La calabresità – AgoraVox Italia

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La Calabria precorre i tempi, è avanti su tutto, anche riguardo l’Autonomia Differenziata. La riforma è già attuata intra territorio, credo lo fosse da ancora prima che esistesse l’Ente regione.

Rispetto alle altre, la regione Calabria testimonia oltre che la sua bellezza misterica, anche come l’essere autonomi e differenziarsi crei esclusività, per questo risultato, grande spinta, ha dato l’adottato concetto del “fidelizzare”: è considerata una parola sacra, come la fede calcistica negli stadi, ancor più considerato sacro è il con chi fidelizzare, le modalità da perorare per ampliare giardini di frutteti di ogni specie, boschi e vigneti, facendoli brillare come canne al vento nel verde erba dei sentieri, i cui profumi inebriano, determinando dipendenza.

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Il primato in cui eccelle la calabresità, è quello della similpolitica, produzione di esclusività, declinante ogni buon senso, mentre la Politica Matura, di servizio al popolo, al territorio e al Bene Comune, viene tenuta distante, nell’indifferenza generale, come fosse rifiuto umano, e si fa di tutto per mantenere l’esclusività dello status quo. È autonoma la calabresità nella similpolitica, cioè gestisce e amministra in assoluta autonomia di interesse particolare enti Regione, Provincie, Comuni, forgiati da reti di differenza tra chi (li) vota e chi vive rassegnato. Permane autonoma nel raccomandare, dietro dazio, propri favoriti, nel garantire appalti pubblici, foraggiare progetti farsa creati da fantasie locali, assecondando faccende grembiuline e strette di mano paonazze. Indifferente al Bene Comune, ai servizi e bisogni della gente che solo in apparenza attenziona per fare scena, e quando opera per qualche evento che fa passare per culturale, a distrazione di masse, proclama il suo amore incatenandosi alla sedia del potere come fosse legame indissolubile, patto di sangue, battesimo inscindibile. È da considerare la qualità e il privilegio di questa similpolitica calabrese: non è cosa per tutti essere autonomi dal popolo, antesignani di un sentimento sociale auto-celebrativo e familista.

La calabresità differenziata è da prendere a modello, soprattutto per la modalità con cui i cittadini esercitano/o non esercitano, il diritto di voto. Ecco: in Calabria i cittadini sono chiamati a votare per scegliere chi è stato scelto a differenziarsi dal servizio pubblico per renderlo cosa privata, enti Comunali docet, è nei piccoli Comuni amministrati come cosa privata che si specchia il quadro del ‘grande sistema’.

Nel particolare si può verificare che:

  • sanità, è autonoma, nel senso ‘curati’ da solo. È gestita intra poteri ‘non meglio definiti’, a nocumento della salute pubblica, quella non interessa, anzi troppe volte ci si deve accontentare di sopravvivere senza curarsi, e pregare Dio di morire senza dolore;
  • giustizia: implica il fai da te, in autonomia poiché, silenziando, rende prima, rende meglio e non costa, se non a chi viene tacitato; lavoro: dissimulato a convenienza, ma l’aria è buona da respirare come la bellezza che deve saziare mani scarne, nell’indifferenza totale della desertificazione territoriale che non accorgendosi della unicità della propria Regione, decide di partire barattando l’autonomia di cui gode per diventare dipendente;
  • scuola: di ogni ordine e grado, reggono in autonomia le politiche locali, indottrinando gli studenti alla relatività del sapere, purché si inciampi sui campi di calcetto in assenza di palestre multi sport;
  • trasporti: unico rischio è rimanere fermi, impantanati, l’autonomia non fa solidarietà, quest’ultima, piuttosto, si fa strumento per intercettare fondi pubblici e costituire reti di circoli privati autonomi. Strade pericolose, dissestate, totem piazzati a segnare padronanza -primordiale modo con cui gli animali marcano il loro territorio -, sono la cornice di una straordinaria differenza intra locale e nazionale; le littorine dei treni poi, fanno tanta tenerezza, quasi chiedono di essere spinti per andare avanti, e molte tratte non sono pervenute. La vetta dell’autonomia si raggiungerà con il progetto del ponte che legherà a più stretto rapporto Calabria e Sicilia, anch’essa Regione autonoma, e unirà suv con traffici più moderni. Di aeroporti e aerei se ne solo sogna, e questa è la strategia: favorire i sogni. Allora ti domandi: come il turismo potrà raggiungere la Calabria e i suoi incantevoli luoghi? La calabresità differenziata te lo fa capire in mille modi: non ne abbiano bisogno, bastiamo noi!
  • Comunicazione: autoreferenziale, lasciata alle compiacenze, agli improvvisati di una informazione non informata, ai delegati del sapere non saputo, alla manipolazione, ma capace di differenziare con l’auto-celebrazione, rendendo vero il falso e falso il vero, purché si aprano reti in cui irretire alla propria autarchia, un’alchimia di puro servizio pubblico manovrato. Rientra come strategia il non rispondere a domande poste, l’ignorare il popolo, mancare al dovere della responsabilità etica cui un amministratore della cosa pubblica è tenuto. È anche questo il bello dell’autonomia che differenzia, segna la distanza dalla responsabilità;
  • valorizzazione del merito: non pervenuto, in nessun ambito; la strategia è mantenere “in riserve” i propri talenti; mondo sociale: è noto che un esercizio del ‘volontariato’ intra appartenenza pro locale genera irrilevanza per la comunità allorquando si confonde con il babysitteraggio, avallato da enti pubblici, eludendo impegni di costrutto effettivo che valorizzino il territorio. Quando si persiste in uno stadio di mancanza di idee che non si discostano dalle tavolate e dal falso marketing, l’inettitudine svilisce il senso dell’impegno sociale, ma permette il mantenimento dello status quo: ignorare la conoscenza del proprio territorio crea un danno inestimabile;
  • i riti: quelli ancestrali costellano come pianeti rotanti le eccellenze del territorio proiettandone mistero con laute leggende, marchi sonanti le congiunture astrali, e i castelli fatati.

Un’autonomia così raffinata quale altra Regione in Italia potrà vantarla?!

Occorre essere provvisti di grande ironia per sopravvivere alla calabresità differenziata. Continuo a credere di essere parte di una Nazione, l’Italia, credere che una Calabria bella c’è, negli anfratti nel misticismo che la alberga, e che riuscirà a venire fuori in tutta la sua potenza umana, con coraggio e generosità, edificandosi al costrutto operoso, surclassando la pietosa realtà degli, come ben definisce Papa Francesco, ‘inutili idioti’ che remano contro al Bene Comune, alla libertà, alla visione di un futuro possibile, all’innovazione, al senso di Comunità, alimentando staticità, folklore, circoli chiusi, soprattutto silenzi.

Il mio auspicio è che il popolo di Calabria scopra la bellezza del termine ‘indignazione’ da palesare verso quanti frenano alla bellezza dell’esistenza dignitosa: ponendo domande, manifestando capacità critica, si affronta la realtà, ci si oppone alla cultura sistemica che ingabbia nella mediocrità. Si torni a credere nella poesia che alimenta la Politica Matura, la giustizia sociale, cambiando l’attuale sistema relativista, poiché: Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona. (Matteo 6, 24).

Per un cambiamento socio-politico reale occorre consapevole senso del sacro.

 

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