Disinformazione, l’UE sui programmi di fact-checking » inno3


Le campagne di disinformazione sono un’arma strategica utilizzata per indirizzare in modo specifico gli orientamenti dell’opinione pubblica, con i relativi rischi. Per questo sul tema scende in campo anche la Commissione Europea che ha di recente lanciato un bando da 5 milioni di euro destinato a sostenere e rafforzare la rete europea di fact-checking. L’iniziativa, annunciata all’inizio del mese di aprile 2025, si colloca nell’ambito delle linee guida politiche 2024–2029 della presidente Ursula von der Leyen e rientra nella più ampia cornice dell’European Democracy Shield. Il finanziamento mira così a consolidare la capacità operativa della comunità europea dei fact-checker, ampliandone la presenza in tutti gli Stati membri e nelle 24 lingue ufficiali dell’Unione europea. In particolare, l’obiettivo è contrastare la disinformazione in maniera sistemica, anche in previsione delle sfide geopolitiche in atto

Fact-checking, un’infrastruttura europea

Il bando, aperto dal 15 aprile al 2 settembre 2025, prevede la realizzazione di tre azioni principali: la protezione dei fact-checker (1) come sistema di tutela contro le molestie, spesso coordinate, che colpiscono coloro che lavorano per smentire notizie false., e i fact-checker sono bersagli frequenti di attacchi online, doxing, minacce e campagne di odio che mirano a minare la loro credibilità e sicurezza personale; il secondo piano di azione riguarda la creazione di un repository centralizzato (l’archivio europeo delle verifiche, 2) che raccoglie le verifiche dei fatti prodotte a livello europeo, permettendo una condivisione strutturata dei contenuti, l’accesso semplificato ai dati e l’uso in tempo reale nei contesti più sensibili, come quelli elettorali o in caso di emergenze sanitarie; il terzo piano di azione riguarda, infine, la costituzione di unità in grado di intervenire in situazioni critiche (3), come lo scoppio di crisi internazionali, pandemie o disastri naturali, quando la disinformazione tende a diffondersi rapidamente e con effetti potenzialmente destabilizzanti.

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Secondo l’Osservatorio europeo dei media digitali (Edmo), la disinformazione rappresenta una delle minacce più serie per la coesione sociale e il funzionamento democratico nell’UE. I canali di diffusione sono molteplici e vanno dai social media alle piattaforme di messaggistica privata, fino a siti Web pseudo-informativi spesso legati a campagne di influenza straniere. In particolare, le narrazioni politiche e le campagne di interferenza digitale crescono in modo significativo in occasione di eventi politici chiave, come le elezioni nazionali o il dibattito sull’invio di aiuti militari all’Ucraina e la Commissione evidenzia come i Paesi candidati e quelli associati al programma Europa Digitale, tra cui i Balcani occidentali e il vicinato orientale, siano aree ad alta vulnerabilità e priorità per questo bando. E’ proprio sull’esperienza pregressa e sulle strutture già esistenti che si basa il nuovo programma. Per esempio, l’Edmo, attivo dal 2020, collega ricercatori, giornalisti, esperti di alfabetizzazione mediatica e fact-checker indipendenti con l’obiettivo di monitorare, analizzare e contrastare la disinformazione online in modo coordinato mentre lo European Fact-Checking Standards Network (Efcsn) dalle origini lavora per definire standard comuni a livello europeo nel campo del fact-checking, includendo criteri di trasparenza, imparzialità metodologica e governance.
Ecco allora che il rafforzamento di queste reti sarà fondamentale per evitare duplicazioni e per costruire un ecosistema digitale resiliente, dove l’informazione verificata sia facilmente accessibile e riconoscibile dai cittadini.

Il budget complessivo del Digital Europe Programme

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Il budget complessivo del Digital Europe Programme

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Il budget complessivo del Digital Europe Programme (valori in milioni di euro, fonte: European Commission)

L’impatto dell’AI, gli obblighi delle piattaforme

Sfida aggiuntiva, riconosciuta sia dagli organismi europei sia dagli esperti del settore, è quella rappresentata dalla crescente capacità dell’intelligenza artificiale generativa di produrre contenuti falsi altamente realistici. Deepfake, immagini generate da AI e testi/documenti automatizzati sono sempre più utilizzati per creare confusione, danneggiare la reputazione di soggetti pubblici o indirizzare l’opinione pubblica verso narrazioni manipolate. Per questo, la Commissione ha incluso il tema della tracciabilità e trasparenza dei contenuti generati artificialmente nel Digital Services Act (Dsa), che impone obblighi precisi alle piattaforme digitali molto grandi (Vlops), tra cui l’obbligo di collaborare con fact-checker certificati e di mitigare attivamente i rischi sistemici legati alla disinformazione. E le stesse piattaforme digitali sono quindi al centro della strategia europea di contrasto alla disinformazione.

Nel 2018 la Commissione aveva già avviato il Codice di condotta sulla disinformazione, un accordo volontario tra attori industriali come Meta, Google, TikTok e X (ex Twitter), che però si è dimostrato inefficace. Con l’entrata in vigore del Dsa, questi obblighi sono diventati vincolanti. Le piattaforme sono chiamate ad identificare e mitigare i rischi sistemici, fornire dati agli enti regolatori e ai ricercatori indipendenti, etichettare i contenuti automatizzati, adottare misure trasparenti contro la disinformazione. Più che un semplice finanziamento, quello annunciato rappresenta un investimento di orientamento e culturale nella qualità dell’informazione, nella tutela dei professionisti della verifica e nella difesa del processo democratico. Va letto come parte di una strategia estesa per “ripulire” l’ecosistema informativo digitale.
In parallelo ai finanziamenti per il fact-checking, l’UE continua ad investire in progetti di alfabetizzazione mediatica, strumenti di analisi automatica dei contenuti e supporto ai media indipendenti ed i progetti pilota già avviati all’interno di Edmo dimostranoo che la collaborazione tra ricercatori universitari, sviluppatori di strumenti di intelligenza artificiale e giornalisti d’inchiesta può portare a risultati significativi nel debunking di narrazioni false e nella prevenzione della loro diffusione virale.

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