Roma, 4 dicembre 2024 – Centoquaranta milioni per sostenere l’editoria giornalistica, presidio fondamentale a garanzia di una informazione plurale e di qualità. Sono due gli emendamenti in discussione alla Camera destinati ad un settore attraversato da profonde innovazioni tecnologiche e di mercato. Il primo è stato firmato dagli esponenti di Forza Italia e prevede un intervento di 136,6 milioni. L’altro porta la sigla del Pd, per una spesa complessiva di 145,6 milioni di euro. Entrambi gli interventi rimediano ad una grave dimenticanza della legge di Bilancio che, nella versione approvata dal governo, non prevede nessun intervento a favore del settore.
La premier Giorgia Meloni
Per comprendere a fondo l’ingiustizia di questa evidente svista è sufficiente, infatti, fare qualche semplice raffronto. All’editoria sarebbe destinato un settimo delle risorse stanziate dall’esecutivo per il cinema, la lirica, la danza e i circhi (un miliardo e 60 milioni per il 2025) e addirittura un millesimo di quello che lo Stato ha speso per coprire i crediti fiscali del Superbonus 110%, che ha scaricato sul bilancio pubblico un macigno di 123 miliardi di euro. Una sproporzione abnorme. Ma non è solo una questione di giustizia o di equilibrio fra i diversi settori economici.
I circa 140 milioni che verrebbero stanziati nel 2025 con gli emendamenti in discussione, darebbero infatti linfa vitale a una filiera che oggi si compone di editori, reti di vendita, distributori, radio, tv. Un intero ecosistema dentro il quale non solo ci sono posti di lavoro e un’economia vitale per il Paese, ma c’è anche un presidio fondamentale per dare ai cittadini un’informazione di qualità e contrastare il fenomeno pericoloso delle fake news.
Inoltre, il venir meno di un’informazione capillare sul territorio, farebbe cessare il rapporto tra il cittadino e le istituzioni politiche ed amministrative: la stampa con la sua offerta di informazione autorevole, attendibile e verificata è un presidio essenziale per la libertà e un pilastro della vita democratica. Per garantire tale ruolo le imprese che operano nell’informazione cartacea e nella Rete devono poter disporre di risorse adeguate: il sostegno pubblico è volto a sostenere l’attività editoriale di quotidiani e periodici in osservanza del principio del pluralismo dell’informazione, con particolare riguardo alle voci informative radicate nelle realtà locali e con una visione rivolta all’evoluzione del mercato editoriale verso il digitale.
“Da quando sono Presidente della Fieg – commenta Andrea Riffeser – i tre governi che si sono succeduti hanno sostenuto l’editoria con forza e determinazione. Forza e determinazione che sono oltremodo ancora necessarie”. E il numero uno degli editori ricorda anche che, nel governo Draghi, anche Fratelli d’Italia che all’epoca era all’opposizione, aveva appoggiato gli interventi a favore dell’editoria. Interventi che, tra l’altro, guardano al mercati e al riassetto dell’intera filiera.
I fondi richiesti sono destinati a garantire un’offerta di informazione di qualità, cartacea e online, con un contributo rapportato alle copie vendute e agli utenti dei siti di informazione professionale, a incentivare gli investimenti orientati all’innovazione tecnologica e alla transizione digitale nel settore dell’editoria (quotidiani, periodici, agenzie di stampa e imprese radiofoniche e televisive) e a sostenere la rete di vendita e di distribuzione della stampa, in particolare nei piccoli comuni e nelle aree sprovviste di edicole. Un fatto è certo: dare fondi all’editoria giornalistica significa sostenere il pluralismo, valore fondante del funzionamento della democrazia.
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