In questi giorni il mondo del terzo settore è stato colpito da due importanti perdite. La prima riguarda la morte, pochi giorni fa, di Riccardo Bonacina. Un giornalista capace di raccontare l’Italia dei soggetti sociali, del welfare più o meno efficiente, dei diritti da conquistare e difendere, delle molte esperienze di innovazione sociale che vengono realizzate in modo diffuso e spesso poco conosciuto. Il tutto non solo con grande competenza professionale e utilizzando tutti i mezzi di comunicazione disponibili, ma con una lucida e generosa passione che, mentre era sempre accompagnata da un lucido spirito critico, gli permetteva di costruire ponti e creare legami tra soggetti diversi. Trent’anni fa, lasciando il posto sicuro alla Rai, aveva fondato Vita: una rivista e una newsletter che è diventata un punto di riferimento importante non solo per chi lavora nel Terzo settore, ma anche per tutti coloro che si ostinano a ragionare e agire per costruire relazioni, istituzioni e pratiche sociali più eque e sostenibili. Nelle parole di Bonacina, per «raccontare il mondo non in modo disperante, né pettegolo, ma generativo»: per mettere in comunicazione riflessioni, pratiche, esperienze, al fine di costruire reti di saperi e di pratiche, facendole uscire dal frammento autoreferenziale o dalla riflessione solo accademica. Il gruppo che ha lavorato con lui in questi anni sicuramente continuerà lungo la stessa strada e Vita rimarrà uno spazio di confronti e approfondimenti prezioso, la cui continuità nel tempo è affidata al suo essere una public company autonoma, partecipata da persone, organizzazioni non profit, imprese, senza dipendere da nessuno. Ma si sentirà la mancanza della lucidità appassionata del suo fondatore.
La seconda perdita non riguarda una persona, ma un’altra newsletter di riferimento per il mondo del Terzo settore. Redattore Sociale, una agenzia di stampa nata nel 2001 per informare sulle diverse forme di disagio sociale e sulle attività e iniziative del Terzo settore, a gennaio chiuderà definitivamente, con il licenziamento di tutti coloro che ci lavorano perché l’editore, la Comunità di Capodarco, non può più sostenerlo economicamente. Una crisi iniziata qualche anno fa, con la riduzione dei contributi statali e culminata con quello che ormai è un fenomeno ricorrente nel mondo del Terzo settore: la perdita, in seguito a una gara al massimo ribasso vinta da una agenzia concorrente, di un contratto importante con l’Inail per l’affidamento dell’organizzazione e gestione del servizio di contact center denominato «SuperAbile Inail», dedicato alle persone con disabilità. Senza entrare nel merito della qualità dell’una e dell’altra agenzia, non si può ignorare che il continuo ricorso a bandi, ancor più se al massimo ribasso, è una delle cause del precariato che affligge molti lavoratori non solo nelle imprese manufatturiere e nei servizi privati, ma anche nel Terzo settore: dipendenti da cooperative, imprese sociali, associazioni che vivono da un bando all’altro pur fornendo servizi essenziali, e consumando una quantità sproporzionata di energie, tempo e intelligenza per concorrervi. Una precarietà che spesso si riflette anche sugli utenti dei servizi così attivati – dalle mense scolastiche ai nidi ai servizi per le persone con disabilità, fino, appunto, alle agenzie di notizie. I dipendenti di Redattore sociale sono ora vittime degli stessi meccanismi che in questi anni hanno denunciato a difesa dei soggetti deboli. Fa specie, ma non stupisce purtroppo, che ciò avvenga in conseguenza di una competizione interna tra soggetti del Terzo settore, non su come meglio fornire un servizio, ma sulla riduzione dei costi.
Fermo restando che è importante preparare budget non gonfiati (ma neppure sotto-dimensionati) ed essere oculati sulla spesa, forse è ora che il mondo del Terzo settore apra una riflessione sistematico al proprio interno sulle regole della competizione, anche per poter negoziare con più forza con i potenziali committenti. Nel frattempo, con la chiusura di Redattore sociale si perde un pezzo di informazione, di uno sguardo su una parte di mondo per lo più ignorato, comunque ai margini, dell’informazione mainstream. Peccato.
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