Imprenditrice nel settore dei trasporti e del turistico alberghiero, presidente della Camera di Commercio del Gran Sasso, un’intensa attività associativa in Confindustria (e non solo), madre di due figli. È tutto questo Antonella Ballone, 43 anni, di Teramo. Senza tralasciare l’impegno nella Fondazione Bruno Ballone, creata in memoria del fratello, che si occupa di cultura e a Teramo ha contribuito all’organizzazione delle mostre su Banksy e Van Gogh.
Come riesce a fare tutto?
«Diciamo che faccio tutto muovendomi per priorità, ovvero i miei figli. Poi attorno a loro c’è tutta la cornice lavorativa che ruota anche in base alla mia esposizione politica da presidente della Camera di Commercio del Gran Sasso».
Cosa sacrifica?
«Nulla. Cerco di non usare la parola “sacrificare” in relazione a qualcuno o qualcosa poiché significherebbe che sto lasciando indietro qualcosa. Invece cerco di tenere ben miscelate le cose importanti: prima la famiglia e poi il lavoro».
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Siamo alle porte del nuovo anno. Qual è il suo 2025 ideale per la sua città?
«Siamo un popolo di talenti, non a caso l’Italia è all’interno del G7, siamo una potenza economica e sociale e come reca la frase incisa sul Palazzo della Civiltà italiana a Roma, “di poeti, artisti e di eroi”. Per il 2025 mi auguro il superamento delle situazioni di crisi, in primis quella dell’automotive: è un segmento importante, che tocca nel Teramano tante aziende che producono elementi e componenti collegati al comparto. Tante famiglie risentono di questo momento di difficoltà».
Come fare?
«Mi auguro che le norme europee aiutino una distensione nei mercati, anche perché credo che, tra le varie motivazioni, abbia impattato anche l’ipotesi dell’espansione delle macchine elettriche. Il mercato non ha tenuto rispetto alle ambizioni politiche che ci si è dati. E questo credo sia da monito e anche la politica deve guardare alla vita reale, tutelare i mercati con meno ideologia».
Per la sua regione cosa le piacerebbe?
«Vedere l’Abruzzo come meta turistica nazionale a pieno titolo. Ci avviciniamo al Giubileo 2025, a L’Aquila capitale della Cultura 2026 e questi due momenti non possono che fare da apripista a questa visione. Abbiamo tutte le carte per giocarci una partita nazionale».
Quali sono i problemi da risolvere e i traguardi possibili da centrare?
«È importante sostenere l’artigianato attraverso anche l’avvicinamento dei giovani a questo settore storico e che potrebbe sviluppare nuove competenze anche attraverso un artigianato digitale e comunque lavorazioni con addetti altamente specializzati».
Nell’agricoltura?
«Stessa cosa. Oggi abbiamo forme di intelligenza artificiale che aiutano molto nello sviluppo di tali settori strategici. Come Camera di Commercio avvieremo corsi di formazione in tal senso, ma anche la formazione scolastica deve avere una precisione più aderente agli sbocchi del momento per dare ai ragazzi strumenti pragmatici al mondo del lavoro».
C’è un gap reale.
«Questo mancato incontro tra mondo del lavoro e mondo accademico va colmato con una maggiore sinergia istituzionale e di metodo che dobbiamo mettere in campo».
Lei alle ultime Europee è stata la più votata di sempre in Abruzzo con 41.885 preferenze e per un soffio non è stata eletta. Il suo slogan “In Europa da protagonisti”, cosa significa?
«Che quando ci si siede ai banchi in Europa bisogna avere consapevolezza di quanto le nostre aziende valgano e che dobbiamo sapere cosa tutelare. In questo momento abbiamo una situazione geopolitica che può solo rafforzarci. Ci sono le elezioni imminenti in Germania, la Francia sta vivendo forti tensioni interne. L’Italia politicamente è stabile e con una leadership forte e ciò ci permette di avere interlocuzioni solide con i vari leader mondiali».
Lei rimanda a una visione nazionale, ma il capoluogo teramano di cosa ha bisogno?
«Teramo ha bisogno di maggiore rappresentatività e di figure sempre più attive sia a livello regionale che a Roma. Oggi si parla del collegio unico abruzzese: il superamento della logica degli orticelli è positiva, andrebbe riaperto un ragionamento sui collegi abruzzesi che oggi vedono una provincia teramana smembrata a livello di rappresentanza parlamentare».
Quote rosa, le critiche mosse al “quotismo” si fondano sulla convinzione che riservare posti al genere femminile offusca il ricorso al merito e alla competenza. A suo avviso come vanno intese?
«La mia storia personale certo non si è appellata alle quote rosa. Mi piace il merito, la leadership e l’idea che chi sa parla e chi no tace. Ma mi rendo conto che in determinati consessi se non c’è la riserva indiana della quote un rinnovamento è difficile. Nei Cda e non solo ci sono posizionamenti consolidati da una storicità che ci portiamo dietro e di conseguenza ci sono sempre gli stessi nomi da anni. Se le quota rosa sono funzionali anche al rinnovamento bene, ma l’auspicio è che in futuro il rinnovamento si alimenti da sé».
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