Come cambierà l’economia della Cina con i dazi di Trump

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Spinta dai dazi di Trump, la Cina potrebbe rivedere le proprie politiche economiche e a puntare di più sullo stimolo alla domanda interna.

L’uragano Donald Trump sta costringendo il resto del mondo ad adattarsi, modificando scelte strategiche, economiche e diplomatiche. È così per l’Ucraina, scaricata di colpo dalla Casa Bianca, nella guerra contro la Russia. Oppure per l’Europa, alle prese con un riarmo generale, dettato dalla necessità di essere più autonoma possibile nel campo della difesa. Ma vale anche per la Cina, che potrebbe essere spinta dai dazi di Washington a rivedere le proprie politiche economiche.

Mercoledì, il premier cinese Li Qiang è intervenuto alla seduta annuale dell’Assemblea nazionale del popolo, il ramo legislativo del parlamento cinese, e ha presentato il piano economico del paese. Pechino è cosciente di “un ambiente esterno sempre più complesso e severo” che “potrebbe avere un impatto maggiore sulla Cina in settori quali il commercio, la scienza e la tecnologia”, ha avvertito Li. Il riferimento, velato, è proprio alle mosse di Washington.

GLI OBIETTIVI DELLA CINA

Pechino ha indicato dei propositi precisi in campo economico ma i programmi sul come raggiungerli sono carenti di dettagli, come sottolineato dal New York Times. Per l’anno in corso, il 2025, l’obiettivo di crescita è del 5%, stessa soglia degli ultimi due anni. Quest’anno, però, sembra essere una percentuale più ambiziosa rispetto al passato. L’altro obiettivo fissato è l’inflazione al consumo al 2%, in un paese in cui i prezzi scendono e regna la deflazione. E poi ci sono le spese militari. Li ha annunciato che quest’anno la voce Difesa aumenterà del 7,2%, arrivando a 1,78 trilioni di yuan (245 miliardi di dollari). Una spesa seconda solo agli Usa.

Il premier Li, nel suo discorso, ha esortato a “rendere la domanda interna il motore principale della crescita economica”. La priorità per la Cina, infatti, è rivedere il modello basato sugli investimenti, attenuare la crisi immobiliare e incrementare i consumi, come in realtà viene detto da diversi anni. Oggi la spesa delle famiglie cinesi rappresenta circa il 40% del Pil cinese, mentre nelle altre economie più sviluppate si attesta al 50/70%. E anche gli investimenti sono pari al 40% dell’economia di Pechino, una percentuale doppia rispetto agli Stati Uniti, ricorda Bloomberg.

SUSSIDI E SGUARDO ALLA TECNOLOGIA

Tra le poche indicazioni concrete annunciate, Li ha parlato di uno stanziamento di 300 miliardi di yuan di sussidi per invogliare la popolazione cinese ad acquistare auto elettriche, elettrodomestici e smartphone. Un programma già in atto da mesi. E poi ha annunciato un aumento simbolico delle pensioni minime mensili di 20 yuan (meno di 3 dollari), facendole arrivare a 143 yuan (una ventina di dollari).

Pechino ora vuole guardare ancora di più alla tecnologia. Il presidente Xi Jinping il mese scorso ha incontrato l’imprenditore miliardario Jack Ma, segnale evidente di come ora il governo guardi con occhio diverso lo sviluppo tecnologico. Specie dopo il successo della società di intelligenza artificiale DeepSeek. E infatti il premier ha posto tra le priorità del paese, a breve e a lungo termine, proprio la crescita dell’innovazione tecnologica.

LE CONSEGUENZE DEI DAZI AMERICANI SULLA CINA

I dazi americani al 20% potrebbero spronare la Cina ad agire. Il suo surplus commerciale ogni anno è pari a mille miliardi di dollari. E le esportazioni cinesi negli Usa valgono 400 miliardi di dollari all’anno. I dazi potrebbero frenare le vendite negli Stati Uniti e quindi far aumentare la domanda interna. Per farlo, però, la Cina deve anche implementare un mercato nazionale unificato, visto che all’interno dello stesso paese ci sono barriere commerciali locali e mercati frammentati.

SGUARDO ALL’EUROPA

Visti i dazi statunitensi e sebbene Pechino non sembri voler continuare a espandere all’infinito il suo surplus commerciale, prediligendo la crescita della domanda interna, un’alternativa sarà la ricerca e il rafforzamento di nuovi mercati. Come potrebbero essere diversi paesi europei. Il rischio che temono i produttori cinesi, secondo Reuters, è però quello di andare incontro ad altre guerre commerciali, poiché altri Stati si potrebbero sentire minacciati dai prodotti cinesi. E a quel punto sarebbero pronte ad alzare nuove barriere commerciali a difesa delle proprie industrie. In una spirale difficile da fermare.

Tuttavia, secondo Giuliano Noci, prorettore del Polo cinese del Politecnico di Milano, i dazi americani potrebbero diventare un assist per la Cina. “Pechino capisce infatti bene che la chiave per ampliare la propria influenza globale passa dal guadagnarsi il consenso dell’Europa, sfruttando la paura di un’America imprevedibile e il bisogno di un partner economico affidabile”, ha scritto sul Sole 24 Ore.



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