Bergamo, 16 dicembre 2024 – I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Bergamo hanno dato esecuzione a un’ordinanza che dispone misure cautelari personali e reali emessa dal giudice per le indagini preliminari di Bergamo, per associazione per delinquere, bancarotta fraudolenta e malversazione ai danni dello Stato. In tutto sono otto le persone raggiunte dai provvedimenti di sequestro e per quattro di loro è stata anche disposta la custodia cautelare in carcere. Posti sotto sequestro 6 milioni di euro. L’indagine, coordinata dalla procura di Bergamo, ha permesso di disvelare una ingente bancarotta fraudolenta, per distrazione e mediante operazioni dolose, posta in essere attraverso complesse operazioni commerciali di una società operante nella bassa bergamasca che, nel biennio antecedente all’avvio della procedura fallimentare (luglio 2022), aveva, tra l’altro, anche ottenuto finanziamenti garantiti dal Fondo per le piccole e medie imprese.
La strategia ingegnosa
Il meccanismo fraudolento era particolarmente ingegnoso e prevedeva differenti modalità tra loro complementari, tutte magistralmente gestite dall’associazione per delinquere radicata sul territorio orobico. Ad esempio, uno dei finanziamenti garantiti dallo Stato, erogato tra il 2020 e il 2022 nel pieno dell’emergenza pandemica, invece di essere utilizzato per sostenere l’attività economica svolta dalla società è stato trasferito su conti correnti radicati presso istituti bancari della Bulgaria, attraverso ingegnose operazioni finanziarie. Le somme sono state poi spese in Italia dai sodali, attraverso carte di credito emesse dagli istituti finanziari bulgari.
Falsi crediti
Prima del fallimento, inoltre, la società aveva acquistato a un prezzo superiore rispetto al suo reale valore un capannone ceduto da altre società, condotte in modo occulto dagli stessi indagati, in modo da impoverire il proprio patrimonio a danno degli ignari fornitori. In altri casi, tramite fatture false, venivano creati dei crediti commerciali falsi, poi trasferiti a società di factoring per ottenere liquidità. Nel corso delle indagini è emerso anche che uno dei sodali, nominato prima amministratore e poi liquidatore della società fallita, intuita la gravità delle attività illecite che si stavano svolgendo, ha cercato rifugio all’estero, dove tuttora si nasconde con il sostentamento economico degli altri indagati.
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