VIDOR «La morte di Alex Marangon è conseguente a una caduta di 15 metri dalla terrazza dell’abbazia di Vidor. Il trauma cranico e l’emorragia toracica sono compatibili con l’impatto sul fondo roccioso del fiume. A questo punto delle indagini l’ipotesi che si sia trattato di un omicidio hanno perso molta consistenza».
Parole del procuratore di Treviso, Marco Martani, in merito alla relazione finale dell’autopsia effettuata dal medico legale Alberto Furlanetto, e depositata nei giorni scorsi in Procura, sul corpo di Alex Marangon, il barista 25enne di Marcon (Venezia) ritrovato senza vita nel Piave il 2 luglio dello scorso anno, due giorni dopo il decesso avvenuto nella notte tra il 29 e il 30 giugno mentre il giovane partecipava a un rito sciamanico all’abbazia di Santa Bona a Vidor (Treviso).
Il medico legale non esclude che alcune ferite al volto e al costato possano essere il risultato di una colluttazione prima della caduta, ma l’ipotesi più probabile, anche a fronte di quanto raccontato dai testimoni (che sostengono che Alex girava seminudo, quasi delirando dopo aver assunto l’ayahuasca, ndr), è che siano state provocate dalla vegetazione durante quella che Martani chiama «precipitazione» da un’altezza di 15 metri. Suicidio? «È una possibilità sulla quale, però, nutriamo qualche perplessità».
L’AVVISTAMENTO
Secondo il procuratore, è escluso il fatto che Alex possa essere sceso sul declivio che porta al Piave da solo («Era scalzo e non aveva alcun segno sotto le piante dei piedi»). Di certo c’è che per almeno 27 ore il corpo del 25enne è rimasto immerso in una pozza di qualche decina di centimetri d’acqua, posta verticalmente sotto il terrapieno dell’abbazia, prima di essere trascinato via dalla corrente quando la portata del fiume si è ingrossata a causa delle piogge. Che tra l’altro hanno lavato via ogni traccia di sangue presente sul greto. A riprendere il cadavere è stato un drone dei vigili del fuoco, utilizzato per le ricerche, alle 5.27 dell’1 luglio, un giorno dopo la notizia della scomparsa e un giorno prima del ritrovamento nella secca di Ciano del Montello, quattro chilometri più a valle. Mentre tutti stavano cercando Alex, il cadavere è sempre rimasto lì senza che nessuno se ne sia accorto.
Le immagini del drone erano state analizzate soltanto il 10 luglio, quando ormai il giovane era già stato ritrovato. Un’informazione che era in mano agli inquirenti da quasi 8 mesi, ma che è emersa soltanto ieri. Non solo: dopo la caduta (che sia stata accidentale, volontaria o provocata dall’assunzione di più sostanze stupefacenti) è stato accertato che Alex è morto nel giro di 20 o al massimo 30 minuti, e che comunque non si sarebbe potuto salvare. Troppo gravi il trauma cranico e l’emorragia toracica.
GLI ESAMI
Fondamentali, a questo punto dell’inchiesta, saranno i risultati degli esami tossicologici attesi entro fine marzo. Nel sangue di Alex erano già state trovate tracce di cocaina. C’è da capire se alla “Festa del Sol del Putamayo” organizzata da Andrea Zuin e Tatiana Marchetto, che prevedeva la partecipazione dei due “curanderi” colombiani Jhonni Benavides e Sebastian Castillo, il 25enne abbia effettivamente assunto l’ayahuasca (o anche altre sostanze) e che reazione possano avere avuto a livello di alterazione psicofisica. Il fascicolo, ancora iscritto per omicidio volontario per permettere delle indagini ad ampio raggio, potrebbe quindi mutare in morte come conseguenza di altro reato. «Se la cocaina è facile da reperire – ha sottolineato Martani – l’ayahuasca invece non è così comune. Se c’entra con la morte di alex e se qualcuno l’ha portata lo sapremo solo fra qualche settimana». «Parlare oggi di suicidio è un insulto verso di noi – hanno dichiarato i familiari di Alex attraverso il loro legale, l’avvocato Stefano Tigani – Continueremo a ricercare la verità in ogni sede giudiziaria».
Alex Marangon, il sit in davanti al tribunale di Treviso: «Verità per nostro figlio»
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