il mondo tra conflitti e speranza

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“In queste giornate che ci avvicinano al nuovo anno siamo attraversati da sentimenti contraddittori: da una parte il bisogno di condividere la speranza per un futuro di serenità e di pace, cui si affiancano le prospettive che le scoperte della scienza offrono all’umanità. Dall’altra la profonda preoccupazione di un tempo caratterizzato da guerre e violenze che rendono incerto l’orizzonte del mondo intero”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pochi giorni fa nel corso del tradizionale scambio di auguri con le alte cariche delle Istituzioni. Questo del 2024 è un Natale segnato dai conflitti armati, ben 56, il più alto numero dai tempi della seconda guerra mondiale, come emerge dall’edizione 2024 del Global peace index pubblicato dall’Institute for Economics & Peace. L’Indice misura lo stato di pace di 163 Stati e territori del mondo. dai dati emerge la fotografia di un mondo in crisi, al bivio, chiamato mai come oggi a scongiurare nuove guerre e a trovare la via della pace innanzitutto attraverso la diplomazia. Perché la guerra – ricorda Mattarella – “non è soltanto un inammissibile anacronismo fuori dalla storia: rappresenta la negazione dell’umanità”.

I dati del Global peace index 2024

Il divario tra i Paesi più e meno pacifici del mondo è oggi più ampio di quanto non sia mai stato negli ultimi 16 anni. L’Europa è la regione più pacifica del mondo e ospita otto dei dieci paesi più pacifici. La regione del Medio Oriente e del Nord Africa rimangono le regioni meno pacifiche del mondo. I conflitti, evidenzia il Rapporto, sono sempre più internazionalizzati, con 92 Paesi su 163 analizzati impegnati in conflitti oltre i loro confini. È il maggior numero mai registrato dall’avvio dell’Indice nel 2008. Tra i teatri di guerra più drammatici vi è il conflitto in Ucraina, che prosegue da oltre due anni, causando migliaia di vittime e milioni di sfollati. Altrettanto preoccupante è la situazione in Medio Oriente, con l’escalation tra Israele e Hamas, che ha visto crescere il numero delle vittime civili, soprattutto bambini. E l’allargamento del conflitto in Yemen, Libano e Siria. Un “incendio” ancora lontano dall’essere spento che rischia di allargarsi ulteriormente e con pesanti ricadute sull’Occidente. Ma non è solo il Medio Oriente a preoccupare. In Africa, le guerre dimenticate in Sudan e nella regione del Sahel continuano a mietere vite nel silenzio mediatico.

Schema: Global Peace Index

Il costo umano ed economico delle guerre

Lo scorso anno le guerre hanno causato 162mila vittime. I soli conflitti in Ucraina e Gaza sono stati responsabili di quasi tre quarti delle morti. L’Ucraina ne rappresenta più della metà, registrando 83.000 morti, mentre le stime per il conflitto in Palestina parlano di almeno 41mila morti. Oltre al costo umano, non è possibile sottovalutare anche il costo economico dei conflitti. La spesa globale militare nel 2023 è stata di 19 mila miliardi di dollari, con un aumento annuale di 158 miliardi di dollari. Al contrario, la spesa per la costruzione e il mantenimento della pace è stata pari a 49,6 miliardi di dollari, pari a meno dello 0,6% della spesa militare totale.

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Il ruolo della diplomazia e del dialogo per la pace

Queste contraddizioni e il dramma dei milioni di persone che vivono il dramma della guerra sulla propria pelle, ricordano al mondo che la pace non è mai un traguardo definitivo, ma un cammino da percorrere con costanza e determinazione, senza inciampi o distrazioni. Senza dare nulla per scontato. Di fronte a questa realtà, la comunità internazionale è chiamata a riflettere sul ruolo della diplomazia e sul valore del dialogo. Non è solo una questione di interessi geopolitici, ma una responsabilità morale nei confronti delle generazioni future. La diplomazia, se esercitata con sincerità e impegno, può essere la strada per trasformare i conflitti in opportunità di riconciliazione. È una sfida che interpella i governi, le istituzioni internazionali, ma anche la società civile e ogni singolo cittadino.

Papa Francesco: “Non giriamo lo sguardo davanti ai bambini vittime della guerra”

In questo contesto, il messaggio di Papa Francesco diventa un faro di speranza. Nel suo appello alla pace, pronunciato in occasione della benedizione “Urbi et Orbi” del 25 dicembre dello scorso anno, il Pontefice ha esortato i potenti della Terra a deporre le armi e a scegliere la strada del dialogo e della riconciliazione. “La guerra è sempre una sconfitta per l’umanità”, ha detto con forza, richiamando tutti alla responsabilità di costruire un mondo più giusto e fraterno. “La pace è possibile, ma richiede il contributo di tutti”, ha aggiunto il Papa, sottolineando come ciascuno, nel proprio ambito di vita, possa essere artefice di pace. In un’epoca in cui la guerra sembra tornare ad essere uno strumento di risoluzione delle controversie, le parole di Papa Francesco risuonano con forza: “Non abituiamoci ai conflitti, non giriamo lo sguardo davanti ai bambini vittime della guerra. La pace è un dono da invocare, ma anche un impegno da costruire ogni giorno”. Parole che invitano tutti, credenti e non credenti, a non cedere all’indifferenza e a farsi promotori di pace.



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