Innanzitutto, è necessario individuare il responsabile che, ai sensi dell’art. 2051 c.c., è colui che ha cagionato il danno delle cose possedute in custodia. Se il danno proviene, dunque, dall’appartamento di un condomino sarà lui stesso a provvedere alla riparazione del danno, con conseguente risarcimento a chi è stato leso.
La legge esclude il risarcimento danni solo se il danneggiante riesce a provare il caso fortuito.
Per caso fortuito si intende un evento imponderabile, imprevisto e imprevedibile: il verificarsi di un fatto che si inserisce improvvisamente nell’azione del soggetto. Tra gli esempi più usuali: un’alluvione che ha cagionato ingenti danni, un evento sismico che, provocando la rottura delle tubature, ha generato il danno da infiltrazioni anche al proprietario dell’abitazione sita al piano inferiore.
E se l’infiltrazione proviene da parti comuni?
Ebbene, in tal caso, l’amministratore di condominio dovrà porre in essere tutte le azioni necessarie per riparare i danni e risarcire dei danni subiti i condomini che siano stati lesi dall’infiltrazione avutasi. Sarà responsabile l’amministratore di condominio nel caso in cui le infiltrazioni siano conseguenti alla sua condotta negligente, non adempiendo ai doveri imposti dall’assemblea o, in generale, dalla legge. Tipico caso è quando, ad esempio, non vengono eseguiti i lavori di ordinaria manutenzione.
La responsabilità è imputabile all’appaltatore quando, invece, i lavori – ad esempio di ristrutturazione– non sono stati eseguiti a regola d’arte, per cui l’edificio risulta danneggiato.
Con la sentenza n. 2186/2024, il tribunale di Napoli ha affrontato in particolare la questione relativa all’obbligatorietà o meno della mediazione, quale condizione di procedibilità, nelle cause aventi a oggetto il risarcimento dei danni per infiltrazioni idriche subite da un condòmino e provenienti non solo dalle parti comuni.
La mediazione obbligatoria – si rammenta – è un istituto di risoluzione delle controversie alternativo alla tutela giurisdizionale, in quanto tale rientrante nelle Alternative Dispute Resolution – c.d. ADR – , in forza del quale le parti si rivolgono ad un soggetto terzo, detto mediatore, affinché le coadiuvi nella ricerca di un accordo, o eventualmente formuli egli stesso una proposta di accordo. Il riferimento normativo va individuato nell’art. 5 del D. Lgs. n. 28 del 2010.
I fatti
I comproprietari di un appartamento – sito all’ultimo piano di uno stabile condominiale – agivano in giudizio per il ristoro dei gravi danni da infiltrazioni di acqua piovana provenienti dal terrazzo soprastante, di proprietà esclusiva di un condomino e dal lastrico solare dello stabile condominiale. Né il condominio né il condomino si erano attivati per eliminare le cause. Quest’ultimo, anzi, declinava ogni responsabilità ed eccepiva l’improcedibilità della domanda per il mancato esperimento della mediazione di cui al citato art. 5 del D. Lgs. 28 del 2010.
La decisione
La controversia, avente ad oggetto i danni da immissioni ovvero da infiltrazioni, viene inquadrata dal tribunale campano nell’ambito dell’art. 2051 del codice civile, il che esclude l’applicabilità dell’art. 5 del D. Lgs. n. 28 del 2010.
Nel merito, concludono i giudici, la domanda giudiziale dei comproprietari è fondata e le eccezioni d’improcedibilità vengono rigettate. Inoltre, come accertato dalla relazione del consulente tecnico di ufficio (CTU), le infiltrazioni sono imputabili ad una cattiva manutenzione ordinaria delle parti convenute in giudizio, con la conseguenza che ai comproprietari spetta, oltre al risarcimento dei danni quantificati dal CTU, anche il rimborso delle spese di quest’ultimo, nominato nel corso del procedimento.
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