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L’e-commerce cresce in Italia ma il 30% delle aziende non sa adattarsi


C’è Google che permette ai suoi clienti di creare con l’intelligenza artificiale gli abiti che vogliono comprare, per trovare con più precisione quello che cercano online. C’è Nike che offre consigli per gli acquisti su misura, in base ai big data dei consumatori, e anticipa anche le loro richieste future. Ma spicca anche il nuovo social commerce di TikTok Shop e tante aziende straniere che ampliano il modello di business (dalla vendita al noleggio, dal commercio alla gestione di piattaforme logistiche) o che di mestiere fanno quelle che i marchi italiani reputano più un fenomeno di costume. Per esempio, mettere sul mercato i pacchi smarriti come fa King Colis. Insomma, l’inventiva, le tecnologie e la concorrenza straniera non mancano. Non a caso, il 30% delle aziende italiane vede come principale sfida per il futuro la sua capacità di adattamento, richiamando alla memoria le lezioni del naturalista Charles Darwin, peraltro in un contesto turbolento e con una competizione serrata. Secondo l’indagine presentata martedì 15 aprile a Milano da Valentina Pontiggia, direttrice dell’Osservatorio e-commerce b2c Netcomm-Politecnico di Milano, durante il Netcomm Forum (in calendario fino a mercoledì 16 aprile), il 26% delle aziende teme in aggiunta di non riuscire ad attrarre sufficienti clienti e a competere di conseguenza mentre il 24% pensa al problema dell’automatizzazione. L’integrazione delle nuove tecnologie, infine, preoccupa il 22%. 

Ma perché preoccupa la capacità di adattamento?

«Poche aziende si adeguano a uno scenario in costante mutamento. A complicare ulteriormente il quadro c’è pure un clima globale di sfide, come la possibile introduzione dei dazi Usa. Nel caso, a farne le spese saranno in primis le pmi, il cui accesso al mercato statunitense sarà reso ancora più complicato dai costi e dalla gestione burocratica», risponde a ItaliaOggi Roberto Liscia, presidente Netcomm, consorzio del commercio digitale italiano. «Il retail, in particolare, rimane su posizioni arretrate a livello d’investimenti in innovazione. Eppure il digitale è oggi integrato non solo nell’e-commerce ma anche nei negozi fisici, anche piccoli. Inoltre, è vero, ci sono costi da sostenere non tanto per le nuove tecnologie quanto piuttosto per riprogettare necessariamente il proprio business. Di base, tuttavia, c’è il concetto», sottolinea Liscia, «che innovazione non è più assumere un esperto, magari giovane, bensì pensare un nuovo sistema. Anzi, diversi sistemi aziendali tra loro interoperabili». É significativo, tra l’altro, che l’e-commerce sia uno strumento utile all’export delle pmi ma che l’internazionalizzazione rimanga una sfida titanica per più del 54% delle imprese italiane. 

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Lo spettro della concorrenza (soprattutto asiatica)

Però è vero che la concorrenza, specie asiatica, sembra partire avvantaggiata perlomeno sul fronte dei costi del lavoro… Il rispetto della normativa nazionale e Ue, la cosiddetta «compliance è sicuramente una priorità, specialmente ora che ci si aspetta un surplus di prodotti cinesi dirottati dagli Usa all’Europa», conferma il presidente Netcomm. «Ma in alcuni casi si tratta solo di far rispettare le regole già esistenti, per esempio in materia di comunicazione invasiva. Succede online ma succede pure offline quando riceviamo tante telefonate di offerte commerciali, come quelle per luce e gas, e nessuna opposizione odierna è efficace».

Valentina Pontiggia

L’evoluzione dell’e-commerce italiano

Intanto il mercato dell’e-commerce tricolore avanza mentre le aziende italiane guardano al futuro. Sia dal punto di vista dell’offerta sia da quello della domanda. Stando ai dati dell’Osservatorio e-commerce b2c Netcomm-School of management del Politecnico di Milano, resi noti alla 20ª edizione del Netcomm Forum, il valore degli acquisti online da parte degli italiani crescerà del 6% nel 2025 , superando quota 62 miliardi di euro. In particolare, secondo l’Osservatorio Netcomm in collaborazione con Cribis, il numero di imprese italiane con un sito e-commerce è aumentato del 3,4% rispetto al 2024, raggiungendo le 91 mila aziende, con una crescita marcata delle 51 mila società di capitale (+8,5% e pari al 56% del totale). Posto che le 91 mila aziende restano sempre una percentuale contenuta sulle complessive pmi tricolori. Infine, i consumatori italiani che comprano online sono 35,2 milioni nel 2025, con un aumento di 1,5 milioni rispetto allo scorso anno (NetRetail 2025).

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