In questi ultimi mesi due documenti hanno certificato lo stato di salute del nostro Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), tutt’altro che roseo come può testimoniare l’esperienza quotidiana di ognuno di noi: le Pagelle pubblicate dal Ministero della Salute e il 7°rapporto della Fondazione Gimbe (Gruppo Italiano per la Medicina Basata sulle Evidenze).
Mentre le prime offrono la fotografia dello status quo della sanità nelle 21 Regioni italiane, il secondo indica i percorsi di miglioramento auspicabili. Le pagelle sono elaborate sulla base di 24 indicatori gestiti dal «Nuovo Sistema di Garanzia» del Ministero che monitora qualità e quantità dei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza); quelli che la famigerata Autonomia differenziata sembra dimenticare non essere uguali ad ogni latitudine.
Le classifiche delle «21 Squadre regionali» sono distinte in «3 gironi»: quello dell’assistenza ospedaliera, della prevenzione e dell’assistenza di base. In ognuno dei gironi, che ve lo dico a fare, le regioni del Nord stanno nelle posizioni di vertice e quelle del Sud in zona retrocessione. La Puglia sta nella zona di aurea mediocritas in tutte 3 le classifiche con punteggi che vanno dal migliore 85 su 100 per l’ospedalizzazione, al peggiore 69 su 100 per l’assistenza di base; la prevenzione prende un 74 su 100. Tutto sommato, è la prima delle Regioni del Sud e si sa, chi si contenta gode, specie in tempi di magra con trasferimenti statali sempre più ridotti. I punti più deboli sono quelli della medicina di base, che probabilmente impatta di più sulla vita quotidiana di ognuno di noi, e della prevenzione.
L’altro documento, il 7° Rapporto Gimbe, propone invece un Piano di Rilancio del Ssn articolato in 13 punti. Fondamentalmente le linee di azione sono individuate, come in una azienda in crisi, in una fase preliminare di necessaria ristrutturazione con taglio di sprechi e vizi e in una contestuale fase di investimento con aumento di finanziamenti pubblici – «ci sediamo al Tavolo del G7 ma abbiamo una spesa sanitaria pubblica allineata a quella dei Paesi dell’Europa Meridionale e dell’Est» – per ridurre le disuguaglianze con un potenziamento della capacità centrale di indirizzo/verifica da parte del Ministero sulle regioni. Il tutto in un clima auspicato di consapevolezza del welfare che debba tendere al rilancio del capitale umano di tutti: addetti e fruitori del servizio.
La «sana integrazione pubblico-privato» è suggerita, specie nella prevenzione, con un occhio particolare alla «trasformazione digitale di tutti – professionisti sanitari, pazienti, familiari e caregiver – per riuscire finalmente a migliorare le disuguaglianze e l’accessibilità ai servizi sanitari e l’efficienza del Ssn». In questa direzione, digitalizzazione e collaborazione pubblico-privato per un rafforzamento della prevenzione e l’assistenza di base, punti più deboli, negli ultimi tempi si è affacciato un nuovo servizio: le piattaforme di welfare sanitario aziendale. Cosa sono? Sono dei servizi di base e di prevenzione che vengono pre-pagati dalle imprese per i propri dipendenti, senza aggravio fiscale in quanto rientranti nell’ambito dei fringe benefit, e previsti nel piano di welfare aziendale stipulato dal datore di lavoro nell’interesse dei lavoratori. Così anche le imprese potranno rendersi più attrattive verso il mercato del lavoro riuscendo ad accaparrarsi le risorse umane più smart, sempre più attente non solo all’aspetto retributivo ma anche alla qualità della vita; ridurranno anche il loro turnover.
Secondo una recente ricerca della SdaBocconi le imprese che investono nel welfare migliorano il «clima aziendale» e aumentano, inevitabilmente, anche la produttività grazie ad un miglioramento psico-fisico dei dipendenti e ad un aumento del loro potere di acquisto. In pratica il welfare è un investimento, non una spesa! I dipendenti potranno avere per loro e per il loro nucleo familiare allargato fino a 4 componenti, anche al di fuori di quanto risulta dallo Stato di Famiglia – genitori, fratelli, sorelle, compagni/e –servizi di base gratuiti e servizi a sconto. Sono gratuiti, perché inseriti nel pacchetto, quelli di base: assistenza sanitaria illimitata on line dalle 8 alle 20, check up, visite dallo psicologo, visite dal nutrizionista, test del Dna, prenotazioni tramite app di strutture convenzionate, cartella clinica digitale illimitata. Sono a sconto quelli non ricorrenti: acquisto di prodotti/servizi per la salute e prestazioni sanitarie strumentali.
Appare evidente come con questi strumenti anche le imprese del settore sanitario del territorio, proponendosi come fornitori convenzionati, potranno incrementare i propri fatturati servendo un nuovo mercato in costante crescita; anche per questo Fidit ha stretto una partnership operativa con You Healthy, piattaforma di welfare sanitario aziendale, per offrire una occasione di benessere ai propri dipendenti e una di business alle imprese associate.
Il «bene pubblico Salute» deve essere migliorato e può trasformarsi da problema in opportunità. Gli strumenti ci sono, vecchi e nuovi. Come sempre è necessaria consapevolezza dei limiti e un’azione di sistema che veda remare all’unisono e nella stessa direzione pubblico, imprese, specie le Pmi ancora troppo attardate, e cittadini per una qualità di vita migliore. Alla fine, i Lea a questo servono.
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