Fonte https://www.consiglionazionaleforense.it/
Con sentenza n.28324 del 4 novembre 2024 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pur ricordando che la determinazione della sanzione adeguata costituisce tipico apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, fatta salva l’ipotesi di sviamento di potere, hanno affermato il potere del giudice disciplinare di graduare l’aumento della sanzione della sospensione fino a cinque anni, laddove non sussistano i presupposti per irrogare la sanzione della radiazione.
I fatti del procedimento
L’avvocato incolpato è stato sottoposto a procedimento disciplinare e penale per aver, in concorso con altri, indotto delle persone a rendere falsa testimonianza in una causa civile al fine di favorire terzi in cambio della promessa di denaro.
All’esito dei suddetti procedimenti, l’avvocato è stato condannato
- in sede penale alla pena della reclusione, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e dalla professione di avvocato per 4 anni e 6 mesi;
- in sede disciplinare alla sanzione della sospensione per cinque anni dall’esercizio della professione.
Proposto ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, quest’ultimo ha confermato la decisione del CDD. Conseguentemente il professionista ha proposto ricorso in Cassazione lamentando l’eccessività della sanzione irrogata.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte non ha condiviso la tesi sostenuta dal ricorrente, il quale ha eccepito l’erronea applicazione degli artt.22 co.2 e 23 codice deontologico forense in quanto, a suo parere gli sarebbe stata comminata una sanzione non prevista dall’ordinamento, ossia la sospensione della professione per cinque anni, laddove
- l’art.23 codice deontologico prevede che “La violazione dei doveri di cui ai commi 5 e 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni” (laddove il comma 5 impone all’avvocato di rifiutare di prestare la propria attività quando, dagli elementi conosciuti, desuma che essa sia finalizzata alla realizzazione di operazione illecita, mentre il comma 6 vieta all’avvocato di suggerire comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o fraudolenti) (ndr);
- l’art.22 pur prevedendo la possibilità di un aumento della sanzione, non prevede che la sospensione possa avere la durata di cinque anni.
I giudici di legittimità hanno ricordato che ai sensi dell’art.22 codice deontologico la sanzione disciplinare può essere aumentata, nel suo massimo:
“c) fino alla sospensione dall’esercizio dell’attività professionale non superiore a tre anni, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale fino a un anno;
d) fino alla radiazione, nel caso sia prevista la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.”
Ne discende che il giudice disciplinare può senza dubbio graduare il suddetto aumento della sanzione in funzione della gravità della fattispecie, stabilendo un aumento della sanzione fino a cinque anni, laddove non sussistano i presupposti per giungere ad irrogare la sanzione della radiazione.
Peraltro, le Sezioni Unite hanno anche ricordato che in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati la determinazione della sanzione adeguata costituisce tipico apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità, salvo il caso in cui si verifichi uno sviamento di potere, per cui il potere disciplinare venga utilizzato per un fine diverso rispetto a quello per il quale è stato conferito (cfr. ex multis Corte di Cassazione, S.U. Sentenza n.20344/2018).
Pertanto, la Suprema Corte ha ritenuto che
– la prospettazione del ricorrente, non trovando sostegno nella lettera delle disposizioni richiamate, risulta illogica e inaccettabile e confliggente con il principio di proporzionalità sotteso al sistema delle sanzioni;
– la sanzione irrogata non sia irragionevole e che, anzi, sia sostenuta da adeguata motivazione.
Conseguentemente Le Sezioni Unite hanno rigettato il ricorso.
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