Pensioni 2025, arriva il riscatto dei contributi non versati, anche per lavoro nero o gi� in prescrizione: novit� INPS

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Il lavoratore che abbia periodi di contribuzione obbligatoria non versati dal datore di lavoro può versarli all’Inps, anche dopo la prescrizione, per chiedere la costituzione della rendita vitalizia per quei periodi. Lo spiega l’Inps con la circolare n. 48 del 24/02/2025, con cui illustra le ultime modifiche alla disciplina della rendita vitalizia contemplata dall’art. 13 della L. n. 1338 del 1962, avvenute tramite l’art. 30 della L. n. 203 del 2024 (c.d. Collegato Lavoro). Modifiche che – si puntualizza – sono entrate in vigore lo scorso 12 gennaio.

Nella specie, l’art. 13 della L. n. 1338/1962 prevede che – ferme restando le disposizioni penali – il datore di lavoro che abbia omesso di versare contributi per l’assicurazione obbligatoria invalidità, vecchiaia e superstiti e che non possa più versarli per sopravvenuta prescrizione, può chiedere all’INPS di costituire una rendita vitalizia reversibile, pari alla pensione o quota di pensione che spetterebbe al lavoratore dipendente in relazione ai contributi omessi.
La costituzione di rendita vitalizia è, quindi, lo strumento per rimediare all’inadempimento datoriale dell’obbligazione contributiva e ai danni che ne siano potuti derivare al lavoratore. Essa consente, previa esibizione di prove rigorose, di versare un onere a copertura dei periodi di lavoro la cui contribuzione sia stata omessa e che non sia recuperabile per il decorso dei termini di prescrizione.

Ma questo strumento può essere attivato solo dal datore di lavoro?

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No, è questa la novità. Come chiarito dall’Istituto previdenziale, la costituzione della rendita vitalizia, per effetto delle modiche apportate dal Collegato Lavoro, potrà essere richiesta:


Dunque, sia il datore di lavoro o i suoi aventi causa, che il lavoratore o i suoi superstiti possono essere ammessi alla costituzione di rendita vitalizia reversibile, a condizione che forniscano la prova dell’effettiva esistenza e durata del rapporto di lavoro, della qualifica rivestita dal lavoratore e delle retribuzioni percepite.

A decorrere dall’entrata in vigore della legge n. 203 del 2024 – spiega l’Inps – si introduce “un nuovo diritto, spettante esclusivamente al lavoratore e ai propri superstiti, di chiedere la costituzione della rendita vitalizia, con onere interamente a proprio carico, per i contributi omessi dai datori di lavoro e prescritti“. Il nuovo diritto – prosegue l’Inps – è attribuito al lavoratore “in via esclusiva e non sostitutiva del datore di lavoro, e sorge solo quando sia prescritto il diritto di chiedere la rendita vitalizia, ovvero quando la rendita vitalizia non possa più essere richiesta all’Istituto né dal datore di lavoro né dal lavoratore in sostituzione del datore di lavoro“.

Sul piano operativo, si evidenzia, nella circolare citata, la necessità che le Strutture territoriali, nell’esaminare le domande di costituzione della rendita vitalizia, tengano presente che la prescrizione decennale inizia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, ovvero dal giorno di scadenza del termine di prescrizione dei contributi che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare e non ha versato (data di prescrizione del credito contributivo dell’INPS).
L’esistenza del rapporto di lavoro deve essere dimostrata attraverso documenti di data certa, redatti all’epoca in cui si svolgeva il rapporto (buste paga, libretti di lavoro, lettere di assunzione o di licenziamento, libri paga e matricola, altri documenti attinenti al rapporto di lavoro dichiarato). La documentazione deve essere prodotta in originale o in copia conforme debitamente autenticata.

Il legislatore ha, infatti, inteso impedire la costituzione di posizioni assicurative fittizie; l’esistenza del rapporto di lavoro non deve apparire solo verosimile, ma risultare certa (cfr. Corte costituzionale n. 26/1984 e n. 568/1989). La durata del rapporto di lavoro, la continuità della prestazione lavorativa e l’ammontare della retribuzione possono essere provati con altri mezzi, anche verbali (testimonianze).

La circolare INPS 29 maggio 2019, n. 78 riepiloga i principi inderogabili della disciplina di questo istituto. I documenti – si puntualizza innanzitutto – devono avere attinenza con il rapporto di lavoro a cui l’istanza si riferisce e non devono essere di formazione esclusiva del beneficiario; l’Istituto previdenziale deve sempre valutare forma e contenuto intrinseco della documentazione, nel contesto complessivo dell’istruttoria e dei riscontri. Sulla base di tale attività valutativa, l’esistenza effettiva e la natura del rapporto di lavoro in discussione devono risultare obiettive e certe e non meramente plausibili, verosimili o presumibili. Laddove, a seguito della predetta attività valutativa, restino margini di incertezza, ambiguità, spazi aperti a diverse interpretazioni sulla riferibilità del documento al rapporto di lavoro in discussione, alla sua effettività o alla sua natura, l’istanza non può essere accolta.

Infine, la documentazione, datata e debitamente sottoscritta da colui che ne è l’autore, deve essere completa in ogni sua parte e integra, priva di abrasioni, alterazioni o cancellazioni tali da far presumere che sia stata precostituita allo scopo di ottenere il riscatto.





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