gross – dove molte imprese, spesso attive da decenni, non hanno un grande bisogno di nuovo capitale. Di solito, si limitano a rinnovare periodicamente le linee di credito esistenti, ma la domanda di capitale aggiuntivo resta contenuta, proprio perché le nostre economie crescono lentamente e il tessuto imprenditoriale è piuttosto stabile. Quello che davvero manca, invece, è la capacità di finanziare nuove imprese con idee innovative, che non rientrano nei tradizionali schemi di finanziamento e richiedono capitali più flessibili e disposti a rischiare”. (di Andrea Persili)
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