Il tributo è stato abolito dal 2022 ma l’Agenzia delle Entrate esige ancora il versamento. Ecco cosa fare se arrivano avvisi di accertamento e cartelle a distanza di anni.
Certe tasse sono come certi amori: fanno dei giri immensi ma poi ritornano. L’ecotassa sulle auto nuove e importate legalmente in Italia, ma che superavano una certa soglia di emissioni CO2, è stata in vigore dal 2019 al 2021. Dal 2022 è stata abolita; tuttavia l’Agenzia delle Entrate esige ancor oggi il versamento. Ora ti spieghiamo cosa fare se arriva la richiesta di pagamento.
È questo il quesito che ci pongono numerosi lettori, destinatari di avvisi di accertamento e cartelle riguardanti lo strano tributo che, a sorpresa, torna a colpire addirittura dopo la sua abolizione: una stangata per molti automobilisti, che vogliono sapere come difendersi da questa raffica di richieste di pagamento che recentemente stanno giungendo a moltissimi contribuenti. E non è un caso il fatto che gli avvisi di accertamento del tributo (più interessi e sanzioni dovute) stiano arrivando proprio adesso: leggendo l’articolo scoprirai perché.
Ecotassa: cos’è e chi riguarda
La cosiddetta ecotassa è un’imposta straordinaria sull’acquisto, o sulla presa in leasing, di veicoli di categoria M1 (sono le auto con 8 posti a sedere più il conducente) nuovi di fabbrica e con emissioni di CO2 (biossido di carbonio) superiori a 160 grammi per chilometro.
L’ecotassa è durata dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021. Il presupposto impositivo scattava al momento dell’immatricolazione in Italia dei suddetti veicoli: pertanto venivano colpite anche le autovetture che erano nuove all’estero, ma poi venivano esportate in Italia e qui reimmatricolate durante il periodo di vigenza dell’ecotassa. Così aveva stabilito una circolare dell’Agenzia delle Entrate (ris. n. 32/E del 28.02.2019).
Ecotassa: a quanto ammonta?
L’importo dell’ecotassa era commisurato al quantitativo di emissioni eccedenti la suddetta soglia di 160 g/km di CO2, in base al noto principio «più inquini più paghi».
L’ecotassa faceva da pendant all’ecobonus, il contributo statale riconosciuto a chi acquistava veicoli nuovi a basse emissioni inquinanti, e pertanto all’epoca era stata provocatoriamente chiamata “ecomalus”.
Nello specifico, esistevano 4 fasce impositive in base al valore delle emissioni: fino al 31 dicembre 2020 i proprietari dei veicoli che emettevano da 160 a 175 g/km di CO2 pagavano 1.100 euro; l’importo cresceva, passando per gli scaglioni intermedi, fino a un massimo di 2.500 euro per coloro che avevano un’auto avente emissioni CO2 di oltre 250 g/km.
Nel 2021, ultimo anno di vigore dell’ecotassa, c’erano stati dei ritocchi sia alle fasce (la soglia di imposizione minima era stata elevata a 190 g/km e quella massima a 295 g/km) sia agli importi correlati.
Come faccio a sapere se la mia auto subisce l’ecotassa?
Per conoscere esattamente la propria situazione è consigliabile controllare, non appena arriva la lettera dell’Agenzia Entrate, la corrispondenza tra la soglia inquinante riportata nell’atto impositivo e quella attestata nella carta di circolazione: la trovi esposta nel riquadro 2 al punto V.7.
Ecotassa: cosa fare se arriva una richiesta di pagamento
Dal 1° gennaio 2022 l’ecotassa è stata abolita. Pertanto se perviene una richiesta di pagamento dall’Agenzia delle Entrate si tratterà, quasi sicuramente, dell’imposta riferita al periodo pregresso.
La prima cosa da fare è verificare se si tratta di una semplice comunicazione (il cosiddetto “avviso bonario”, una sorta di invito a regolarizzare la propria posizione) o – come è più probabile – di un vero e proprio avviso di accertamento, che in quanto tale è un atto impositivo e, se non saldato entro 60 giorni dal ricevimento, diventa esecutivo, ed è pertanto in grado di fondare gli atti di esecuzione forzata, cioè i pignoramenti dei beni del debitore.
In base a quanto ci stanno rappresentando i nostri lettori, le richieste di pagamento che stanno pervenendo sono dei veri e propri avvisi di accertamento del tributo. Pertanto il fenomeno non va sottovalutato: se non si vuole pagare l’importo richiesto, e si ritiene che non ci siano i presupposti per farlo, bisogna, necessariamente, contestare ed impugnare le affermazioni e le pretese dell’Agenzia delle Entrate.
Ricordiamo che l’ecotassa andava pagata al momento dell’avvenuta immatricolazione in Italia del veicolo (come stabilisce la legge n.145/2018 all’articolo 1, commi 1042-1045, ed ha ribadito l’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 32/E/2019), pertanto l’omissione – che, a seconda dei casi, potrebbe essere imputabile all’acquirente o a chi per suo conto aveva richiesto l’immatricolazione, ad esempio un concessionario – costituisce un inadempienza all’obbligo di versamento che all’epoca era sussistente (l’ecotassa è stata abolita dal 2022 in poi, ma il debito tributario riferito al periodo di vigenza permane).
La seconda cosa da fare è verificare il periodo al quale si riferisce la richiesta: l’ecotassa è stata in vigore soltanto in un periodo ristretto, precisamente dal 1° marzo 2019 al 31 dicembre 2021, pertanto le operazioni di acquisto ed immatricolazione – o di reimmatricolazione, se erano già targati all’estero – in Italia di veicoli (pur se aventi emissioni inquinanti oltre le soglie che abbiamo riportato) compiute in epoche antecedenti o posteriori non sono imponibili, e quindi il pagamento non è dovuto.
A tal proposito fanno fede le date del contratto di acquisto e di richiesta di immatricolazione presso la Motorizzazione Civile, non il momento della consegna materiale ed effettiva del veicolo da parte del venditore, che potrebbe essere successivo.
Quando si prescrive l’accertamento dell’ecotassa?
Il termine di prescrizione dell’accertamento dell’ecotassa è di 5 anni: pertanto l’Agenzia delle Entrate deve notificare – a pena di decadenza – l’atto impositivo con cui richiede il pagamento entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di immatricolazione in Italia del veicolo.
In concreto, se non avevi versato l’imposta dovuta per un’auto immatricolata in Italia nel 2019, l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate dovrebbe pervenire entro il 31 dicembre 2024, ma con la sospensione Covid di 85 giorni il termine è posticipato al 26 marzo 2025; allo stesso modo, l’ecotassa da versare nel 2019 non potrà più essere richiesta dopo il 26 marzo 2026.
Nel momento in cui scriviamo questo articolo, i suddetti termini non sono ancora decorsi, per cui l’Agenzia delle Entrate è ancora in tempo a richiedere il pagamento dell’ecotassa anche per i veicoli acquistati ed immatricolati nel 2019 (ovviamente a partire dal 1° marzo, data di entrata in vigore del tributo). Ecco perché proprio alla fine del 2024 si stanno concentrando le richieste di pagamento dell’ecotassa riferite a tale annualità, ed è prevedibile una nuova ondata l’anno prossimo per il tributo relativo al 2020 e al 2021.
Quando si può fare ricorso?
Contro l’avviso di accertamento dell’ecotassa è possibile reagire in due modi:
- chiedendo l’annullamento in autotutela dell’atto impositivo alla stessa Agenzia delle Entrate;
- proponendo ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado territorialmente competente.
È da evidenziare che la richiesta di annullamento in autotutela non sospende i termini per presentare ricorso, che sono di 60 giorni dalla data di notifica dell’atto.
Si può proporre utilmente ricorso (e/o richiesta di annullamento in autotutela) se risulta in modo certo che:
- il versamento era stato eseguito (in tal caso bisogna esibire il modello F24 a comprova);
- la richiesta è prescritta, in quanto notificata al contribuente dopo 5 anni, perciò oltre i termini di decadenza dal potere impositivo indicati nel paragrafo precedente;
- il veicolo era stato acquistato ed immatricolato (o reimmatricolato) in Italia in una data antecedente al 1° marzo 2019 o posteriore al 31 dicembre 2021;
- l’auto, in base a quanto documentato nella carta di circolazione, non superava le soglie di emissioni CO2 costituenti il presupposto di applicabilità del tributo.
Cosa devo fare se voglio pagare?
Per pagare l’ecotassa devi compilare il modello F24 inserendo – dopo i tuoi dati anagrafici, gli estremi dell’atto impositivo e dell’ufficio che lo ha emesso (li trovi nel frontespizio), l’anno di riferimento dell’ecotassa (ad esempio, il 2019) e riportando gli importi contenuti nell’avviso di accertamento pervenuto dall’Agenzia delle Entrate, utilizzando i seguenti codici tributo:
- A600 per l’ecotassa;
- A601 per le sanzioni;
- A602 per gli interessi;
- A100 per le spese di notifica.
Come rateizzare l’ecotassa
Anziché pagare tutto in unica soluzione entro i 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento, puoi anche rateizzare l’importo complessivo: essendo l’ecotassa annuale (comprensiva di interessi e sanzioni) sicuramente inferiore a 5.000 euro per ciascun veicolo, potrai ottenere fino a 8 rate trimestrali di pari importo, in modo da estinguere il debito in 2 anni. Se invece l’importo dovuto e richiesto nel singolo atto di accertamento dovesse superare i 5.000 euro (cosa possibile se ti viene contestato di aver immatricolato più veicoli soggetti all’ecotassa nel medesimo anno d’imposta) puoi ottenere fino a 20 rate, in modo da saldare tutto entro 5 anni.
Per saperne di più leggi il nostro tutorial “Come chiudere i debiti con l’Agenzia delle Entrate” ed anche la nostra “Guida completa alla rateizzazione dei debiti fiscali“.
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