La prima sezione della Suprema Corte di Cassazione, nell’udienza tenutasi giovedì 12 dicembre, ha emesso le condanne definitive contro sette persone, ponendo così la parola fine sulla clamorosa inchiesta su un traffico irregolare di migranti nel Fucino iniziata nel 2009.
Al netto delle intervenute prescrizioni di alcuni reati, che hanno ridotto le pene e il numero di condannati rispetto ai processi di primo grado e di appello, le condanne emesse dalla suprema corte sono state comunque pesanti: si è in attesa delle motivazioni della sentenza, ma stando al suo dispositivo la figura che spicca tra i sette condannati e che farà più rumore è quella dell’imprenditore agricolo Luigi D’Apice.
Luigi D’Apice, 49 anni, è molto noto nel Fucino e non solo: Presidente della squadra di calcio “Fucense Trasacco” (attualmente è in testa alla classifica nel campionato regionale di Promozione girone A); Presidente dell’organizzazione di produttori “Opoa Marsia”; titolare con i suoi fratelli della azienda agricola “Lago d’Oro f.lli D’Apice”. Si tratta di un’azienda agricola che conta oltre 100 dipendenti e che nel Fucino è in forte espansione: il 6 aprile 2023, ha inaugurato in pompa magna un modernissimo stabilimento – il più grande d’Europa – per la lavorazione dei finocchi. Alla cerimonia inaugurale, tra le tantissime autorità istituzionali, politiche e religiose invitate, era stata ufficialmente annunciata tra i relatori anche la presenza del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida: la partecipazione del ministro, senza spiegazioni, è poi però venuta improvvisamente meno. Questo il comunicato diffuso nell’occasione e questo l’invito a quell’evento:
La Suprema Corte di Cassazione, dopo le condanne della sentenza di primo grado e di quella nel processo d’appello, nell’udienza di giovedì scorso ha condannato Luigi D’Apice a 4 anni e 8 mesi di reclusione e 660mila euro di multa, per i reati previsti dall’art. 12 comma 3 del Testo unico sull’immigrazione, inerenti “l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato”.
La Cassazione ha invece annullato le altre pene precedentemente inflitte al D’Apice nel processo d’appello per i reati previsti dall’art. 416 cp perché “promuovevano, costituivano, organizzavano, dirigevano un’associazione per delinquere finalizzata alla consumazione di una serie indeterminata di delitti connessi all’ingresso irregolare nel territorio dello Stato”: questo reato, infatti, è stato dichiarato estinto dalla Cassazione per intervenuta prescrizione.
Sempre per l’intervenuta prescrizione dei reati previsti nell’art. 416 cp, sono state annullate anche le relative pene inflitte in secondo grado ad altri due imputati, Driss Motahhir e M’Hamed El Yousfi: però la Cassazione per i reati residui ha condannato ciascuno di loro a 4 anni e 10 mesi di reclusione e 675mila euro di multa.
A Gianpiero Paris e Simone Ciccarelli sono stati invece inflitti 4 anni di reclusione e 180mila euro di multa ciascuno: per entrambi sono invece state annullate le pene inflitte in secondo grado per altri reati ora dichiarati estinti per intervenuta prescrizione.
Per quanto riguarda gli imputati Abderrahman Aaris e Bouzekri Aaris, la Suprema corte ha rigettato i loro ricorsi, condannandoli al pagamento delle spese processuali. In questo caso dovrebbero rimanere confermate le pene inflitte in secondo grado, che dovrebbero essere queste: 5 anni e 8 mesi di reclusione e 670mila euro ciascuno.
Infine, la Suprema Corte di Cassazione ha inoltre condannato gli imputati Abderrahman Aaris e Bouzekri Aaris, Driss Motahhir, M’Hamed El Yousfi e Luigi D’Apice a risarcire delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel processo dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, Naghmouch Abdelileh, assistito dagli avvocati Gianluca e Pasquale Motta.
Una storia durata 15 anni
L’inchiesta sul traffico irregolare di migranti nel Fucino prese le mosse nel 2009, quando in seguito ad alcune intercettazioni realizzate nell’ambito delle indagini antidroga della “Operazione Casablanca”, emersero elementi sul favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Secondo gli inquirenti il traffico d’immigrati sfruttava le falle burocratiche del Decreto flussi ed erano coinvolti sia italiani che stranieri: in Marocco c’era chi raccoglieva i soldi tra i disperati disposti a pagare in cambio della promessa d’ingresso in Europa, ad Avezzano si preparavano le pratiche e si trovavano gl’imprenditori agricoli disposti a presentare le richieste di manodopera.
Nel maggio del 2012 una spettacolare operazione di polizia e carabinieri portò all’arresto di 32 persone, di cui 10 in carcere e 22 ai domiciliari.
Nel giugno 2019 la Corte d’Assise dell’Aquila condannò 18 imputati a pene comprese tra i 3 e i 7 anni e sei mesi di carcere, oltre a svariate multe per milioni di euro, mentre altri 12 furono assolti.
Nel novembre 2023 la Corte d’assise d’Appello dell’Aquila ha ridotto il numero delle condanne e anche le rispettive pene: le condanne sono state confermate solo a 9 imputati, anche con riduzione delle pene per la decadenza e la riformulazione di alcuni reati, mentre gli altre 9 condannati in primo grado sono stati assolti in appello.
Il 12 dicembre scorso – con una ulteriore taglio dei reati contestati per intervenuta prescrizione – la Suprema corte di cassazione ha posto la parola fine.
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