ROMA – Cambio al vertice dell’export italiano di vino.
Secondo l’analisi dell’Osservatorio Uiv sugli ultimi dati Istat con saldo al terzo trimestre di quest’anno, per la prima volta le bottiglie di spumante dirette all’estero (528 milioni) superano quelle di rossi e rosati (524 milioni) e allungano ulteriormente sui bianchi (460 milioni).
Un sorpasso destinato a consolidarsi alla luce di una corsa, quella delle bollicine italiane, che ha visto quintuplicare la propria produzione nel giro di vent’anni e che – secondo l’Osservatorio Uiv-Ismea – si appresta a infrangere la quota record di 1 miliardo di bottiglie entro la fine dell’anno, con 355 milioni di pezzi consumati in Italia e nel mondo solo per le Festività.
“Dei tanti traguardi raggiunti in questi anni dallo spumante – ha detto il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti – questo è tra i più significativi. Lo sparkling italiano vince sui competitor stranieri perché è pop e si rivolge a target trasversali, e perché in diversi casi è abbinabile a una tendenza cocktail che dagli Usa sta ormai diventando globale. Un successo del metodo Charmat ascrivibile in gran parte alla galassia Prosecco e alla sua gestione, per un’area che pur rappresentando solo il 6% del vigneto Italia oggi sta tenendo a galla il nostro export”.
È infatti lo spumante l’assoluto protagonista della crescita dell’export italiano di vino (quasi 6 miliardi di euro) registrata nei primi 9 mesi di quest’anno. Al netto dell’incremento in doppia cifra delle bollicine, in termini di volumi spediti nel periodo dal vigneto Italia si passerebbe infatti dal +3,4% complessivo a un +0,5%. In impennata anche il valore della categoria, che nel periodo sale a 1,7 miliardi di euro, il 29% del totale export del Belpaese. Secondo l’Osservatorio, l’Italia si sta quindi sempre più trasformando in uno Sparkling Wine Country, con gli spumanti già in testa rispetto a bianchi e rossi tricolori in numerosi Paesi: non solo più UK, ma anche Francia, Polonia e Repubblica Ceca, Spagna, Russia. Negli Stati Uniti (38% per i bianchi, 37% per gli spumanti), il sorpasso sarà cosa fatta per fine anno.
Secondo Uiv, la cosa più straordinaria – e che al contempo deve far riflettere – è che se dici spumante, non puoi che fare il nome di “Prosecco”. Non solo perché vale il 75% del totale spumante, ma anche perché il miliardo e 300 milioni di euro generato da gennaio a settembre viene da un fazzoletto di terra: 40.000 ettari circa sommando le tre denominazioni (Conegliano Valdobbiadene, Asolo e Prosecco Doc). Il 6% del totale a vigna nazionale che in termini di valore (+12%) rivendica il 22% dei 6 miliardi di export targato Italia.
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