Il video di Trump e Zelensky e il postmoderno

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Da giorni praticamente tutti si stanno esercitando nell’esegesi del famigerato e a suo modo brutale video dello Studio Ovale alla Casa Bianca, in cui Presidente, Vicepresidente e media bullizzano il povero Zelensky: e quindi l’obiettivo, come sempre avviene in questi casi – anche se ci viene spiegato che casi come questo in particolare non si danno, che il video virale dal primo minuto è storico e “rimarrà nella storia”, che ce ne ricorderemo per sempre, per tutta la vita, e questa profezia va pure detto ha un tono vagamente iettatorio… -, l’obiettivo dicevo è naturalmente quello di dimostrare sui social quanto la so lunga, quanto il sistema politico-mediatico a me non la fa, quanto raffinata e accurata è la mia analisi e quanto soprattutto è unica. Ok, va bene, evidentemente deve andare così per un bel po’. 

Il ruolo dei social media e delle immagini nella politica

A un certo punto, comunque, un attimo prima che partano i toni alti e minacciosi, le frasi ossessivamente ripetute di The Donald (“you don’t have the cards…”, “you don’t have the cards”), il presidente ucraino replica all’insinuazione del vicepresidente Vance sui ‘problemi con i coscritti’; e la replica consiste in una semplice quanto forse involontariamente velenosa domanda: “ma lei è mai venuto in Ucraina per vedere di persona i problemi che abbiamo? Dovrebbe venire una volta”.
La risposta è la seguente: “I’ve actually… I’ve actually watched and seen the stories”, cioè “in realtà ho guardato e visto le storie”.
Ricapitolando: il Vicepresidente degli Stati Uniti, il secondo uomo più potente d’America (e quindi del mondo), che ha a disposizione ogni sorta di informazione di prima mano, in primis gli efficientissimi servizi segreti e agenzie di intelligence del suo Paese, e che quindi se deve farsi un’idea precisa e accurata di una situazione in Ucraina o in ogni altra parte del globo ha ogni possibilità di riferirsi istantaneamente a fonti sicure, verificate, garantite e validate, quindi con possibilità prossime allo zero di essere fumose, inaccurate o pura e semplice disinformazione, in un incontro nell’ufficio più importante del pianeta su una delle due o tre questioni più importanti del pianeta in questo momento afferma candidamente e anche con una certa baldanza che ha guardato e visto le storie. Intendendo le storie su Instagram.

Donald Trump e Melania alla cerimonia di insediamento alla Casa Bianca

Il ruolo dei dettagli nella storia

Ora, è chiaro che questa cosa, questa frase occupa un paio di secondi e che subito dopo è successo il finimondo, una rissa in piena regola e in mondovisione; quindi, magari forse è comprensibile che sia in generale sfuggita. Ma, da un certo punto di vista, è molto più grave, inquietante e affascinante a modo suo di tutto il resto. È probabilmente il nucleo di questo video storico, di questa sceneggiata storica, e ha il vantaggio indubbio di essere posizionato immediatamente prima della lite, quindi di non essere neanche troppo contaminato dagli animi surriscaldati.
(Che poi, oltretutto, il senso o uno dei sensi di occuparsi di arte contemporanea e di opere d’arte contemporanea sta anche nell’accorgersi di questo tipo di dettagli gustosi). 

Artificio, realtà e finzione: la lezione di Calvino

Dunque: abbiamo almeno due visioni contrapposte, due visioni del mondo e della vita potremmo dire, quella del ‘è mai venuto di persona?’ e quella del ‘no, ho visto le storie’. Nel mezzo ci sono naturalmente altre visioni possibili e praticabili, che avrebbero originato altre risposte possibili (e che starebbero originando altri presenti possibili): no, ma ho intenzione di venire presto e di rendermi conto, di verificare di persona; no, ma alcuni nostri agenti esperti e solidi hanno verificato per me, e mi hanno fatto rapporto; no, ma ho ricevuto da varie fonti fidate una serie di informazioni verificate e oggettive; ecc. ecc. 
Invece, la visione del ‘ho visto le storie’, contrapposta a quella del ‘è mai venuto di persona?’ – la quale, posso capirlo, nel mondo altamente artificializzato e finzionalizzato di oggi e che quindi richiede livelli sempre più sofisticati di artificio/finzione può suonare un po’ troppo rude, realista e/o neorealista, quasi maleducata – si tuffa direttamente nel “mare della non-oggettività”, parafrasando Calvino.

Il concetto di verità nella società postmoderna

Apre cioè a scenari di interpretazione in base al quali non esiste e non può esistere alcuna verità non perché il postmoderno l’abbia abolita in qualche punto spaziotemporale degli ultimi quarant’anni, ma perché è il soggetto stesso a rifiutarla categoricamente, tenacemente; a preferirle versioni semplificate che puntellano idee preconcette, ciò che già è convinto di sapere; il soggetto dunque, pur avendo strumenti potentissimi per raggiungere la verità, preferisce e ama gli strumenti più scadenti, più a buon mercato, più a rischio di falsificazione, perché sono facili e perché non fanno altro che confermare fedelmente l’interpretazione preferita. Non so, ma a occhio direi che questa cosa mi sembra proprio il contrario dell’intelligence

Christian Caliandro

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