Culle vuote, una clausola “salva-figli” per detrazioni e tagli


Invertire la tendenza è forse ormai un’utopia. Nessuno dei Paesi sui quali il vento gelato dell’inverno demografico ha soffiato, è riuscito davvero a far ripartire le nascite. Qualcuno, a fronte di grandi sforzi finanziari, è riuscito al massimo a fermare la discesa, come la Francia o la Germania. In Italia tutti i governi hanno provato a mettere in campo misure a favore delle nascite, dai vari bonus bebé, agli sgravi per le mamme, fino all’assegno unico che ha preso il posto delle vecchie detrazioni per i figli. Da tempo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha messo la questione demografica in cima alla sua agenda. Per due volte, negli ultimi due anni, ha proposto di trovare il modo di «azzerare le tasse» alle famiglie a partire dal secondo nato. I tecnici dell’economia hanno studiato anche diverse soluzioni, come per esempio una detrazione da 10 mila euro per il secondo figlio. Ma questo progetto non si è mai concretizzato. La ragione è abbastanza semplice: costa tanto. E di risorse ce ne sono poche, soprattutto con l’entrata in vigore del nuovo Patto di Stabilità per rispettare il quale, l’Italia si è impegnata a non aumentare la spesa pubblica di una percentuale a 1,5 punti all’anno in media per i prossimi sette anni. In un quadro del genere, insomma, spazio per faraonici programmi di sostegno alle nascite non ce ne sono.Ma qualcosa si può fare, e il governo ha iniziato a farla. Nell’ultima manovra di bilancio è stata inaugurata quella che si potrebbe definire come una «clausola salva-figli». Qualsiasi intervento sul sistema fiscale italiano sarà fatto “privilegiando” le famiglie con bambini. È stato fatto, per esempio, nel caso delle detrazioni fiscali.La legge di Bilancio per quest’anno, ha introdotto un tetto agli sconti fiscali di cui possono usufruire i contribuenti che dichiarano redditi superiori a 75 mila euro.Oltre questa soglia, le detrazioni che si possono sottrarre dalla propria dichiarazione dei redditi non devono essere superiori a 14 mila euro, che diventano 8 mila euro una volta superati i 100 mila euro di reddito. Ma queste soglie massime si dimezzano se il contribuente non ha figli a carico, mentre il contribuente che ne ha uno a suo carico, può scontare il 70 per cento di queste somme. Uno che invece ne ha due, può arrivare all’80 per cento, mentre solo dal terzo figlio in poi si può arrivare fino al limite di queste soglie di detrazione.Il concetto insomma, è abbastanza semplice. Lo Stato riconosce a chi ha figli un importo maggiore di sconto sull’Irpef da pagare.

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IL PASSAGGIO

È probabile che questa «clausola salva-figli», sia utilizzata anche nelle prossime misure che il governo metterà in campo con la prossima manovra. Una manovra che avrà probabilmente meno spazi della precedente, visto che non potrà comunque aumentare la spesa se non a patto di alzare le tasse o trovare nuovi risparmi nel Bilancio pubblico. E inoltre dovrà fare i conti con la necessità di finanziare le spese per la difesa, per arrivare almeno a quel 2 per cento di impegno rispetto al Pil previsto dagli accordi in sede Nato. Impegni sulla difesa a parte, il dossier fiscale è destinato presto a tornare comunque in cima all’agenda politica. Il taglio dell’Irpef per la classe media, ossia i redditi fino a 50-60 mila euro, potrebbe essere la misura qualificante del programma economico di quest’anno. Ed è proprio in questo contesto che si potrebbero inserire nuovi pezzi di “quoziente familiare” per provare, come detto, ad arrestare il calo delle nascite.

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