L’autoproclamatosi presidente Jolani assicura giustizia per gli 800 civili uccisi in Siria

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Il presidente siriano ad interim Ahmed al-Sharaa, detto Al Jolani. Gli alawiti sono una comunità sciita da decenni percepita da più parti, dentro e fuori la Siria, come del tutto complice del disciolto regime siriano, incarnato per più di mezzo secolo dalla famiglia Assad.

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Un’inchiesta governativa dovrà far luce entro un mese, sui massacri compiuti da giovedì contro più di 800 civili siriani, tra cui donne e bambini, in larga parte alawiti nelle regioni costiere di Latakia e Tartus e nelle regioni centrali di Hama e Homs.

L’indagine è stata definita «indipendente» ma i membri sono stati nominati dall’autoproclamato presidente siriano Al Jolani.

Il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha condannato i «terroristi islamisti radicali» per questi «massacri» e ha invitato le autorità siriane a perseguire i responsabili, dopo un appello delle Nazioni Unite per la fine immediata delle «orfani dei civili».

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Una delegazione dell’Onu è stata domenica per la prima volta accompagnata da truppe governative a Jabla (Latakia), una delle città alawite più colpite. «Riterremo responsabile, con fermezza e senza clemenza, chiunque è coinvolto nello spargimento di sangue di civili o che ha oltrepassato i poteri dello Stato», ha assicurato in serata Jolani.

Chi sono gli alawiti?

Gli alawiti sono una comunità sciita da decenni percepita da più parti, dentro e fuori la Siria, come del tutto complice del disciolto regime siriano, incarnato per più di mezzo secolo dalla famiglia Assad.

Il presidente Bashar al Assad è stato deposto l’8 dicembre da un’offensiva militare sostenuta dalla Turchia e guidata proprio da Jolani, ex leader qaidista e fino a poche settimane fa a capo della coalizione jihadista Hayat Tahrir Sham (Hts).

Nominata una commissione d’inchiesta

Parlando dalla Grande Moschea di Damasco, luogo politicamente sempre più identificato col sunnismo militante siriano, Sharaa ha ribadito la volontà del suo governo di «mantenere l’unità nazionale» e la «pace civile per quanto possibile… Se Dio lo vorrà saremo capaci di vivere assieme in questo paese», ha detto.

La commissione d’inchiesta, di cui fa parte tra gli altri il giudice Jumaa Dibis Anzi, noto per le sue posizioni esplicitamente ostili alle comunità non sunnite, dovrà far luce sulle «violazioni contro civili» e «assicurare i responsabili alla giustizia».

Manca un bilancio ufficiale, ma i morti son più di 800

Il governo non ha finora fornito alcun bilancio ufficiale delle violenze.

L’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, che dal 2007 monitora sul terreno le violazioni e che per i lunghi anni di repressione del passato regime e di guerra intestina e regionale ha documentato i crimini commessi dalle ex forze governative e da tutti gli attori coinvolti militarmente in Siria, ha contato finora, da giovedì scorso, l’uccisione a sangue freddo di 831 civili, in larga parte alawiti, ma anche cristiani.

Questi ultimi, secondo l’Osservatorio, sono stati uccisi da jihadisti filo-governativi stranieri – caucasici, dell’Asia centrale, nordafricani, egiziani, cinesi – «che non riescono a distinguere tra alawiti e cristiani».

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Morti da tutt’e due le parti

Su questo si è espresso il patriarca ortodosso di Antiochia che nella predica della domenica ha confermato che i massacri di civili hanno colpito anche «molti cristiani innocenti». «Coloro che sono stati uccisi non erano tutti uomini fedeli al regime, la maggior parte erano civili innocenti e disarmati, tra cui donne e bambini», ha detto il patriarca ortodosso.

Accanto alle 831 uccisioni di civili, l’Osservatorio e altre fonti siriane, alcune delle quali vicine al governo, affermano che nelle violenze si sono scontrati forze governative e miliziani alawiti, descritti come «membri dell’ex regime».

Secondo i bilanci aggiornati, da giovedì a oggi sono stati uccisi 231 uomini agli ordini di Jolani e 250 membri dell’ex regime di Assad.

I morti sul terreno sono oltre 1’300

Emergono testimonianze concordanti di attacchi, giovedì, da parte di miliziani alawiti contro l’ospedale di Latakia, dove sarebbero stati uccisi armati governativi che erano sottoposti a cure mediche.

La regione dove si contano i maggiori massacri di civili è quella di Latakia (519 su 831 civili uccisi), seguita a Tartus (220), Homs (86) e Hama (85). Il giorno più sanguinoso è stato sabato 8 marzo (366 civili uccisi).

Venerdì 7 marzo si sono contati 160 civili uccisi, mentre oggi se ne sono contati 303.

In tutto, si contano sul terreno più di 1’300 morti in quattro giorni.

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