Il governo prepara gli aiuti alle imprese. Le possibili soluzioni sul tavolo


Dopo un primo vertice con i ministri Giorgetti, Lollobrigida e Urso, a Palazzo Chigi è stato il giorno del faccia a faccia con le imprese. L’esecutivo ha voluto prendere coscienza dell’impatto dei dazi su margini e produttività delle industrie. Mentre l’Europa ha messo il suo bazooka sul tavolo dei negoziati con Trump

08/04/2025

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per le aziende

 

La pistola, anzi, il bazooka, è carico ed è sul tavolo dei negoziati. L’Europa travolta dai dazi americani spera ancora in una soluzione pacifica o presunta tale con gli Stati Uniti, ma nel dubbio, meglio avere pronta l’arma di riserva. Sotto forma di contro-dazi: dall’Harley Davidson ai jeans, dagli yacth al ketchup americano, Bruxelles è pronta ad alzare barriere tariffarie fino al 25%, la stessa asticella applicata dagli Usa su acciaio e alluminio, che nel caso del Vecchio Continente valgono 26 miliardi.

Come detto, a Bruxelles credono ancora alla via negoziale e in questa direzione va l’offerta di azzerare i dazi per l’industria su entrambe le sponde dell’Atlantico. Ma la pazienza della presidente Ursula von der Leyen non è infinita e così l’Ue è sempre pronta a colpire i servizi offerti dalle aziende statunitensi, settore in cui gli Usa sono in surplus commerciale con gli europei. Tra le altre ipotesi ci sono la web tax e l’inasprimento delle procedure antitrust contro le big tech.

Nel mentre, la premier Giorgia Meloni, è pronta ad aprire un ombrello a protezione delle imprese italiane. Dopo il vertice serale a Palazzo Chigi con i ministri Giancarlo Giorgetti, Adolfo Urso, Antonio Tajani e Francesco Lollobrigida, nel corso del quale si è ipotizzato di sbloccare fino a 10 miliardi di aiuti per le imprese, mettendo mano anche ai fondi del Pnrr, Meloni ha incontrato le categorie produttive per un secondo round. Il messaggio emerso può suonare più o meno così: il governo è pronto a fare di tutto per garantire la sopravvivenza del sistema produttivo, visto che considerato che esportare made in Italy costerà alle aziende molto di più. Al vertice, a cui hanno preso parte anche i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari, hanno preso parte il presidente di Confindustria Emanuele Orsini, unitamente alle prime linee di Confartigianato, Confcommercio, Confapi e Ice.

“Bisogna prevenire il rischio di una pandemia economica provocata dall’impatto dei dazi Usa. L`Unione europea deve agire subito e in modo coeso. Basta con i tempi lunghi e le modalità burocratiche”, ha messo in chiaro il presidente di Confartigianato, Marco Granelli, nel corso dell`incontro con i rappresentanti del governo sugli effetti dei dazi imposti dagli Stati Uniti. Il numero uno degli artigiani ha messo in evidenza come “le nuove tariffe Usa potrebbero far calare di 11 miliardi il nostro export negli Usa, che vale 64,8 miliardi, con la perdita di 33mila occupati nelle imprese esportatrici. In particolare, le micro e piccole aziende, che vendono negli Usa prodotti per 17,9 miliardi, rischiano la perdita di 13mila occupati. Ma questo impatto rischia di espandersi e va affrontato con misure d’emergenza”.

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Di qui, una proposta. “Consideriamo necessario destinare risorse a sostegno degli investimenti in innovazione e qualificazione dei prodotti soprattutto per le imprese coinvolte nelle filiere critiche colpite dai dazi. Ad esempio, si potrebbe riconvertire il piano Transizione 5.0, visto che ad oggi i crediti d`imposta richiesti sono ben lontani dall`obiettivo di spesa pari a 6,3 miliardi”. Decisamente preoccupati anche i commercianti, i quali però continuano a sostenere la via dei negoziati con Washington.

“La decisione del presidente degli Stati Uniti di imporre dazi del 20-25% verso l’Unione europea rappresenta un forte elemento di instabilità per le imprese italiane, in particolare per i comparti a maggiore vocazione all’export negli Usa. Manifattura, agroalimentare, trasporti e logistica, turismo sono tra i settori più colpiti da questa nuova ondata protezionistica, che rischia di compromettere le prospettive di crescita in un contesto economico già fragile.
Serve un’azione coraggiosa, coordinata e lungimirante a livello europeo”, ha affermato uscendo da Palazzo Chigi il vice presidente di Confcommercio-Imprese per l’Italia con delega all’internazionalizzazione, Riccardo Garosci.

“Confcommercio chiede l’avvio di un negoziato tra l’Ue e gli Stati Uniti che tenga conto non solo delle esportazioni europee di beni, ma anche del forte squilibrio a favore degli statunitensi nei servizi, soprattutto tecnologici e finanziari. Un negoziato fondamentale per valorizzare il peso di un mercato evoluto di circa 500 milioni di consumatori, per evitare una guerra commerciale, per non attivare misure ritorsive immediate in grado di alimentare l’inflazione e di mettere in difficoltà le imprese che fanno import e distribuzione”.

Stessa linea del dialogo per Confimprese. “L’Europa deve, comunque, evitare l’introduzione di contro dazi per i prodotti americani, perché questo porterebbe a un aumento dei prezzi sul mercato domestico, oltre a creare difficoltà sia alle aziende importatrici sia problemi di approvvigionamento per il settore manifatturiero. Senza contare che la guerra commerciale, che ora si sta alimentando tra Usa e Cina con un gioco al rialzo dei dazi reciproci, rischia di inondare il mercato europeo e italiano di prodotti cinesi a basso costo e altamente concorrenziali: è fondamentale per contenere l’impatto di questa guerra commerciale che l’Ue acceleri le procedure di libero scambio con i paesi del Mercosur e i negoziati con India, Indonesia, Malesia e Australia. Al Governo italiano chiediamo di utilizzare i fondi del Pnrr per sostenere le imprese particolarmente colpite dai dazi”.

C’è poi chi ha fatto due conti. Rispetto alle stime precedenti ai dazi, Confesercenti calcola per i consumi delle famiglie una minore crescita di 2,1 miliardi nel 2025 e di 9,8 miliardi nel 2026, per un totale di 11,9 miliardi. Rischi esistono anche sul fronte del turismo: i visitatori dagli Stati Uniti sono relativamente pochi (4,8% del totale) ma sono alto-spendenti, e portano in media 6,5 miliardi di euro l’anno di spesa sul territorio.



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