Un segnale forte del governo al mondo produttivo meridionale che conferma la volontà di sostenere la crescita produttiva in atto. Il segnale più atteso.
Sparisce così la grande paura delle imprese meridionali per le quali la bozza della manovra finanziaria 2025 aveva previsto la rinuncia dopo 3 anni alla Decontribuzione Sud. Ovvero, allo sconto del 30% sul costo del lavoro che aveva stabilizzato l’occupazione e permesso nuove assunzioni. Ieri, opportunamente, il governo decide di subentrare alla Commissione Europea e conferma l’attenzione e la fiducia verso il Sud accogliendo le sollecitazioni di mondo industriale ed enti locali. Nell’emendamento dell’esecutivo alla legge di Bilancio la misura è stata infatti reintrodotta sia pure in formato leggermente “ridotto” (25% per il prossimo anno e, a scalare, al 20% nel 2026 e nel 2027, al 15% nel 2029, ultimo anno previsto dalla stessa legge istitutiva). Viene così garantita la prosecuzione di un incentivo che aveva sicuramente impegnato importanti risorse pubbliche (oltre 4 miliardi) ma che le imprese meridionali avevano utilizzato massicciamente, contribuendo in modo cospicuo a migliorare il trend occupazionale dell’area.
La nuova copertura è stata recuperata con una parte dei fondi non spesi per l‘acquisto di macchinari dopo l’utilizzo al massimo target possibile del Credito d’imposta collegato alla Zes unica Sud. Saranno le risorse del Fondo coesione e sviluppo a garantire il futuro della Decontribuzione, inizialmente sostenuta dall’Ue nell’ambito della deroga al blocco degli aiuti di Stato per via prima del Covid e poi dell’invasione russa in Ucraina, ma successivamente assegnata alla sola contabilità nazionale dopo il ritorno alla normalità delle regole europee.
Nell’emendamento dei relatori rivisto dal governo e inserito subito dopo il testo relativo all‘Ires premiale, viene riconosciuto ai datori di lavoro privati, con esclusione del settore agricolo e dei contratti di lavoro domestico, l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali alle micro e piccole-medie industrie (fino a 250 dipendenti) che occupano lavoratori a tempo indeterminato nelle otto regioni del Sud. Una boccata d’ossigeno di straordinaria valenza: per la sola Sicilia, per citare un esempio, che nel 2023 aveva utilizzato l‘incentivo per ben 426mila contratti di lavoro, lo stop avrebbe comportato il rischio di perdere ottomila posti di lavoro. La conferma della Decontribuzione Sud, a partire dall’1 gennaio prossimo, permetterà soprattutto alle aziende di mantenere programmi e investimenti anche a medio termine, un elemento di certezza indispensabile in un’area che proprio in questi ultimi due anni ha mostrato maggiore competitività e attrattività del resto del Paese.
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