Commissione Ue, presentato il regolamento sui centri di espulsione dei migranti in Paesi terzi

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Il nuovo regolamento rappresenta il primo risultato tangibile della tendenza all’esternalizzazione che i leader europei hanno approvato lo scorso anno. Se passerà, consentirà agli Stati membri di trasferire i richiedenti asilo respinti al di fuori dei confini comunitari

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Svolta nella politica migratoria dell’Ue. La Commissione europea ha presentato martedì un nuovo regolamento che, se approvato, consentirà agli Stati membri di trasferire i richiedenti asilo respinti in Paesi in cui non hanno mai messo piede.

La legge non stabilisce un programma obbligatorio per la costruzione di centri di espulsione (o “hub di rimpatrio”, come li chiama Bruxelles), ma pone le basi legali necessarie per consentire ai governi di stringere accordi con Paesi esterni al blocco che potrebbero essere disposti a ospitare i migranti in cambio di incentivi finanziari.

Il trasferimento fisico avverrà solo dopo che il richiedente avrà esaurito tutte le vie legali per ottenere la protezione internazionale e avrà ricevuto un ordine di rimpatrio definitivo.

La Commissione apre all’esternalizzazione dei processi di rimpatrio

Il regolamento di martedì è il primo risultato tangibile della spinta all’esternalizzazione delle frontiere che i leader dell’Ue hanno approvato in un vertice spartiacque a ottobre. In quell’occasione, i capi di Stato e di governo hanno deciso di esplorare “nuovi modi per prevenire e contrastare la migrazione irregolare”, una formulazione ampia ma vaga che ha dato a Bruxelles il via libera per addentrarsi in territori inesplorati.

Con la sua proposta, la Commissione fa un passo avanti nell’esternalizzazione, ridefinendo il significato di “Paese di ritorno”. Secondo le regole attuali, gli Stati membri possono inviare i richiedenti asilo respinti nel loro Paese d’origine, in un Paese di transito che abbia un accordo di riammissione o in qualsiasi altro Paese se il migrante acconsente “volontariamente”.

Nella nuova legge, il consenso viene eroso e le modalità di trasferimento vengono ampliate per consentire ai Paesi dell’Ue di stringere accordi con Paesi terzi e costruire centri di espulsione.

La Commissione non guiderà la costruzione o la gestione di queste strutture, lasciando invece ai governi la decisione di portare avanti il progetto, che si prevede costoso, logisticamente impegnativo e politicamente controverso. Tuttavia, non si esclude la possibilità di un programma a livello europeo.

L’Italia, la Danimarca e i Paesi Bassi hanno condotto discussioni sull’outsourcing e sembrano essere i candidati più probabili a procedere. L’Italia starebbe valutando un piano per trasformare i suoi centri in Albania, destinati all’esame delle richieste di asilo, in veri e propri “hub di rimpatrio”. I centri albanesi sono attualmente vuoti dopo una serie di sentenze della Corte d’Appello di Roma.

C’è preoccupazioni per potenziali violazioni dei diritti umani

Il regolamento stabilisce i criteri minimi che questi centri dovrebbero soddisfare, come un organismo indipendente per monitorare l'”effettiva applicazione” dell’accordo, un’esenzione per i minori non accompagnati e le famiglie con bambini e una chiara definizione delle responsabilità per gestire potenziali violazioni dei diritti umani.

Tali violazioni sono inevitabili, hanno avvertito le organizzazioni umanitarie dopo il vertice di ottobre. A loro avviso, l’invio di migranti senza il loro consenso in Paesi lontani comporterà una sorveglianza carente e condizioni al di sotto degli standard, creando terreno fertile per violazioni dei diritti umani che rimarranno impunite.

Le ong hanno anche lanciato l’allarme sull’uso diffuso della detenzione che l’esternalizzazione richiederà, dato che i richiedenti asilo dovranno essere fisicamente tenuti all’interno delle strutture.

La legge presentata martedì prevede un ampio elenco di motivi per mettere in condizioni di detenzione i richiedenti asilo respinti, per una durata massima di due anni “in un determinato Stato membro”. Non stabilisce un limite massimo per la detenzione in un centro all’estero, che dovrebbe essere stabilito in un accordo bilaterale e “può essere a breve o a lungo termine”.

Il tassello mancante

Il regolamento sui rimpatri intende colmare la lacuna lasciata dal Patto per la migrazione e l’asilo, la riforma onnicomprensiva che l’Ue ha approvato l’anno scorso dopo quasi quattro anni di difficili negoziati. Il Patto stabilisce regole comuni per l’accoglienza e la gestione dei richiedenti asilo, con un sistema di “solidarietà obbligatoria” per garantire che tutti i governi contribuiscano a condividere gli oneri.

Ma la revisione non ha affrontato la questione dei rimpatri, l’ultima fase del processo per i richiedenti asilo la cui domanda è stata respinta e che non hanno più il diritto di rimanere sul suolo europeo. Un precedente tentativo di rivedere la legislazione esistente si è arenato al Parlamento europeo e non ha mai visto la luce.

Per anni, il blocco ha lottato per accelerare il tasso di espulsioni effettive, che oscilla tra il 20 e il 25 per cento, senza alcun progresso visibile. Le ong hanno avvertito che i dati alla base del tasso di rimpatrio sono incompleti e non dovrebbero essere utilizzati per orientare le politiche.

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Le ragioni della stagnazione sono legate alla mancanza di cooperazione tra i richiedenti asilo e le autorità, tra gli stessi Stati membri e, soprattutto, tra gli Stati membri e i Paesi d’origine, che spesso si rifiutano di accogliere nuovamente i propri cittadini.

Con le forze di estrema destra che sfruttano la questione dell’immigrazione irregolare per ottenere vantaggi elettorali, gli Stati membri hanno esercitato pressioni sulla Commissione affinché presentasse un testo più severo e rompesse il tabù sull’esternalizzazione.

Obblighi e procedure più severe per i richiedenti asilo respinti

La risposta di Bruxelles sembra mantenere l’incarico: oltre a sancire per legge l’autorizzazione a costruire centri di espulsione in Paesi lontani, la proposta di regolamento stabilisce obblighi che i richiedenti asilo respinti devono rispettare, come fornire documenti d’identità personali, dati biometrici, recapiti e informazioni sui Paesi in cui sono transitati.

I migranti devono rimanere a disposizione in ogni momento del processo di rimpatrio e consentire la perquisizione dei loro effetti personali se “necessario e debitamente giustificato”, dice la legge.

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Chi non rispetta questi obblighi potrebbe vedersi tagliare le prestazioni sociali, sequestrare i documenti di viaggio e revocare i permessi di lavoro. Potrebbero anche incorrere in divieti prolungati di ingresso nell’Ue in futuro e persino in “sanzioni finanziarie”, che il testo non specifica.

Inoltre, la legge stabilisce una procedura accelerata per trattenere ed espellere i richiedenti asilo che si ritiene rappresentino “rischi per la sicurezza”.

Le ong hanno denunciato questo approccio “punitivo”, sostenendo che lederebbe i diritti dei richiedenti asilo, rafforzerebbe “pericolosi stereotipi” e renderebbe confusa la linea di demarcazione tra migrazione e diritto penale. Il fatto che la Commissione non abbia effettuato una valutazione d’impatto prima di presentare il regolamento ha allarmato la società civile, che ritiene che il processo legislativo sia stato affrettato sotto pressione politica e senza una consultazione sufficiente.

Il regolamento prevede anche il riconoscimento reciproco dei provvedimenti di espulsione tra gli Stati membri per consentire l’esecuzione diretta delle decisioni.

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La nuova proposta va in contro alle richieste dei partiti di destra

Da parte della politica c’è da attendersi un’accoglienza più calorosa.

Il Consiglio e il Parlamento, i due colegislatori che negozieranno il progetto di legge, negli ultimi anni hanno virato nettamente a destra, chiedendo una linea più dura per contenere l’immigrazione irregolare. Le richieste di asilo nell’Ue, in Norvegia e in Svizzera sono diminuite dell’undici per cento nel 2024, ma sono rimaste al di sopra del milione.

Lukas Mandl, eurodeputato conservatore austriaco, ha elogiato la proposta della Commissione definendola “davvero notevole” e “molto buona”, compreso l’elemento dell’esternalizzazione, e ha previsto che sarà accolta da una “vasta maggioranza” in Parlamento. “Sono fiducioso che avremo un regolamento adeguato e valido”, ha dichiarato Mandl a Euronews.

Al contrario, l’eurodeputata eletta col Partito democratico (S&D) Cecilia Strada, ha criticato il modo in cui la Commissione ha modificato le definizioni legali per consentire il trasferimento dei migranti in Paesi con i quali “non hanno alcun tipo di legame e dove possono, potenzialmente, rimanere per sempre”.

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“Non è questa la strada che ci sentiamo di percorrere”, ha detto Strada.



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