Quella della Salernitana, per antonomasia, è una delle tifoserie più numerose, calorose ed appassionate dell’intera Italia calcistica, un pubblico molte volte determinante per le sorti della sua squadra del cuore e capace di incantare milioni e milioni di appassionati con coreografie mozzafiato ancora oggi ricordate con emozione da chi ha vissuto giornate indimenticabili in nome di una fede interamente tinta di granata.
Quello dell’”Arechi da 20mila” è, tuttavia, un falso mito da sfatare una volta per tutte: fatta eccezione per il biennio magico culminato con la promozione in massima serie e con le gare più importanti dei recenti campionati di serie A (e con moltissimi spettatori che sostenevano la big di turno), la tifoseria salernitana ha affollato gli spalti in massa soprattutto in presenza di grandi eventi o partite decisive, talvolta anche grazie a consistenti agevolazioni sui prezzi dei biglietti.
Prendendo, ad esempio, in esame gli ultimi anni dell’era Aliberti, nella stagione 2002-03 la media spettatori era di poco inferiore alle 7mila unità, con il picco raggiunto nel match contro il Genoa: quasi 19mila spettatori, ma costo dei tagliandi decisamente al ribasso. Nella stagione successiva, fino alla quarta di ritorno, l’Arechi ospitava in media 14mila persone, con inesorabile calo dalla sesta casalinga in poi: basti pensare che per la partita che regalò la matematica salvezza contro il Vicenza il principe degli stadi contava poco più di 3200 spettatori (non c’erano abbonati); nell’ultimo campionato targato Aliberti, si superò quota 15mila in due occasioni: Salernitana-Catania, (con 5mila biglietti regalati ad associazioni e scolaresche) e Salernitana-Ascoli (30mila spettatori, 10mila biglietti regalati dalla società e prezzo irrisorio in tutti i settori).
Con Lombardi, la media si è abbassata: in 22mila riscoprirono improvvisamente la passione per i colori granata per la semifinale play-off contro il Genoa, ma nel corso dell’anno in diverse partite si faticava a superare la soglia dei 2500 paganti. Nel 2006-07 calo ancora più evidente ed un dato che conferma il popolo granata molto presente soprattutto per le grandi occasioni.
Nel giro di 10 giorni, infatti, si passò dai 20mila spettatori di Salernitana-Cavese ai 1500 di Salernitana-San Marino! Andò meglio nel 2007-08 e nel 2008-09: media superiore alle 10mila unità a partita (con la base rappresentata dai 5600 abbonati) e quota 20mila superata in quattro circostanze: Salernitana-Pescara, match promozione del 27 aprile 2008, e tre volte in B contro Livorno, Avellino e Bari (nei primi due casi con biglietti a 3 euro per tutti i settori).
L’era Lotito può essere divisa a metà. Perchè 12mila per una gara di D non si vedono quasi mai, perchè in C2 in trasferta era un esodo clamoroso ogni volta, perchè in C1 si superò tre volte quota 20mila trasformando la curva Sud in un bomber aggiunto così come nel primo anno di B epoca romana: 25mila con l’Avellino e con il Modena, media di 16mila spettatori e in trentamila per uno spareggio playout che non destava preoccupazioni in virtù del roboante e rassicurante 1-4 dell’andata.
Per il resto, salvo rare eccezioni (20mila col Verona, in una gara caricata al massimo anche dai media, 21mila col Benevento alla terza di Ventura) l’Arechi era spesso vuoto e non trascinava come lecito attendersi in una piazza che spesso pretende tanto, che nei tempi dei social ha abbassato di molto anche la qualità delle argomentazioni, ma che nei numeri perde il duello anche con realtà di categoria inferiore.
Basti pensare che nemmeno la A ha aumentato in quantità lo zoccolo duro: 15-16mila, anche dopo il pari di Napoli con Dia o l’1-1 di San Siro col Milan. E’ tempo dunque di dire le cose come stanno: gli anni Novanta, per mentalità, partecipazione, amore e attaccamento, sono un remoto ricordo, l’attualità parla di una piazza normale, con numeri da serie B e una base di innamorati a prescindere che oscilla tra le 10 e le 12mila unità.
Che poi questo zoccolo duro sia capace di cose strabilianti e abbia un potenziale enorme, tra i migliori in Europa, è un altro discorso. Per scenografie, presenza in campo esterno, senso di appartenenza (quanto accade ogni 19 giugno è davvero un qualcosa da studiare a livello sociologico) e capacità di incidere sui risultati c’è un pubblico da Champions, ma che porta a fare una sopravvalutazione di una realtà che appartiene al passato. E che anche domani si tradurrà in meno di 10mila spettatori per un derby e con biglietti omaggi per gli studenti.
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