Avanti sulla riforma della Giustizia, l’Anm pensa alla mobilitazione

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Politica

di Giuseppe Ariola





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Bene il confronto e il dialogo con le parti interessate, che legittimamente esprimono le proprie posizioni, ma la riforma della giustizia va avanti per la sua strada. Senza alcun indugio o ripensamento e, si spera, in tempi rapidi. È questa in sintesi la posizione del governo, ribadita a più riprese anche ieri nel corso dei faccia a faccia ospitati a Palazzo Chigi con i vertici dell’Unione delle Camere Penali prima e con l’Associazione nazionale magistrati dopo. In particolare, per quanto attiene alla misura più discussa della riforma, quella della separazione delle carriere, la stessa premier Giorgia Meloni, nel corso dell’incontro con i penalisti, l’avrebbe definita come “un processo ineludibile”. Una linea assolutamente condivisa dagli interlocutori, tanto che il presidente dell’Ucpi, Francesco Petrelli, parlando con cronisti all’uscita di Palazzo Chigi, ha riferito di aver “invitato il governo ad andare avanti senza tentennamenti sulla via di una riforma fondamentale che restituisce ai cittadini il giusto processo attraverso l’istituzione, finalmente, di un giudice terzo come scritto nella nostra Costituzione”. Inoltre, per quanto riguarda gli altri tasselli della riforma, per l’Unione delle Camere Penali è importante che l’iter di approvazione della legge costituzionale “prosegua senza modifiche che alterino l’efficacia del sorteggio e le funzioni dell’Alta Corte disciplinare, presidi fondamentali per contrastare le degenerazioni correntizie”. Ma se con le camere penali il governo ha potuto riscontrare una certa sintonia, un’unione di intenti si potrebbe dire, con il sindacato dei magistrati la storia è stata completamente differente. Lo si è capito fin da subito, da quando la delegazione dell’Anm guidata dal presidente Cesare Parodi ha fatto il suo arrivo al vertice sfoggiando delle coccarde tricolore, lo stesso simbolo utilizzato in occasione della protesta inscenata durante le inaugurazioni dell’anno giudiziario e dello sciopero dei magistrati dello scorso 27 febbraio. Una circostanza abbastanza emblematica visto che la rappresentanza delle toghe si stava recando in uno dei luoghi simbolo delle nostre istituzioni, al cui ingresso sventola un grosso vessillo nazionale. Senza contare che voler fare a gara a chi ha il tricolore più grosso appare ridicolo, oltre che una sfida persa in partenza, dal momento che le stanze di Palazzo Chigi sono piene di drappi verdi, bianchi e rossi e che Giorgia Meloni – forse esagerando, forse no – non perde occasione per esaltare i valori e i principi dell’italianità, circostanza per la quale, a dirla tutta, è soggetta anche a critiche da parte dell’opposizione. Ad ogni modo, dopo l’ingresso teatrale alla ricerca di quel protagonismo che tanto nuoce alla giustizia italiana, tra spettacolarizzazione dei processi e sete di notorietà, il vertice ha preso il via alla presenza della presidente del Consiglio, dei vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, per concludersi dopo oltre due ore. Ovviamente, ognuno è rimasto sulle proprie posizioni circa la riforma della giustizia e l’unico elemento se vogliamo di novità è rappresentato dalla smentita della notizia, definita infondata sia da Meloni che da Nordio, secondo la quale il governo avrebbe voluto sottrarre ai pm il controllo sulla polizia giudiziaria. Una previsione che, oltretutto, non trova alcun riscontro nel testo della riforma che dopo il primo ok della Camera è adesso al vaglio del Senato. Inesistenti ipotesi strampalate a parte, il vertice si è incentrato anche su un documento in 8 punti redatto dall’Anm finalizzato a una giustizia “più rapida, più efficiente, più efficace, più vicina a quelle che sono le esigenze della gente”, come ha dichiarato Cesare Parodi lasciando la sede del governo. Un documento sul quale il governo ha mostrato “un grande interesse”, è stata la sensazione del numero uno dell’Anm, confermata anche da Palazzo Chigi che riferito della “disponibilità di aprire un tavolo di confronto sulle leggi ordinarie di attuazione della riforma della giustizia e sul documento in otto punti”. Un’apertura evidentemente considerata insufficiente dall’Anm che ha confermato l’intenzione di mobilitarsi in vista del più che probabile referendum con “manifestazioni di varia natura”. La conferma che la rivolta delle coccarde tricolore sia tutt’altro che conclusa.


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