Un nuovo ordine mondiale?

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Il 20 gennaio scorso
Donald Trump ha prestato giuramento di fedeltà alla Costituzione degli Stati
Uniti, diventando il quarantasettesimo presidente della nazione più ricca e
influente del mondo. Ed è iniziata l’epoca in cui prospettare un nuovo ordine
mondiale, riscrivere i diritti delle persone e dei popoli.

Al potere ci sono uomini
ricchi, poco avvezzi alla democrazia, sostenuti da un largo consenso popolare,
a significare, forse, che molti sono stanchi della libertà e che affidano le
loro sorti e le sorti di tutti all’uomo forte. La democrazia è faticosa, tiene
conto della dignità di ogni persona, non cerca scorciatoie per gestire il
potere, le idee anche contrarie sono il sale che le dà sapore.

Occorre saper ascoltare e
dialogare se si vuole difendere la libertà e insieme il vivere democratico.
Altrimenti si corre il rischio di una società con uomini di serie A (i pochi
che comandano e i loro amici) e di serie B (tutti gli altri). Già si vedono i
primi segnali: la concessione della grazia o la riduzione della pena a più di 1500
condannati per l’assalto al Campidoglio del gennaio 2021, il ritiro degli USA
dall’organizzazione mondiale della sanità e dall’accordo di Parigi sul clima,
minacciato l’introduzione di dazi del 25% al Messico, al Canada e probabilmente
anche all’Europa e abolito il diritto di cittadinanza per nascita.

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E infine quello che ha
fatto più riflettere è stato l’imboscata tesa al presidente dell’Ucraina, dopo
averlo fatto passare per dittatore e responsabile della guerra nel suo Paese.


L’immagine dell’espulsione sui voli di stato di immigrati clandestini
ammanettati ha improvvisamente cambiato l’immagine degli Usa, terra di libertà
e diritti, senza peraltro che si sia provveduto a un nuovo programma di
gestione dell’immigrazione e della sua integrazione. L’obiettivo che Trump si
pone è di riportare la pace in Ucraina e a Gaza.

Ma quale pace? Esportando
due milioni di persone per creare una nuova “costa azzurra” o depredando uno
stato già stremato da tre anni di guerra dei beni del sottosuolo? L’Europa,
purtroppo, è divisa, incapace di parlare con una voce unica diventando sempre
più ininfluente. Tuttavia è probabile che non tutto quello che Trump ha
promesso o minacciato potrà realizzarsi. Il mondo non accetterà il sorgere di
una “democrazia illiberale”, dove il potere non vorrà aver nessun controllo e
ci saranno diritti cancellati.

Quello che dovrebbe
preoccupare i cristiani è, secondo il mio parere, anche il ricorso a Dio per
giustificare il proprio potere. Negli Stati Uniti non è la prima volta che
accade. Il neo presidente si presenta come il Messia, che Dio stesso avrebbe
protetto e salvato dall’attentato perché portasse a termine la sua missione in
America e nel mondo. Anche Bush, andando a distruggere l’Iraq, diceva di
«piangere sulla spalla di Dio». Insomma succede – e non solo in America – di
usare da parte del potere la religione come sgabello, mettendo Dio a garante di
ogni scelta. Solo che non è possibile chiamare al proprio servizio il Dio della
Bibbia, perché «rovescia i potenti dai troni ed esalta gli umili». Insomma è
difficile capire chi è il Dio dei potenti, di chi governa. O forse no, perché è
il dio da loro immaginato, a loro immagine e somiglianza.

Il Dio biblico, il Dio di
Gesù è stato bene interpretato dalla coraggiosa vescova anglicana Mariann Budde, che ha chiesto a Trump
di «avere misericordia delle persone che ora hanno paura». In particolare dei
clandestini, «che scappano da guerre, violenze e miseria»: «la maggioranza
degli immigrati non sono criminali». Non si può aver dubbio alcuno che Dio si
schieri dalla sua parte.

Già nell’Antico Testamento
aveva ordinato a Mosè di andare a
«liberare il popolo» schiavo in Egitto; s’era messo al suo fianco, combattendo
insieme il Faraone e donando una difficile libertà a Israele. Fra parentesi va
detto che dopo qualche tempo, forse qualche generazione Israele, vedendo che le
sue speranze e i suoi sogni non si realizzavano, sperimentando la fatica di
rimanere liberi, ha cominciato a rimpiangere «le cipolle dell’Egitto», la vita
da schiavi, perché vi trovava maggior sicurezza e faticava di meno per trovare
cibo da mangiare. È una tentazione che gli uomini hanno vissuto fin dall’inizio
della storia. Come sempre dipende da tutti da che parte stare, «o la resa di
questa caduta della storia, o la resistenza e la costruzione di una vera
comunità internazionale di diritto con una umanità indivisa» (Raniero La Valle, Rocca n.4/2025).   





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