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Ci avviciniamo ormai alla metà di marzo, ma sul pizzo di Petto ci sono ancora alcuni metri di neve. Salendo da Lizzola di scialpinisti se ne incontrano molti fino al rifugio Mirtillo, meno a salire verso i 2.270 metri della vetta: in quota la maggior parte arriva dal versante scalvino. Ci troviamo nelle zone dell’ormai noto progetto di collegamento di due comprensori, la stazione sciistica morente di Lizzola in Alta Val Seriana e quella da poco riammodernata di Colere in Val di Scalve.
E proprio nella stretta vallata del Dezzo già da alcuni anni si riflette sulla riqualificazione turistica del territorio. Nel 2022 un pool di imprenditori locali ha fondato Scalve Mountain, un’associazione di promozione sociale che ha riempito il vuoto lasciato da VisitScalve. Nel 2024 l’associazione ha innescato un processo di sviluppo turistico in ottica sostenibile affidandosi ad un team di lavoro dell’Università di Bergamo, coordinato dalla professoressa Federica Burini, e a Etifor, spin-off dell’Università di Padova, una vera e propria società fondata da ricercatori per valorizzare i frutti delle loro attività.
Il consulente di Etifor per la ‘missione’ in Val di Scalve è Roberto Seppi, per quasi trent’anni direttore dell’ufficio turistico di Bolzano. “Il progetto mira a formare turisticamente gli operatori del territorio – spiega -. C’era scetticismo, ma l’inizio è stato positivo: le persone hanno capito che i giovani stanno abbandonando la valle”.
Qualche mese fa ai vertici del progetto di riqualificazione turistica è stata presentata la prima bozza del collegamento ideato da Rsi. “Ne siamo venuti a conoscenza durante il nostro percorso – precisa Seppi -. Siamo consapevoli delle criticità: le voci contrarie saranno ascoltate, ma le esasperazioni devono essere ridimensionate”. Secondo il luminare la vera difficoltà sarà riuscire a coniugare i due estremi. “Lo sviluppo turistico non può essere calato dall’alto, non risponde al desiderio di pochi – osserva -. Si costruisce dal basso, il lato umano e il ruolo della popolazione sono due aspetti fondamentali: i Mondiali (quelli di sci di fondo a Schilpario lo scorso febbraio, ndr) e la Via Decia hanno funzionato proprio perchè i residenti facevano parte dell’equazione”.
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Nei luoghi del comprensorio unito: un sabato di scialpinismo al pizzo di Petto
Overtourism. Una parola sulla bocca di tanti. In alcuni casi, forse, a sproposito. Seppi spiega che il fenomeno in realtà esiste nelle aree in cui lo sviluppo turistico è stato imposto dall’imprenditoria senza una corretta valutazione delle conseguenze. Gli esempi fioccano in molte località della Bergamasca dove il paesaggio è logorato da edifici ricettivi in disuso, fabbricati non accettati dagli abitanti di territori che non presentano caratteristiche adatte ad un turismo di massa.
“Il turismo non è un’industria che genera un prodotto ripetibile, non si può prescindere dalla volontà della popolazione e degli enti locali di puntare su uno sviluppo qualificato – continua -. Se il territorio diventa servitore dell’economia turistica perde la propria identità”. La logica è chiara: il turista ricerca l’ultima moda e attrae la speculazione imprenditoriale, il territorio deve assumersi la responsabilità e il ruolo di individuare dimensioni e sviluppo del processo turistico.
Il turismo invernale è in rapida trasformazione: nonostante i cambiamenti climatici e le difficoltà nel settore, i dati ad oggi disponibili sulla stagione 2024/25 raccontano di un aumento della pratica sciistica. “Tuttavia, in una rilevazione di Dolomiti Superski (il più grande comprensorio in Italia, ndr) è emerso che un utente scia in media meno di tre ore al giorno – afferma il consulente di Scalve Mountain -. L’operatore turistico deve ragionare su attività integrative, lo sci è solo un pretesto: il territorio deve diventare protagonista del turismo invernale offrendo alternative che interpretino i desideri dell’ospite”.
I nuovi impianti di risalita a Colere
L’obiettivo del progetto di Etifor e UniBg è rendere la Val di Scalve un territorio turisticamente ‘emancipato’, con la presenza di un management professionale che abbia la funzione di produrre turismo per il bene comune. “Sono processi lunghi, non si può pensare che durino un paio di anni – ammette Seppi -. In Italia mancano operatori professionali: quella che per tante aree è l’economia più redditizia è ancora affidata al volontariato: non è più concepibile, attraverso il turismo si crea un effetto sociale che rende una popolazione orgogliosa di vivere in un determinato luogo. In Val di Scalve ho visto gente interessata a conoscere, ad imparare”.
E il comprensorio unito? “La posizione del Cai provinciale l’ho letta come un segno di intelligenza e di volontà di confronto, non di resa – conclude -. Una via di mezzo esiste, valutiamola”.
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