Dal 2005 i grandi impianti industriali dell’Unione Europea che rilasciano nell’atmosfera gas ad effetto serra non possono funzionare se non dispongono di quote di emissione, ovvero di «autorizzazioni» ad inquinare. Queste quote, che equivalgono ciascuna a 1 tonnellata di CO2 (o di altri gas ad effetto serra equivalenti, come metano, protossido di azoto, gas fluorurati, ecc) possono essere acquistate nell’ambito di aste pubbliche che si tengono nei vari stati membri e poi eventualmente scambiate. Il meccanismo che regola questo «mercato» di quote di emissione si chiama EU ETS (Emissions Trading System dell’UE).
SI TRATTA DI UNA PIETRA MILIARE della politica climatica dell’UE che si basa sui meccanismi di flessibilità di mercato introdotti con la sigla del (fallimentare) Protocollo di Kyoto nel 1997.
È stato il primo ad essere stato introdotto a livello mondiale ed è ancora il più grande dei 36 mercati del carbonio oggi operativi che insieme coprono il 18% delle emissioni globali, secondo l’International Carbon Action Partnership.
L’ETS EUROPEO, IN VIGORE NEI 27 STATI membri più Islanda, Liechtenstein e Norvegia, copre circa il 36% delle emissioni dell’insieme degli Stati (dati 2022) e riguarda gli impianti industriali di generazione di elettricità e calore, e alcune tipologie di industrie particolarmente energivore o inquinanti come raffinerie di petrolio, cementifici, acciaierie, produttori di vetro, ceramica, alluminio, carta, prodotti chimici organici e altri (circa 10 mila impianti, dei quali un migliaio in Italia). Dal 2014 copre anche le emissioni dell’aviazione civile (ma solo per i voli interni all’EU), mentre per il trasporto marittimo andrà a regime nel 2026.
POICHE’ L’OBIETTIVO E’ la decarbonizzazione, l’ETS fissa un tetto alle emissioni, cioè determina una quantità massima di CO2 ammessa ogni anno, che corrisponde ad un certo numero di quote disponibili: sta ai «grandi emettitori» decidere se acquistare le quote, oppure investire in soluzioni per la decarbonizzazione, in base al prezzo dei permessi che trovano sul mercato.
SE IL PREZZO DELLE QUOTE E’ PIU’ ALTO dei costi da sostenere per ridurre le emissioni, alle aziende conviene vendere le quote per finanziare investimenti a basse emissioni. Inoltre, le aziende sono incentivate a inquinare di meno e ad investire in efficienza energetica: aumentandola possono ridurre le proprie emissioni e quindi vendere sul mercato le quote che avranno in eccesso per realizzare un guadagno. Se le aziende soggette all’ETS emettono più CO2 rispetto alle quote di emissione che possiedono vanno incontro a una multa pari a 100€ per ogni tonnellata di CO2 in eccesso.
CON UN MECCANISMO DETTO cap-and-trade, ogni anno il numero di permessi che vengono rilasciati si riduce progressivamente. Tra il 2021 e il 2030, il numero di quote era destinato a diminuire ad un tasso annuo del 2,2%, ma la Legge europea per il clima, entrata in vigore nel 2021, ha introdotto ulteriori strette: per rispettare l’obiettivo che l’UE si è data per il 2030, le quote dovranno diminuire ad un ritmo doppio, meno 4,3% all’anno fino al 2027 e poi meno 4,4% fino al 2030. Nel caso dell’Italia, il numero di quote messe all’asta nel 2023 è stato di 53,3 milioni, la stima per il 2026 è di 45,6 milioni, per 2030 di 38 milioni.
IL MECCANISMO POTREBBE funzionarese e quando il prezzo delle quote fosse congruo: dal 2005 al 2020, tra fase di avvio, contraccolpi della crisi del 2008, generosa distribuzione di quote gratuite, eccessi di offerta e flussi di quote internazionali (carbon credit extra EU generati da altri meccanismi previsti dal protocollo di Kyoto) anch’esse scambiabili (ora non più), il prezzo delle quote è stato così basso (inferiore ai 10 euro, fino a zero), che è stato del tutto inefficace.
C’E’ VOLUTA L’ENTRATA IN VIGORE della Riserva stabilizzatrice del mercato nel 2019, che ha regolato l’offerta delle quote, visto che la «mano invisibile» non ha funzionato, per ristabilire un po’ di ordine e far decollare il prezzo delle quote che dal 2020 non hanno fatto che salire, dai 24,61 €//tonnellata di CO2 (prezzo medio ponderato del 2019) ai 75€ attuali (media gen/febbr 2025).
DAL 2027 IN EUROPA AL EU ETS si affiancherà l’ETS2, un meccanismo simile che coprirà i combustibili fossili usati nei trasporti e negli edifici (caldaie) e in altri settori industriali non coperti dall’ETS. I consumatori finali vedranno l’effetto dell’ETS2 al distributore e nelle bollette. Se il prezzo della CO2 dovesse superare i 45 € a tonnellata, le autorità interverranno per regolare il rapporto domanda/offerta con quote supplementari. I proventi delle aste dell’ETS2 devono essere utilizzati per politiche climatiche e misure sociali a sostegno delle fasce medio-basse e delle piccole e medie imprese, più esposte ai rincari in bolletta. Una parte degli introiti, infatti, andrà a finanziare il Fondo sociale per il clima. Secondo gli analisti di Bruegel, l’Italia nel periodo 2027-32 potrebbe introitare 40 miliardi, di cui 7 da versare al Fondo sociale.
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