sotto quota 379mila, perse quasi 10 mila culle. Si riduce il tasso di fecondità


La natalità italiana si prepara a toccare un nuovo minimo storico. Per le nascite il 2024 è stato un altro anno nero. I dati ufficiali saranno rivelati dall’Istat soltanto domani, ma nei dodici mesi appena trascorsi, salvo sorprese, ci sarebbero state altre circa 10 mila culle in meno. Il conteggio è già stato aggiornato fino al mese di novembre, quando i nati complessivi sono stati 336.915. Se anche a dicembre il numero di bambini nati fosse stato esattamente uguale a quello del 2023, vale a dire circa 32 mila “fiocchi”, il conto totale dell’anno si fermerebbe comunque a 368.798 nascite, contro le 379.890 dell’anno precedente. All’orizzonte insomma, non si vedono germogli che annunciano la primavera. Siamo ancora nel pieno dell’inverno demografico. L’ultimo dato disponibile, quello del 2023, ha già mostrato come il crollo della fertilità in Italia stia accelerando. La media di figli per ogni donna è di 1,20. Solo nel 2022 era di 1,24. In Francia il dato è di quasi 1,7 figli per donna, non lontano dal tasso di “sostituzione”, il valore che permette quantomeno di tenere costante la popolazione in un Paese che è di 2,1 nati per ogni donna. In Germania, l’altro grande Paese europeo, siamo a circa 1,4 nati per ogni madre.L’Italia ha anche un altro primato negativo: l’età media delle stesse donne alla nascita del primo figlio: 31,8 anni. Cosa significa? Se la prima culla arriva per una madre a quasi 32 anni, e in molti casi si tratta di una donna lavoratrice, sono alte le possibilità che un secondo figlio poi non si faccia. L’Italia, insomma, sta sempre più diventando un Paese di figli unici. In Francia l’età media delle donne alla prima gravidanza è di 29,1 anni, in Germania è 29,8 anni, due in meno che in Italia.

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Gli effetti della denatalità stanno iniziando a farsi sentire in modo pesante. Per adesso sul sistema scolastico, ma poi la “gelata” è destinata ad espandersi alle imprese e, infine, al sistema di welfare, vale a dire pensioni e sanità. Quest’anno alle scuole superiori ci saranno 50 mila iscrizioni in meno. Giovani venuti a mancare proprio per il calo negli anni passati delle nascite. A livello statistico si è registrata la prima diminuzione del numero di studenti a partire dall’anno scolastico 2015-2016, quando mancarono circa 20mila alunni. Nel 2018-2019 le assenze fecero un tremendo balzo in avanti fino a quota 75mila studenti in meno.

Nell’anno scolastico 2021-2022 la soglia ha superato i 100mila in meno e nel 2023 è arrivata addirittura a 130mila. Anche le imprese iniziano a sentire gli effetti della mancanza di manodopera. Per molte mansioni è sempre più difficile trovare giovani. In questo caso al calo demografico si aggiunge la cosiddetta “fuga dei cervelli”, che ha coinvolto negli ultimi anni un gran numero di ragazzi.

IL SISTEMA

Un discorso a parte merita il sistema pensionistico. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, più volte ha spiegato che, con questa demografia, non ci sono sistemi previdenziali in grado di reggere. Persino il contributivo puro potrebbe in futuro, non dare certezze. Nelle previsioni di lungo periodo elaborate dalla Ragioneria generale dello Stato, il tasso di fecondità per quest’anno è fissato a 1,22 figli per donna. Nei prossimi anni i tecnici stimano una crescita di questo parametro: 1,28 nel 2030, per poi salire a 1,32 nel 2035 per arrivare a 1,40 nel 2040. Il punto è che ogni anno gli obiettivi fissati non vengono centrati.

Anzi, il tasso di fecondità continua a registrare arretramenti. Così, per fare in modo che il sistema tenga di fronte al crollo delle nascite, non restano che due strade. La prima è aumentare il numero dei migranti regolari da inserire nel mercato del lavoro. La seconda è aumentare l’età del pensionamento e ridurre l’importo degli assegni. Un sentiero sul quale le riforme Dini e Fornero-Monti, hanno già messo l’Italia con i loro sistemi di adeguamento automatico.

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