La sinistra italiana ammette poco poco il problema

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28 febbraio 2025 – L’Italia sta vivendo una crescente insicurezza causata da una criminalità che ha radici ben più profonde di quanto qualcuno sia disposto ad ammettere. Per anni, la sinistra italiana ha minimizzato il problema, liquidandolo come un fenomeno marginale o, peggio, come una narrazione xenofoba. Oggi, però, anche una parte della sinistra europea inizia a guardare con attenzione al modello di gestione dell’immigrazione adottato dal governo Meloni. Eppure, nonostante questa tardiva presa d’atto, ci sono ancora forti resistenze interne che frenano il cambiamento, a partire dalla magistratura, che si intromette nelle politiche migratorie, impedendo un vero e proprio ripristino della legalità e della sicurezza.

La sinistra finalmente ammette, ma in modo parziale e tardivo

L’opposizione italiana, che per anni ha minimizzato il fenomeno della criminalità legata all’immigrazione, ha finalmente iniziato a riconoscere, seppur in modo parziale e tardivo, che qualcosa sta andando terribilmente storto. Una presa d’atto che, però, non è mai accompagnata da un sincero mea culpa. Anzi, la sinistra continua a cercare di non “dare ragione” alla destra, evitando di riconoscere pienamente il disastro sociale causato dal permissivismo e da politiche di accoglienza indiscriminata.

Un esempio emblematico è l’onorevole Davide Faraone, ospite ieri di Del Debbio su Rete 4, che ha criticato il governo per non riuscire a fermare la criminalità. Ma Faraone è lo stesso politico che, anni fa, correva con altri esponenti della sinistra a salire sulle navi delle ONG per accogliere i clandestini, attaccando il governo con la retorica dell’”accoglienza a tutti i costi”. La sinistra, in quegli anni, si lanciava in vere e proprie gare di solidarietà apparente, sfidandosi a chi fosse il primo a imbarcarsi sulle navi per farsi fotografare come “salvatore”. Il problema? Che questa mentalità non ha mai risolto nulla, ma ha solo incentivato il traffico di esseri umani e generato un modello di illegalità diffusa.

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La cordata progressista arrivò persino a mandare a processo un ministro della Repubblica, colpevole solo di aver cercato di difendere i confini nazionali e applicare le leggi dello Stato. Un caso senza precedenti, che ha creato un precedente pericoloso: in Italia, si può essere perseguiti non per aver violato la legge, ma per aver cercato di applicarla con rigore.

Il risultato di questa politica disastrosa è sotto gli occhi di tutti. La quasi totalità dei clandestini arriva in Italia sapendo di avere una copertura politica e ideologica. Non è un caso che quasi tutti gli sbarchi avvengano qui e non altrove: il nostro Paese è considerato una terra di nessuno, dove la giustizia è facilmente aggirabile e la politica è troppo debole per opporsi seriamente.

Ormai, è chiaro che di buono in questa gestione dell’immigrazione non c’era nulla. Non si trattava di umanità, ma di una macchina costruita su un sistema che ha favorito bande criminali e trafficanti di esseri umani, che hanno sfruttato la debolezza italiana per costruire un vero e proprio business della clandestinità.

E non è finita qui: chi arriva in Italia lo fa senza documenti, senza identità e con la consapevolezza che potrà aggirare il sistema senza conseguenze reali. Tanto che, anche se accoltelli qualcuno, il massimo che rischi è una denuncia a piede libero. Il sistema di giustizia italiana è talmente fragile che persino un tentato omicidio diventa un episodio “superabile”.

Il modello Meloni: la soluzione che inizia a essere riconosciuta anche in Europa

La sinistra europea, sempre più attenta ai fallimenti delle politiche migratorie europee, comincia a guardare con interesse al modello Meloni, che punta a fermare le partenze alla fonte attraverso accordi con i Paesi di origine e transito. Queste politiche si sono dimostrate più efficaci di quanto avessero mai previsto i critici: la fermezza nell’impedire gli sbarchi è un passo verso un’immigrazione legale e controllata, che riduce il numero di migranti irregolari e il traffico di esseri umani. Le recenti intese con la Tunisia e l’Albania sono esempi concreti di come l’Italia stia cercando di riprendere il controllo della propria politica migratoria, evitando che il Paese diventi il “porto d’Europa” per chiunque decida di entrare illegalmente.

Tuttavia, il governo italiano si trova a fronteggiare non solo le difficoltà esterne, ma anche ostacoli interni che impediscono un cambiamento reale e duraturo.

Una parte di magistratura politicizzata: un ostacolo all’efficacia delle politiche di sicurezza

In Italia, un altro fattore frena il progresso: l’interferenza della magistratura, che spesso si trova a entrare nel merito di decisioni politiche, trasformando questioni legate alla sicurezza in battaglie ideologiche. Alcuni giudici, invece di limitarsi al loro ruolo di garanti della legge, sembrano voler decidere quali politiche il governo può adottare, interferendo su tematiche come la gestione degli sbarchi e l’espulsione degli immigrati irregolari.

Un esempio lampante di questa interferenza è la decisione di alcuni magistrati di bloccare espulsioni ordinarie o di annullare provvedimenti che, seppur legittimi, non corrispondono al loro orientamento politico. Questo fenomeno non ha nulla a che vedere con la giustizia, ma con una vera e propria politicizzazione della giurisprudenza, che mira a sostituirsi al Parlamento, l’unico organo legittimato a legiferare.

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Il rischio di un’Italia paralizzata dalla politica e dalla giustizia ideologica

Il modello Meloni, pur se criticato aspramente da molte forze politiche e giudiziarie, ha il merito di voler ripristinare l’ordine e la legalità. Ma il rischio che corre l’Italia oggi è che venga bloccato proprio nel momento in cui si appresta a varare una politica più efficiente. La continua interferenza della magistratura, che di fatto si sostituisce alla politica, rischia di paralizzare il Paese, impedendo che vengano adottate leggi necessarie per la sicurezza e la gestione dell’immigrazione.

L’Italia ha il dovere di proteggere i propri cittadini, di garantire la sicurezza e di difendere i propri confini. Per farlo, però, deve essere libera da interferenze politiche mascherate da giustizia. Solo così potrà affrontare con decisione il problema dell’immigrazione, restituendo ai cittadini il Paese che meritano: sicuro, governato e rispettoso delle leggi.





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