Il nucleare ingenera omertà. La minaccia di distruzione con l’uso militare viene tralasciata nelle cronache sulle atroci guerre in atto e dei rischi nell’uso civile si preferisce non parlare. Zaporiyia è un caso emblematico e il tenente colonnello Petrov un eroe dimenticato (Laura Tussi)

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La crisi ambientale è seria e occorrono soluzioni serie e non semplici slogan. Si traccheggia quando gli scienziati sostengono che restano 10 anni per evitare collassi ecologici, quindi sociali, su scala globale! Gli avvertimenti non mancano, come del resto non erano mancati riguardo alla tempesta pandemica che abbiamo attraversato

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La situazione climatica e l’ingiustizia sociale si aggravano e si amplificano i conflitti e le guerre nel mondo che prevedono armi convenzionali. Ma presto si potrebbe passare all’uso di armi nucleari. In particolare gli Stati Uniti d’America vantano un programma di bombe con potenza intermedia. I cittadini devono essere al corrente di tutto questo. Negli Stati Uniti si è predisposta una commissione parlamentare per consigliare l’esecutivo sulla strategia di difesa nei prossimi anni, mentre Cina e Russia vengono presentati come i principali nemici degli USA e quindi il congresso consiglia all’esecutivo di dotarsi di mezzi per la guerra contro Russia e Cina, con il progetto di varie nuove bombe, di tutti i tipi.

Il contesto nel quale viviamo è caratterizzato, a causa della NATO, da una ininterrotta corsa al riarmo, al momento soprattutto convenzionale.Ecco il testo con le virgolette al posto dei caporali e senza altre indicazioni grafiche:

Il Sipri è il più autorevole istituto indipendente di ricerca e analisi sulla sicurezza globale. Ha tirato le somme: l’anno scorso si sono spesi in armamenti 2.443 miliardi di dollari, pari a 2.293 miliardi di euro. Mai così tanti. L’equivalente del 2,3% del Prodotto interno lordo globale. L’incremento è stato del 6,8% in un anno: mai così alto dal 2009. Sempre per la prima volta dal 2009, la spesa è aumentata in tutte le cinque regioni geografiche. “Non c’è zona del mondo in cui le cose siano migliorate” osserva Nan Tian, ricercatrice del Sipri.

Di conflitti, in quella che papa Francesco ha definito la Terza guerra mondiale a pezzi, se ne contavano già parecchi – nelle periferie africane e asiatiche della geopolitica – ma negli ultimi due anni sono scesi direttamente sul campo di battaglia Stati dotati dell’arma nucleare quali la Federazione Russa e Israele. Supportato, il primo, da forniture provenienti da altre due potenze militari: la Corea del Nord, nucleare, e l’Iran che si prepara a diventarlo. A proposito di Pyongyang, sulla spesa militare dello Stato più segreto al mondo non esistono cifre ufficiali. E quindi la Corea del Nord non figura in classifica: secondo stime statunitensi, spenderebbe per la difesa il 16% del Pil che però equivale a meno di 5 miliardi di euro l’anno, trattandosi di un Paese decisamente povero.

Le classifiche degli Stati più militaristi
In valore assoluto, i 15 Stati che nel 2023 hanno speso di più sono, nell’ordine: Stati Uniti (860 miliardi di euro, +2,3% rispetto al 2022), Cina (278 miliardi, +6%), Russia (102 miliardi, +24%), India (78,6 miliardi, +4,2%), Arabia Saudita (71,2 miliardi, +4,3%), Regno Unito (70,4 miliardi, +4,3%), Germania (62,8 miliardi, +9%), Ucraina (60,9 miliardi, + 51%; inoltre ha ricevuto 32 miliardi di aiuti), Francia (57,6 miliardi, +6,5%), Giappone (47,2%, +11%), Corea del Sud (45 miliardi, +1,1%), Italia (33,3 miliardi, -5,9%), Australia (30,3 miliardi, -1,5%), Polonia (29,7 miliardi, +75%) e Israele (25,8 miliardi, +24%). Gli Stati Uniti coprono da soli il 37% della spesa mondiale e il 68% di quella della Nato.

Ma se si va a guardare quanta della propria ricchezza ogni Stato spende in armamenti (rapporto spesa militare/Pil), fatta eccezione per il presunto 16% della Corea del Nord, la più militarista appare comprensibilmente l’Ucraina (37%), seguita da Algeria (8,2%), Arabia Saudita (7,1%), Russia (5,9%), Oman (5,4%) e Israele (5,3%).
Negli ultimi dieci anni, i 5 Stati che più hanno incrementato la propria spesa militare risultano, oltre all’Ucraina (+1.272%): Polonia (+181%), Danimarca (+108%), Romania (+95%) e Finlandia (+92%). Quattro su cinque, Paesi confinanti con il blocco Russia-Bielorussia o con l’Ucraina.

Dall’Italia l’1,6% del Pil. La spesa Ue aumentata del 50% dal 2014
Se è vero che la spesa militare italiana nell’ultimo anno ha subito una flessione, dal 2014 è aumentata del 31% risultando pari all’1,6% del Pil. A livello di Unione Europea, si sono spesi quasi 295,2 miliardi di euro: +20% sul 2022, +50% in dieci anni. Gli europei coprono il 28% della spesa dei 31 Paesi della Nato, che ammonta a 1.260 miliardi (55% del totale mondiale).

“Stiamo subendo le conseguenze di un approccio militarista alle relazioni internazionali e alle emergenze globali, imposto dai Paesi del Nord” denuncia Rete Pace Disarmo, ricordando anche “i danni ambientali” derivanti dai conflitti e dalla militarizzazione, mentre sono forti le pressioni per arrivare al 2% del PIL da parte sia degli USA, della UE e della NATO che della lobby interna dei produttori di armi che vede il suo storico leader Guido Crosetto, già presidente della Confindustria delle armi, guidare da due anni il Ministero della Difesa.

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Il nucleare civile e militare, i due fratelli gemelli

Intanto la lobby nucleare sta manovrando per inserirsi nel processo delle conferenze internazionali sul clima (le COP) e per far classificare quella atomica tra le energie pulite. In particolare in Europa si prospetta un sistema basato sull’energia nucleare, in quanto bassa emettitrice di CO2, come soluzione al problema climatico, nascondendo i suoi legami intrinseci con il sistema militare. Dunque il movimento ambientalista deve affrontare queste tematiche e soprattutto la questione nucleare, che – con atteggiamento possibilista – attualmente si tende a considerare divisiva. Il nucleare militare non occupa la ribalta perché il nocciolo duro del potere ama nascondersi: ad esempio i mass media presentano le gravi crisi di Iran e Corea del Nord come problemi locali e lontani. Al contrario la minaccia e l’emergenza nucleare sono forti, attualmente più che durante la guerra fredda.

Questo fa trapelare il vero problema: il nucleare civile e militare sono ormai due fratelli gemelli, e per questo rappresentano insieme una questione allarmante di emergenza e minaccia mondiale. Anche il nucleare civile è un grave problema anche se è poco evidente e mediaticamente non ‘appariscente’ a livello globale, in quanto se ne parla solo in concomitanza con i gravi disastri come ad esempio Fukushima e Chernobyl. Infatti tutti i poteri coinvolti – e specialmente il cosiddetto quarto potere – ricevono finanziamenti dalle grandi lobby del nucleare.

Il nucleare civile è ‘apprezzato’ da media e politici nei vari paesi perché pretende di essere esente da emissioni di anidride carbonica. La soluzione al problema climatico è un problema complesso, e non possiamo affidarci ai facili slogan di chi prospetta una decarbonizzazione che dovrebbe essere completa entro il 2025, magari anche grazie all’utilizzo del nucleare. Mentre per gli accordi della Cop21 di Parigi, la decarbonizzazione completa è prevista per il 2050, senza nucleare.

Il rischio di una tragedia nucleare in un impianto sotto costante minaccia

Un esempio drammatico della possibilità che gli impianti nucleari civili si trasformino di fatto in detonatori di tragedie devastanti e senza ritorno è rappresentato dalla centrale nucleare di Zaporiyia, la più grande d’Europa, continua a essere un epicentro di tensioni nella guerra tra Russia e Ucraina. Da quando le forze russe l’hanno occupata nel marzo 2022, il sito è diventato una minaccia costante per la sicurezza nucleare mondiale. Bombardamenti, blackout, difficoltà nel mantenere i livelli di sicurezza e la militarizzazione dell’impianto pongono seri rischi di un disastro con conseguenze incalcolabili per l’Ucraina e per l’Europa intera.
La centrale di Zaporiyia, situata sulle rive del fiume Dnepr, ospita sei reattori nucleari e immagazzina una grande quantità di scorie radioattive. Nonostante sia attualmente sotto il controllo russo, è gestita da personale ucraino che lavora in condizioni di enorme pressione. L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) ha ripetutamente espresso preoccupazione per la sicurezza della struttura, sottolineando che qualsiasi attacco o incidente potrebbe causare una catastrofe nucleare pari, se non superiore, a quella di Chernobyl o Fukushima.

Uno dei principali pericoli riguarda l’alimentazione elettrica della centrale: il sistema di raffreddamento dei reattori dipende dall’elettricità, e ogni interruzione prolungata potrebbe portare alla fusione del nocciolo. Negli ultimi mesi, si sono verificati ripetuti blackout, alcuni causati da attacchi militari, altri dalla precarietà delle infrastrutture sotto costante stress bellico.

Un’esplosione o una grave fuga radioattiva a Zaporiyia potrebbe avere effetti devastanti ben oltre i confini ucraini. Le particelle radioattive trasportate dal vento potrebbero contaminare vaste aree dell’Europa orientale e centrale, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica, sull’agricoltura e sull’ambiente. Un disastro di questa portata paralizzerebbe la regione per decenni, rendendo inabitabili intere zone e costringendo centinaia di migliaia di persone a evacuare.

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L’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno più volte sollecitato la smilitarizzazione dell’area attorno alla centrale, chiedendo la creazione di una zona di sicurezza sotto il monitoraggio internazionale. Tuttavia, finora, i negoziati non hanno prodotto risultati concreti.

Esperti e organizzazioni per la sicurezza nucleare chiedono misure urgenti per evitare il peggio. Tra le proposte più immediate vi sono il ritiro delle truppe dall’area della centrale, il ripristino delle linee elettriche e il rafforzamento della presenza dell’AIEA per garantire un monitoraggio continuo.

La guerra in Ucraina ha già causato immense sofferenze umane e distruzioni, ma un incidente nucleare a Zaporiyia avrebbe conseguenze inimmaginabili. La comunità internazionale deve agire con determinazione per prevenire una catastrofe che potrebbe segnare irrimediabilmente il futuro del continente europeo.

Attualmente sono previste, in sostituzione delle B 61 a caduta verticale, le B 61-12, teleguidate e trasportabili dagli F35. Il pilota ne può regolare la potenza nucleare allo stesso modo delle mini bombe sempre made in USA. Questi programmi in sistemi di comando e controllo difettosi possono innescare una guerra nucleare.
Attualmente sono stanziati Euromissili in cinque Stati europei. Nella situazione tedesca, vi è una forte presa di posizione per il ritiro delle bombe nucleari B 61. Infatti in Germania, Buchel, una base aerea analoga a Ghedi in Italia, diventerebbe la nuova Comiso.

Un eroe troppo spesso dimenticato: il tenente colonnello Petrov che evitò una tragedia nucleare e di conseguenza la Terza Guerra Mondale

Stanislav Petrov (nella foto), tenente colonnello dell’esercito sovietico, con il suo eroismo ha salvato il mondo dallo scoppio della Terza Guerra Mondiale. Il 26 settembre 1983 ha il turno di notte: nel bunker Serpukhov 15 deve controllare i dati che vengono inviati dai satelliti che spiano i movimenti degli armamenti statunitensi. D’un tratto i suoi schermi gli indicano che cinque missili intercontinentali sono partiti da una base nel Montana.

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Petrov sa benissimo ciò che deve fare nel caso di un attacco nucleare preventivo da parte degli USA. Sa che, dopo la comunicazione ai superiori, l’allarme lanciato percorrerà la scala gerarchica e porterà in pochi minuti alla massiccia operazione di rappresaglia: partiranno missili balistici sufficienti a distruggere obiettivi strategici in Inghilterra, Francia, Germania Ovest e Stati Uniti.
Era un periodo di grandissima tensione tra le due superpotenze. All’inizio del mese un caccia sovietico aveva abbattuto un aereo di linea sudcoreano che, per errore, era penetrato nello spazio aereo dell’URSS: erano morte tutte le 269 persone a bordo. Pochi mesi prima il Presidente Reagan aveva coniato l’espressione “Impero del Male” e annunciato il programma delle guerre stellari. Si programmava il dispiegamento dei missili Pershing in Europa. Al Cremlino c’era Yuri Andropov che si era convinto che gli USA stavano preparando un attacco, un primo colpo nucleare. Oggi gli storici ricostruiscono quel periodo come il momento di maggiore rischio per l’umanità: forse ancora peggiore della crisi dei missili a Cuba.

Ma Petrov non era convinto. Perché solo cinque missili? Sapeva quale fosse il suo compito, ma pensò che un attacco preventivo, tale da scatenare la Terza Guerra Mondiale, e per di più atomica, non sarebbe mai potuta partire con soli cinque missili.
E nello spazio di pochissimi secondi prese la decisione più importante della sua … e delle nostre vite!
Interpretò il segnale come un errore del satellite. Gli storici scrivono che ciò che il satellite sovietico interpretò come il lancio di cinque missili balistici intercontinentali dalla base nel Montana era in realtà l’abbaglio del sole riflesso dalle nuvole.
In questi ultimi anni il tenente colonnello Stanislav Petrov ha ricevuto molte onorificenze; nel resto del mondo, ma non in patria.

Tuttavia egli affermò sempre di non considerarsi un eroe, di aver fatto ciò che gli sembrava più logico. I suoi superiori non la pensarono così: fu obbligato ad andare in pensione anticipatamente, ebbe un esaurimento nervoso per lo stress. La sua storia è venuta alla luce solo molti anni dopo, anche perché, come ama dire lui, “in fondo, ho deciso solo di non fare niente!”.
In onore del tenente colonnello Stanislav Evgrafovic Petrov l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha introdotto nel 2013 la Giornata Internazionale per l’eliminazione totale di tutte le armi nucleari, che viene celebrato ogni anno il 26 settembre.

Laura Tussi

Fonte: Archivio Disarmo

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Bibliografia essenziale:
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Resistenza e nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni.
Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Memoria e futuro, Mimesis Edizioni. Con scritti e partecipazione di Vittorio Agnoletto, Moni Ovadia, Alex Zanotelli, Giorgio Cremaschi, Maurizio Acerbo, Paolo Ferrero e altri





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