Elezioni in Germania, una speranza per l’Europa

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Per cercare di dare ordine alla confusione che regna sotto i cieli, senza per questo poter dire con Confucio che “la situazione è eccellente”, concentriamoci prima sulla nostra Europa, chiamata ad accogliere un giorno nell’Unione Europea l’Ucraina, aggredita dalla Russia e tradita da Donald Trump.

E nell’Unione Europea cominciamo da una Paese chiave: la Germania che, domenica 23 febbraio ha vissuto un momento importante con le elezioni legislative anticipate, a seguito della crisi della coalizione che dal 2021 stentava a governare il Paese, con alla guida un cancelliere senza carisma, il socialdemocratico Olaf Scholz, incerto su tutto, insieme con Verdi e liberali, tutti severamente puniti dal voto.

La Germania è arrivata al voto zavorrata da una crisi economica che l’ha vista in recessione, orfana  dell’energia russa, rallentata negli scambi commerciali con la Cina e da sempre fiduciosa nella protezione americana, all’origine di una crisi politica che ne ha frammentato il quadro istituzionale, come annunciato a più riprese dalle elezioni regionali dove salivano inarrestabili i consensi per l’estrema destra con nostalgie naziste, ma anche ali radicali a sinistra: altrettanti rischi per una futura precaria composizione del Parlamento nazionale. 

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Non va dimenticato che l’alta soglia di sbarramento, il 5% del totale dei consensi per l’accesso al Parlamento, pesa sull’attribuzione dei seggi, a seconda di quante formazioni minori riescono a superare la soglia, sottraendo seggi ai partiti più importanti. 

E di qui bisogna cominciare per valutare i risultati. L’accesso in Parlamento delle ali più radicali di sinistra è forse la prima sorpresa, non essendo una sorpresa il successo dell’estrema destra di Alternativa per la Germania (AFD), come non è una sorpresa la sconfitta dei liberali che, con la sinistra di Bsw, non hanno superato la soglia di sbarramento, lasciando liberi seggi per i partiti maggiori. 

Sederanno quindi in Parlamento, per ordine di seggi conquistati, i conservatori di Friedrich Merz, probabile futuro cancelliere,  con un non esaltante 28,5% dei consensi, seguiti da Alternativa per la Germania, ormai secondo partito, con il 20,8%; si posizionano a distanza i socialdemocratici in caduta libera con il 16,4%, diversi punti sotto i Verdi con l’11,6%%, indietro ma in forte progressione la sinistra di Linke, con l’8,8%. 

A conti fatti risulta adesso praticabile la tradizionale “Grosse Koalition” tra conservatori e socialdemocratici, con 328 seggi rispetto alla maggioranza richiesta di 316: una coalizione più gestibile della precedente, anche se fragile per i numeri di seggi e distante sugli orientamenti politici, ma sostanzialmente convergente nel sostegno all’Unione Europea, anche se non necessariamente alla compatriota Ursula von der Leyen, forse una variabile di rilievo.

A questo proposito resta da chiedersi quale sarà l’impatto della Germania per il futuro del processo di integrazione europea, tenuto conto che si tratta di un attore importante che potrebbe ridiventare centrale grazie ad una ritrovata intesa con la Francia, che insieme guardano alla alleata Polonia, con aperture verso Spagna e Paesi nordici, in attesa che l’equilibrista Italia decida finalmente da che parte stare. 

Potrebbe aiutare la Germania in questa direzione l’offesa di Musk all’elettorato tedesco con la sua invasione di campo in campagna elettorale e il tradimento di Trump all’Ucraina, raggiungendo così la tradizionale riserva della Francia sul rapporto con gli USA e forse superandola in materia di difesa comune: l’annuncio da parte di Merz di un impegno tedesco per una “difesa europea indipendente” e la ventilata possibilità di poter contare da parte della Germania sull’ombrello nucleare francese – e, perché no? – di quello britannico, la dice lunga sulla ricomposizione delle alleanze provocata dalla brutalità imperiale di Trump. 

Per l’Unione Europea potrebbe essere un buon viatico, del quale ha urgente bisogno nei giorni difficili che si annunciano.

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