Effettua la tua ricerca
More results...
Cinquanta euro per ottenere il certificato di morte, settanta per la cremazione del caro estinto. Soldi estorti sulla pelle delle persone comuni alle prese con il dramma della scomparsa di un parente. Soldi che poi venivano girati ad alcuni medici legali, che avrebbero firmato certificati di avvenuto decesso senza neppure una ricognizione dei deceduti. Eccola l’ultima frontiera della truffa al sistema sanitario nazionale. Ci sono 67 soggetti finiti agli arresti (tra cella e domiciliari), decine di soggetti indagati (per i quali scatta il divieto di dimora). Oltre ai medici legali, sotto i riflettori ci sono soggetti legati ad alcune note agenzie funebri, alcuni dipendenti comunali (cui spettava l’onere di rilasciare i certificati finali per il transfert del cadavere in vista della cremazione), oltre agli immancabili faccendieri.
Torna agli arresti domiciliari Salvatore Alajo, ex consigliere del municipio di Chiaia, in passato regista della truffa dei falsi invalidi. A leggere la misura cautelare firmata dal gip Luigi Provvisier, spuntano decine di casi di assenteismo. Medici furbetti del cartellino, che si scambiavano i badge per uscire dagli uffici dove formalmente erano in servizio. Poi ci sono anche ipotesi di truffe legate ai contrassegni di invalidità. Solito schema: c’è chi attestava disabilità inesistenti, senza passare per il vaglio di commissioni mediche ad hoc. Inchiesta condotta dal pool reati contro la pubblica amministrazione dell’aggiunto Sergio Amato, spiega il capo della Procura di Napoli Nicola Gratteri: «Il kit del Dna, quello che serve a identificare il cadavere, era nelle mani di impiegati di agenzie funebri. Doveva essere nella esclusiva disponibilità dei medici, che invece si limitavano ad attestare la presenza di deceduti mai visti». E sono diversi i kit del Dna che sono spuntati nel corso delle perquisizioni della scorsa notte.
Certificati di morte illeciti: cosa prescrive la legge a medico di famiglia e Asl
Tutto nasce da una denuncia del manager Ciro Verdoliva, direttore della Asl Napoli, che – bene ricordarlo – in questa storia va ritenuta parte offesa. Inchiesta sul medico legale Margherita Tartaglia, dirigente del distretto 24, in via Chiatamone 33. È qui che sarebbero stati fabbricati centinaia di finti attestati di morte. Falsi seriali. Funzionava così, secondo il gip Provvisier: soldi al medico legale per autenticare pratiche definite da esponenti delle pompe funebri. Ma chi è Tartaglia? È un medico legale finita in cella, assieme ai colleghi medici Federico Amirante e Luigi Rinaldi. Ovviamente, Tartaglia va ritenuta estranea ai fatti fino a prova contraria, assieme a tutti gli altri soggetti indagati. In sintesi, Margherita Tartaglia deve difendersi dall’accusa di truffa per quanto riguarda le presunte tangenti per i certificati di morte; ma anche per assenteismo. In un giorno – una domenica del 2023 -, firmò quattro certificati nel giro di poche ore, al riparo da dipendenti e occhi indiscreti. Non sapeva di essere al centro di cimici e telecamere della Procura di Napoli.
Una organizzazione retta dai tre medici arrestati, ma che si sarebbe avvalsa della collaborazione di più ruoli e funzioni. Avrebbero incassato poche migliaia di euro, in un flusso di soldi cash finito agli atti. Non solo video. Dalle intercettazioni, si ascolta uno dei professionisti parlare di «tre o quattro morti», alludendo al tariffario del finto certificato: «In tutto sono dalle 210 alle 280 euro», si sente. Precisione svizzera. Finisce ai domiciliari il medico Bruno Genovese, la cui posizione è stata ritenuta meno grave rispetto a quella dei tre presunti organizzatori della truffa. Non è tutto. Sotto i riflettori anche alcuni dipendenti comunali. Si tratta di Leonardo De Napoli, di Antonio Evangelista e Renato Forte, che finiscono agli arresti domiciliari. Fanno parte di un ufficio chiave a Palazzo San Giacomo, in quanto dipendenti dell’ufficio cimiteriale del Comune di Napoli. Dovranno difendersi dall’accusa di aver garantito il via libera a centinaia di pratiche oggi ritenute false. Un metodo rapido, in una competizione tra agenzie di pompe funebri mosse dall’unico obiettivo di trattare quanti più decessi possibile. È in questo scenario, che spicca una sorta di possibile doppio falso che sarebbe stato consumato dal medico Rinaldi: sia per accaparrarsi il morto (intervenendo sull’ufficio anagrafico), sia per ratificare verifiche e attestati ritenuti posticci.
Il precedente
Ma torniamo ad Alajo. Quindici anni fa, l’ex consigliere della Municipalità, venne arrestato per la storia dei finti invalidi. Pensate: a Chiaia spuntarono qualcosa come 800 decreti di invalidità per squilibri psicologici. E sempre a Chiaia, più nello specifico tra i vicoli di Pallonetto di Santa Lucia, spuntarono intere colonie di finti ciechi. Finte invalidità, pare che Alajo ci sia ricascato. Oggi è ai domiciliari, dovrà difendersi dall’accusa di aver procacciato “clienti” per il medico Rinaldi nel nuovo filone dei finti invalidi.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link