Sensori autonomi e biodegradabili, l’idea di una startup veneta

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“In molti settori si utilizzano congegni pieni di sensori in grado di raccogliere e mandare dati a distanza per i più svariati utilizzi, ma spesso le applicazioni sono limitate dal fatto che per funzionare e durare a lungo richiedono molta energia. I nostri dispositivi sono progettati per ridurre al minimo l’impatto sull’ambiente, eliminando la necessità di sostituire frequentemente le batterie o di continuare a ricaricarli”. A parlare è Carlo Sam co-fondatore di Innoitaly, startup nata dall’iniziativa di cinque fondatori: Michele Carlet, Davide Brunelli, Roberto La Rosa, Roberto Santolamazza e Carlo Sam.

Fondata a fine 2023 a Codogné (Treviso), e insediata in Progetto Manifattura, l’hub di Trentino Sviluppo dedicato alla green technology, Innoitaly fornisce soluzioni avanzate per il monitoraggio ambientale, con un focus su sostenibilità, efficienza e riduzione dei costi. Nello specifico, progetta e produce sensori e dispositivi wireless a indipendenza energetica, con intelligenza artificiale integrata.

“Abbiamo brevettato sensori e dispositivi elettronici wireless che non usano batterie perché sono capaci di ricavare l’energia dall’ambiente in vari modi”, spiega a Green&Blue il co-fondatore e direttore marketing Carlo Sam. “Il metodo più rivoluzionario è quello dell’utilizzo di celle a combustibile microbiche, in grado di catturare l’energia dai batteri che si trovano nel terreno: un prodotto che nel suo genere sarà tra i primi al mondo ad arrivare sul mercato, ed è il frutto della collaborazione con i ricercatori dell’Università di Trento e del Dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli”.

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Il team dei fondatori di Innoitaly: Michele Carlet, Davide Brunelli, Roberto La Rosa, Roberto Santolamazza e Carlo Sam 

Il sensore di dimensioni molto ridotte (2,5×2,5×2 centimetri) è in grado di funzionare con un solo decimetro cubo di terra. Basta invece un metro cubo di terra per generare un watt di potenza elettrica che già di per sé è in grado di alimentare una lampada a basso consumo.

“Il potenziale per il settore dell’agritech è enorme, anche in ragione della scalabilità del sistema”, dice Sam. “Ad esempio, una delle applicazioni allo studio con un produttore di mele è quello di alimentare una piccola fotocamera in grado di scattare una foto ogni minuto per identificare gli insetti che si posano sulle piante. Anziché inviare le foto in alta risoluzione sul cloud, come fanno sistemi alternativi per questo motivo molto energivori, i nostri dispositivi elaborano le foto a bordo del sensore, grazie all’intelligenza artificiale integrata, e sono in grado di mandare al produttore solo le informazioni sul tipo di insetti identificati. Questa operazione che richiede pochissima energia, ricavabile appunto anche dal terreno, consente di lasciare i sensori in una coltivazione per anni senza preoccuparsi del relativo approvvigionamento energetico”.

Energia ricavata dall’ambiente

Quando si parla di energia ricavata dall’ambiente la soluzione più ovvia che viene in mente poi è quella dei pannelli solari. Anche in questo caso l’azienda ha un approccio innovativo: utilizza mini e micropannelli, che anziché essere realizzati in vetro e silicio come quelli tradizionali, sono costituiti da una base di PET (il materiale usato per le bottiglie di plastica) flessibile, sopra cui viene stampata con materiale organico la parte che genera elettricità. “Questa soluzione consente di riciclare i pannelli una volta a fine vita insieme alla plastica in maniera veramente veloce e sostenibile. Tuttavia non basta, ed è per questo che stiamo lavorando per produrre pannelli solari e altri componenti elettronici a base 100% organica”.

Gli altri metodi attraverso cui i sensori della startup sono in grado di generare l’energia dell’ambiente sono lo sfruttamento delle vibrazioni prodotte ad esempio dal passaggio di veicoli sui piloni di un viadotto, il differenziale termico, vale a dire la differenza di temperatura che si produce tra l’esterno e l’interno delle finestre, e ancora il recupero delle onde elettromagnetiche che si trovano nell’etere.

Applicazioni in agricoltura, infrastrutture, gestione dei rifiuti

Le applicazioni di Innoitaly non si limitano al settore agricolo, “anche perché i nostri dispositivi non soltanto sono modulari e possono essere combinati tra loro, aspetto che li rende incredibilmente versatili, ma sono in grado anche di inviare i dati ai satelliti a bassa orbita, cosa che è attualmente molto difficile da fare con strumenti a consumo zero”.

La variegata sensoristica collocata in questi device permette di tenere sotto controllo macchinari industriali nell’ottica di predire eventuali guasti e anticipare la manutenzione, operare per il monitoraggio dell’ambiente in modo da prevenire valanghe, incendi boschivi o contrastare il dissesto idrogeologico, grazie al fatto che una volta installati non ci si deve preoccupare di cambiare con frequenza le batterie.

“Un’applicazione emergente è quella che riguarda le opere d’arte”, spiega Sam. “Diversi musei ci stanno chiedendo questi congegni non soltanto perché sono in grado di verificare più puntualmente i parametri di preservazione su ogni singola opera, anziché nell’ambiente in cui essa si trova, e che riguardano temperatura, umidità, quantità di luce e spettro, per capire se è colpita da raggi infrarossi o ultravioletti in grado di danneggiarla, ma anche perché sono in grado di monitorare quante persone si fermano davanti ad essa, così da alimentare soluzioni per adattare i percorsi dei visitatori in tempo reale in base all’affluenza e al movimento e alla permanenza dei visitatori nelle varie sale”.

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Altre possibilità poi sono quella del monitoraggio della raccolta rifiuti, soprattutto in città dove si prelevano da cassonetti posizionati in strada (i congegni sono in grado di indirizzare i camion di raccolta solo verso i cassonetti pieni, evitando spreco di energia) e del telerilevamento dell’integrità strutturale di opere ingegneristiche, come nel caso dei viadotti in cui i sensori di Innoitaly posti sui piloni, non sono soltanto in grado di ricavare energia dalle vibrazioni, ma possono anche analizzarle – mediante algoritmi sofisticati – se vi sono eventuali anomalie da attenzionare per evitare danni o cedimenti strutturali.

“La nostra soluzione, qualsiasi sia il tipo di applicazione, porta anche un altro enorme vantaggio, che è quello di abbattere i periodici costi di manutenzione dei dispositivi stessi, che solitamente aumentano con il numero di sensori utilizzati”.



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