Il venture capital rappresenta una leva cruciale per lo sviluppo di imprese innovative, contribuendo alla crescita dell’ecosistema imprenditoriale e all’adozione di tecnologie di frontiera. In Italia, nonostante una recente crescita dell’attività, il settore resta significativamente sottodimensionato rispetto ai principali paesi europei. Il report della Banca d’Italia “The Italian Venture Capital Market” (QEF 919, aprile 2025) offre una fotografia dettagliata delle dinamiche del comparto, identificando le cause del ritardo italiano e proponendo spunti di riflessione per superare le barriere esistenti.
Un mercato ancora marginale
Nel 2022, gli investimenti in venture capital in Italia ammontavano allo 0,04% del PIL nazionale, una quota nettamente inferiore rispetto a Francia (0,14%) e Germania (0,09%). Anche in termini assoluti, l’Italia si colloca lontano dai volumi registrati in altri grandi paesi europei. Questo divario non è riconducibile solo a fattori contingenti, ma riflette debolezze strutturali diffuse lungo tutte le fasi del ciclo di vita delle startup.
La scarsità di idee investibili
Uno dei principali ostacoli all’espansione del mercato VC italiano risiede nella limitata disponibilità di progetti innovativi ad alto potenziale. L’Italia mostra infatti un livello relativamente basso di spesa in ricerca e sviluppo rispetto ai partner europei, sia nel settore pubblico che in quello privato. Nel 2020, la R&S italiana rappresentava l’1,5% del PIL contro il 2,3% della media UE e oltre il 3% di Germania e Svezia.
l’Italia registra solo 0,8 domande di brevetto europee ogni 10.000 abitanti, circa la metà di quelle della Francia e un quarto di quelle della Germania
La debolezza del sistema della conoscenza si riflette anche nella qualità e quantità di brevetti: l’Italia registra solo 0,8 domande di brevetto europee ogni 10.000 abitanti, circa la metà di quelle della Francia e un quarto di quelle della Germania. A ciò si aggiunge una bassa propensione all’imprenditorialità innovativa, con il tasso di attività imprenditoriale early-stage (TEA) significativamente inferiore rispetto ad altri paesi OCSE.
La filiera dei fondi è sottodimensionata
Un altro nodo cruciale riguarda l’ecosistema dei fondi di venture capital. In Italia il settore si è sviluppato tardi e lentamente: la maggior parte degli operatori è nata dopo il 2015, e solo recentemente si assiste a un’espansione dell’attività grazie all’intervento di fondi pubblici (come CDP Venture Capital).
I fondi gestiti rimangono modesti: il valore mediano si aggira intorno ai 30 milioni di euro, contro oltre 100 milioni nei fondi francesi e tedeschi
Tuttavia, i fondi gestiti rimangono modesti: il valore mediano si aggira intorno ai 30 milioni di euro, contro oltre 100 milioni nei fondi francesi e tedeschi. Questo limita la capacità di follow-on investment, scoraggiando le startup dal cercare finanziamenti domestici e portando spesso a un coinvolgimento precoce di fondi stranieri, che rischiano di spostare all’estero le fasi più promettenti dello sviluppo aziendale.
Il ruolo (mancante) degli investitori istituzionali
La timidezza degli investitori istituzionali è un ulteriore freno alla crescita del mercato VC. In Italia, i fondi pensione e le assicurazioni sono poco presenti nel capitale dei fondi VC, anche per via di vincoli regolamentari e culturali. Negli Stati Uniti e in molti paesi europei, invece, questi soggetti rappresentano una delle principali fonti di capitali per il venture capital.
A frenare ulteriormente è la mancanza di una normativa favorevole all’investimento in capitale di rischio illiquido
A frenare ulteriormente è la mancanza di una normativa favorevole all’investimento in capitale di rischio illiquido. Solo nel 2021, con la nascita dei FIA PIR Alternativi, è stato introdotto uno strumento ad hoc, ma l’utilizzo resta limitato.
Le difficoltà di uscita: pochi “exit” e mercati poco liquidi
Il terzo fattore critico riguarda le opportunità di “exit” per gli investitori. In Italia il numero di acquisizioni di startup è contenuto, e la borsa italiana è poco attrattiva per le imprese innovative: poche IPO, scarsissima liquidità e capitalizzazione ridotta.
Nel 2022, il numero di IPO su Euronext Growth Milan è stato inferiore a dieci, contro le decine registrate su mercati equivalenti in Francia o nei paesi nordici. Inoltre, le startup italiane raramente raggiungono dimensioni tali da rendere un’uscita attrattiva per investitori di scala.
Un sistema frammentato e poco integrato
Le difficoltà strutturali si riflettono in un ecosistema frammentato. Gli attori – startup, investitori, acceleratori, università – operano spesso in modo disconnesso. Mancano piattaforme e programmi di matching efficaci, e i processi di selezione e supporto alle startup non seguono standard condivisi.
Questo rallenta l’efficienza del mercato, riduce la qualità dei deal flow e ostacola la costruzione di relazioni fiduciarie tra startup e investitori. Inoltre, le barriere geografiche e culturali frenano la crescita di un mercato veramente nazionale.
Le startup innovative: un bacino in crescita ma ancora fragile
Nel 2022 si contavano in Italia oltre 14.000 startup innovative iscritte al Registro delle Imprese, in aumento rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, la maggior parte di queste realtà è molto piccola: oltre il 50% ha meno di tre addetti e un fatturato inferiore a 100.000 euro.
Nel 2022 si contavano in Italia oltre 14.000 startup innovative iscritte al Registro delle Imprese, in aumento rispetto agli anni precedenti. Tuttavia, la maggior parte di queste realtà è molto piccola: oltre il 50% ha meno di tre addetti e un fatturato inferiore a 100.000 euro.
Questo conferma una crescita numerica, ma non ancora una piena maturazione dell’ecosistema. Il divario tra quantità e qualità delle iniziative resta elevato, anche a causa della carenza di competenze manageriali e di modelli di business scalabili.
Il sostegno pubblico: fondamentale, ma non sufficiente
L’intervento dello Stato è stato determinante per la nascita del mercato VC italiano. CDP Venture Capital è oggi uno dei principali operatori, con decine di fondi e programmi attivi lungo l’intera catena del valore. Anche i programmi come Smart&Start, Resto al Sud, e il Fondo Nazionale Innovazione hanno avuto un impatto positivo.
Tuttavia, l’eccessiva dipendenza dal capitale pubblico può diventare un rischio: la sostenibilità del mercato nel lungo periodo richiede un maggior coinvolgimento di capitali privati, nazionali e internazionali.
Il confronto con Francia e Germania
L’analisi comparativa mostra che in Francia e Germania il mercato del VC è più sviluppato grazie a:
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una maggiore densità di startup deep tech e università con capacità di trasferimento tecnologico;
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fondi più capitalizzati e in grado di fare follow-on;
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una presenza strutturale di investitori istituzionali;
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mercati borsistici più liquidi;
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un ecosistema coeso e ben coordinato.
Il ruolo degli attori pubblici in questi paesi è stato centrale, ma ha avuto una funzione “abilitante” piuttosto che “sostitutiva” del mercato privato.
Proposte e leve di sviluppo
Il report identifica alcune direttrici per rafforzare il mercato VC italiano:
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Favorire la creazione di startup deep-tech, potenziando le università e i centri di ricerca;
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Attrarre capitali istituzionali attraverso incentivi fiscali e norme più flessibili;
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Ampliare il ruolo dei mercati finanziari, rendendo più attrattiva la quotazione di startup;
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Rafforzare il coordinamento tra attori dell’ecosistema, creando piattaforme condivise di scouting, accelerazione e investimento;
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Promuovere la cultura imprenditoriale, con percorsi formativi dedicati al venture capital e all’innovazione.
Uno scenario in evoluzione
Nonostante le criticità evidenziate, ci sono segnali incoraggianti. Il 2021 e il 2022 hanno segnato un record per gli investimenti in VC, anche se l’effetto post-pandemia e il clima macroeconomico hanno poi rallentato la crescita. Cresce il numero di startup internazionali che scelgono l’Italia per espandersi, e si moltiplicano i casi di successo.
Il mercato italiano del venture capital è quindi in una fase di transizione: da ecosistema emergente a sistema maturo. Per completare questo percorso sarà necessario un cambio di passo nella governance del settore, nella cultura finanziaria e nelle strategie di innovazione del Paese.
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